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Referendum, il SI’ della Fim-Cisl: “Un sindacato contrario alle riforme è contro natura”

“Sbloccare il Paese, rilanciare economia e lavoro” è il titolo del manifesto-appello lanciato dalla Fim-Cisl in vista del referendum sulla riforma costituzionale, nel quale il sindacato dei metalmeccanici guidato da Marco Bentivogli si schiera per il SI’, a differenza della CGIL, e ne spiega le ragioni nel merito

Referendum, il SI’ della Fim-Cisl: “Un sindacato contrario alle riforme è contro natura”

“La FIM, la CISL, è da sempre un sindacato riformatore, che promuove – attraverso informazione e conoscenza – una cittadinanza attiva e consapevole, contrastando disinformazione, populismi e tifoserie ideologiche. Il nostro Paese ha bisogno di sbloccarsi, per liberare il lavoro e aumentare gli investimenti in ricerca, sviluppo, formazione, politiche attive, innovazione e infrastrutture. Discutere sul merito della Riforma è l’occasione per rifondare tra i lavoratori una più forte cultura costituzionale. Questo è uno dei principali obiettivi di un Sindacato educatore”. Inizia così il pronunciamento per il SI’ al referendum sulla riforma costituzionale dei metalmeccanici della Cisl, guidati dal segretario Marco Bentivogli, che spiegano nel merito le ragioni della loro scelta.

Superare i conflitti Stato-Regioni che stanno paralizzando l’Italia

Con la Riforma verranno superati gli innumerevoli contenziosi presentati alla Corte Costituzionale, scaturiti dal conflitto di competenze che si era prodotto tra Stato e Regioni con la Riforma del Titolo V (elaborata dal Governo D’Alema) che dal 2001 aveva visto il moltiplicarsi di otto volte dei contenziosi che hanno bloccato opere urgenti e importanti, e paralizzato il Paese.

Noi riteniamo che, proprio quando il nostro Paese avrebbe avuto bisogno di politiche, diritti e norme comuni di respiro europeo, si è andati invece in direzione opposta, aumentando le disparità e paralizzando lo Stato.

Il Parlamento ha approvato la riforma il 12 aprile scorso dopo un lungo processo durato due anni e quattro giorni, sei letture e 173 sedute del Parlamento e 5.000 emendamenti vagliati. È stata votata dalla maggioranza di Governo, e in buona parte da Lega e da FI (ad eccezione dei 5Stelle), che hanno poi ritirato l’appoggio politico. Il No e il SI hanno pari dignità ma cambiano le conseguenze.

Dal 2006 al 2016 sono nati 5 governi (delle riforme) in dieci anni, contro i tre della Germania e della Gran Bretagna. Alle spalle rimangono i tentativi di riforma costituzionale iniziati negli anni Ottanta, dopo la crisi del compromesso storico e il fallimento di tre Commissioni Bicamerali (commissioni Bozzi e De Mita Jotti, comitato Speroni, commissione D’Alema; riforma del centro destra bocciata dal referendum del 2006; la cosiddetta bozza Violante; il Comitato istituito dal Presidente Napolitano; la Commissione istituita dal Presidente del Consiglio Enrico Letta; la riforma attuale Renzi-Boschi). Si vota sulla Costituzione, non sul Governo e questa non è la prima riforma: dal 1948 al 2012 le leggi di revisione costituzionale sono state quindici. A partire dal 1963, quella della Costituzione è una storia di manutenzione, completamento e di rafforzamento, sono stati ritoccati 41 articoli. È questo un dato che quasi nessuno ricorda.

COSA CAMBIA CON LA RIFORMA COSTITUZIONALE?

Politiche attive del lavoro
Per la Cisl e per la FIM il Lavoro è al primo posto. Deve essere sempre al centro dell’azione del Governo, per superare ostacoli e barriere e aumentare l’occupazione con misure concrete e omogenee nel Paese e con servizi di promozione della persona e di incrocio domanda/offerta più snelli ed efficaci. Da materia “concorrente” Stato-Regioni, che ha amplificato dualismi e disparità, la tutela e sicurezza del lavoro diventa di esclusiva competenza dello Stato e vengono aggiunte (grandi assenti finora dalla Costituzione) “le politiche attive del lavoro” per facilitare l’incontro tra domanda e offerta. Come in tutti gli altri Paesi Europei, è stata istituita una Agenzia Nazionale (ANPAL), che– con la Riforma – deve rapidamente unificare, omogeneizzare ed efficientare la rete dei Centri Impiego oggi gestiti ancora dalle Regioni (prima dalla Province) con il duplice obiettivo di erogare sussidi e spingere i beneficiari a cercare lavoro, assistendoli e accompagnandoli nella ricerca. Da tale ristrutturazione delle politiche del lavoro si devono recuperare inoltre risparmi da investire per gli ammortizzatori sociali.

Infrastrutture e grandi reti di trasporto
Per rilanciare il lavoro nel nostro Paese servono infrastrutture più moderne e grandi reti efficienti di trasporto. Finora la competenza attribuita sia allo stato sia alle Regioni ha prodotto un sovraccarico di atti (spesso dettati da pressioni localistiche) e innumerevoli contenzioni che hanno bloccato molte opere pubbliche.

Ci sono parti del Paese, soprattutto al Sud, in cui le infrastrutture sono ancora troppo arretrate e questo problema blocca molti investitori. La Riforma attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la legislazione in materia di “infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza, porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale” e la possibilità di rendere più rapide, efficienti le disposizioni sulla pianificazione e realizzazione di infrastrutture. Alle Regioni rimane la pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno e della dotazione infrastrutturale e della “promozione” di beni paesaggistici. La Riforma dovrà aumentare anche la semplificazione e la trasparenza dell’azione amministrativa, secondo criteri di efficienza e responsabilità degli amministratori, favorendo soluzioni per superare il dissenso di amministrazioni regionali sul tracciato di opere interregionali o sulla localizzazione di infrastrutture di rilievo nazionale.

