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Riforma del copyright online: ultima chiamata per l’Europa

Il Parlamento europeo si appresta a votare la riforma della direttiva sul copyright che imporrebbe ai giganti del web di pagare a editori e giornalisti un giusto compenso per l’utilizzo dei loro contenuti – Ma dopo le campagne di lobbying e di fake news realizzate dalle aziende colpite dal provvedimento, l’esito del voto è incerto – In Italia Pd favorevole, Lega e M5S contrari. Fieg in campo per garantire un giusto compenso per la distribuzione dei contenuti in Internet

Riforma del copyright online: ultima chiamata per l’Europa

Nuove regole per il copyright: ora o mai più. Mercoledì 12 settembre il Parlamento europeo vota la riforma del diritto d’autore e tutti sanno che è l’ultima chiamata. In caso di voto contrario, difficilmente il testo sarà riproposto nella prossima legislatura, dal momento che, con ogni probabilità, dopo le europee di maggio 2019 la maggioranza dell’aula di Strasburgo sarà contraria al provvedimento.

I CONTENUTI DELLA RIFORMA

Gli articoli più importanti della riforma della direttiva sono l’11 e il 13. Il primo prevede che i colossi di Internet – da Google a Facebook, da Microsoft ad Apple – versino agli editori e ai giornalisti un giusto compenso per l’utilizzo dei loro contenuti. Il secondo introduce l’obbligo di licenza – e quindi il pagamento dei diritti d’autore – per le aziende che diffondono via web audio e video. Le aziende come Youtube, per esempio, avranno la responsabilità di bloccare il caricamento di contenuti protetti. Oggi i colossi del Web possono appropriarsi dei contenuti senza pagare diritti d’autore, li utilizzano per sostenere i loro profitti ma, come è stato più volte sottolineato, non pagano tasse (se non in modo del tutto marginale) nei Paesi in cui operano.

LE FAKE NEWS E IL LOBBYING DEI GIGANTI DEL WEB

Attenzione: la direttiva non impone alcun costo a carico degli utenti, non ne limita in alcun modo l’attività e non ostacola lo sviluppo di siti del web 2.0 come Wikipedia. È importante sottolinearlo, visto che le aziende danneggiate dalla riforma hanno diffuso una serie di fake news per portare dalla propria parte l’opinione pubblica: ad esempio la fantasiosa “link tax” a carico degli utenti.

Non solo. I giganti della rete hanno messo in campo anche una campagna di lobbying senza precedenti, intasando con ben 4,5 milioni di email i computer di funzionari e parlamentari europei, con l’obiettivo di influenzare il voto.

IL FALLIMENTO DI LUGLIO

Quello di mercoledì è già il secondo tentativo dell’Europarlamento, dopo che a luglio l’aula aveva rifiutato dare al relatore Axel Voss (Cdu- Ppe) l’incarico di negoziare con Consiglio e Commissione il testo finale della riforma. Ora i deputati devono votare gli emendamenti al testo originario (ben 255) e poi esprimersi nuovamente sul mandato a Voss.

FAVOREVOLI E CONTRARI. FIEG IN CAMPO

Tutto il Ppe, a parte la componente polacca, è favorevole alla riforma. Socialisti e democratici del Pse, invece, sono divisi: favorevoli il Pd italiano e i Partiti socialisti di Francia, Portogallo e Grecia; contrari la Spd tedesca, i socialdemocratici austriaci e tutti i partiti dell’Est. Voteranno No anche tutti i sovranisti: M5S, Lega, Ukip, lepenisti francesi, il Pis del polacco Jaroslaw Kaczynski e i Democratici svedesi.

In Italia la Fieg, la Federazione degli editori dei giornali, ha pubblicato a pagamento sui principali quotidiani un appello ai parlamentari italiani al parlamento europeo perché sostengano una riforma fondamentale per sostenere l’informazione di qualità. “Domani a Strasburgo vi chiediamo di votare Sì – afferma l’appello – “per garantire un giusto compenso a giornalisti ed editori per la distribuzione dei loro contenuti in Internet, per una stampa libera e indipendente e per notizie affidabili, perché l’uso della rete resterà libero, per garantire i valori democratici europei, per tutelare il lavoro dei giornalisti e delle aziende, perché ve lo chiede l’89% dei vostri lettori”.

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