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Rischi ambientali: due anni tragici, Sicilia prima nelle infrazioni

Centinaia di provvedimenti per cattiva gestione dei rifiuti, abusi edilizi, violazione del paesaggio negli ultimi due anni – Sicilia, Campania, Puglia e Toscana tra le Regioni più critiche

Rischi ambientali: due anni tragici, Sicilia prima nelle infrazioni

Istruttorie e multe a non finire. Danni ambientali che valgono miliardi di spesa pubblica. Tutto quanto fa male al Paese è stato certificato dall’Ispra, l’Istituto per la Protezione Ambientale, per conto del ministero dell’Ambiente. ll 2017 e il 2018 sono stati due anni tragici. La Sicilia ha conquistato il primato di infrazioni – ben 38 – seguita da Campania, Puglia e Toscana. In tutto, 217 provvedimenti con grande dispendio di risorse e tanta amarezza. Il programma Italia Sicura di Renzi faceva affidamento su un miliardo di euro della Banca Europea degli Investimenti. Poi qualcosa non è andato per il verso giusto e i fondi sono tuttora scarsi.

Per danno ambientale, spiega il diritto, si intende qualsiasi deterioramento, significativo e misurabile, provocato a specie e habitat protetti, a fiumi, laghi o al suolo. La verità è che non siamo per niente virtuosi. L’Ispra dice che le infrazioni sono in costante aumento. Di cosa parliamo? Dell’incidente della Costa Concordia, delle disgraziate discariche rifiuti della Campania o di Bellolampo alle porte di  Palermo, per dire dei più eclatanti.

Quando se ne discute, come nel convegno ”Il danno ambientale: prevenzione e riparazione in un Sistema a rete”, ci si rende conto che paghiamo tutti i costi di una sottovalutazione sistematica ed annosa. La maggior parte delle istruttorie per danno ambientale sono legate a illeciti compiuti nella gestione dei rifiuti (41%). Il 19% riguarda violazioni edilizie e contro il paesaggio. L’8% è legato agli ecoreati, rispetto ai quali una legge del 2015 prevede sanzioni anche penali. Poi c’è la casistica di emissioni inquinanti in atmosfera, scarichi industriali nocivi, processi di produzione fuori legge, fattori climalteranti non controllati.

I 217 casi censiti negli ultimi due anni appartengono a due grandi categorie: 184 in procedimenti giudiziari per reati ambientali che finiscono davanti ai tribunali e 33 extra-giudiziali che partono quando enti pubblici, cittadini, associazioni richiedono l’intervento del Ministero. Il primo passo sono le denunce alle Prefetture. Ma la macchina amministrativa deve fare di più e in fretta. La lentezza oltre ad avere una efficacia assai limitata, pesa come un macigno sulle casse dello Stato, che potrebbero incassare soldi in virtù delle multe.

La legge sul consumo di suolo, per esempio, è una buona base per fare giustizia di abusi, stimolare economie locali trasparenti e far incassare alle Amministrazioni soldi delle infrazioni. I condoni, tanto per dire, sono da tutt’altra parte. Il governo Conte ha la buon occasione di affidarsi al Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA). Quello che un anno fa ha creato la “Rete operativa per il danno ambientale” per un salto di qualità. I partner forti sono proprio l’Ispra e le Agenzie regionali di protezione ambientale. Stanno valutando le azioni per prevenire disastri e lutti, ma si devono ancora mettere a punto i criteri per procedure amministrative più rapide e modalità di copertura assicurativa dei danni. I territori, però, non aspettano la burocrazia.

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