Processi e piattaforme informatiche
I Big Data sono già una realtà con potenzialità straordinarie che dobbiamo saper utilizzare. Si pensi anche solo allo straordinario strumento che potrebbero essere, mettendo banalmente in rete le banche dati che oggi non dialogano ancora, per la lotta all’evasione fiscale che sta mangiando punti su punti di PIL.

Con la Riforma verrà assegnata la competenza esclusiva dello Stato nel coordinamento “dei processi e delle relative infrastrutture e piattaforme informatiche dell’amministrazione statale, regionale e locale”. L’assenza di tale funzione ha causato notevoli disfunzioni, favorendo una crescente frammentazione dei sistemi informativi del nostro Paese (ad esempio: la gestione del bollo auto, il fascicolo sanitario elettronico, il sistema informativo del lavoro e dei servizi per l’impiego, la formazione professionale ecc.) con problemi enormi di coordinamento, interoperabilità, costi, efficienza dei servizi offerti. Ciò avrà importanti ripercussioni anche per la sicurezza, nonché la possibilità di fare un database che pubblichi in Open Data i dati degli appalti o della spesa pubblica, oppure degli orari del trasporto pubblico. Attualmente, lo Stato può solo coordinare i dati, ma non i meccanismi di comunicazione e scambio di dati. I dati resteranno in capo alle amministrazioni che li producono, cambia solo una regola del gioco per cui sarà possibile il coordinamento informatico, a beneficio di tutti.

Coordinamento della finanza pubblica
Bisogna superare il caos normativo tra Stato e Regioni che, in alcuni casi, rende la finanza pubblica una vera jungla in cui i cittadini e le imprese fanno fatica a districarsi e gli evasori hanno gioco facile. Bisogna ridurre sprechi e duplicazioni. La riforma dell’art. 117 attribuisce il “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” alla competenza esclusiva dello Stato, mentre oggi vige la competenza concorrente di Stato e Regioni. Inoltre, il nuovo articolo 119 stabilisce che l’autonomia finanziaria e tributaria delle Regioni si esplica attraverso leggi dello Stato. La riforma inoltre deve gettare le basi per superare gli sprechiche si annidano soprattutto negli acquisti (lo stesso oggetto costa anche dieci volte in più da una regione all’altra), in quanto eleva a precetto costituzionale il principio dei costi e fabbisogni standard. Si deve ridurre l’incertezza per cittadini e imprese circa i tempi e le modalità di attuazione delle norme; si favoriscono gli investimenti che sono oggi scoraggiati dall’esistenza di norme che si sovrappongono fra livelli di governo e sono ingiustificatamente diverse fra territori. Il nostro Paese deve diventare più competitivo e capace di attrarre investimenti, sviluppo e creare posti di lavoro.

Commercio estero
Per essere più competitivo il nostro Paese deve saper puntare sui suoi punti di forza, a partire dal Made in Italy e deve liberare il commercio dai lacci normativi che finora lo hanno limitato.

Molte delle vertenze che stiamo seguendo come FIM hanno sempre più un respiro internazionale e serve una riforma che migliori il posizionamento delle nostre imprese nei processi di internazionalizzazione e nella competizione globale.

La riforma deve riportare il commercio estero nell’alveo delle competenze dello Stato superando la frammentazione esistente e rafforzando le iniziative di promozione dei prodotti italiani. Deve passare il principio che la promozione del Made in Italy è dello Stato, e ciò offre la possibilità di sfruttare meglio i vantaggi delle intese commerciali a livello internazionale. Le Regioni potranno svolgere il proprio ruolo in questa materia, ma all’interno di iniziative statali condivise e, pertanto, più forti.

Politiche sociali
Pensare ai metalmeccanici e ai lavoratori in generale, significa pensare anche alle loro famiglie.

Il nostro Paese ha bisogno di politiche sociali più omogenee e strutturate. La Riforma attribuirà allo Stato la competenza legislativa esclusiva su politiche sociali (che oggi invece rientravano nelle “competenze residuali” attribuite alla esclusiva competenza regionale). Su tali temi (asili nido, misure abitative per le famiglie, bonus bebè, fondi politiche per le famiglie, fondi per disabili e per anziani) devono essere definiti piani nazionali maggiormente dettagliati e accurati intervenendo su enti locali inadempienti (senza ledere l’autonomia delle Regioni, a cui resterà la programmazione e l’organizzazione dei servizi sanitari e sociali).

Energia
La politica energetica deve essere nazionale e, a nostro avviso, europea. Finora il potere di veto di Regioni e Enti locali ha prodotto danni misurabili pari a decine di miliardi di euro, bloccato progetti fondamentali per la sicurezza energetica del Paese e per l’abbassamento dei costi dell’energia e si è verificato un colpevole ritardo nella costruzione di nuovi poli di produzione energetica e di importanti reti di trasporto dell’energia. E proprio per questo in Italia tuttora non esiste un vero Piano Energetico nazionale. Con la Riforma l’energia deve diventare di competenza esclusiva dello Stato in produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia. Occorre ribadire il chiaro interesse e l’investimento nazionale sull’energia e garantire la continuità e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico.

Cultura e turismo
Il nostro Paese per meraviglie artistiche, per cultura e per attrazioni turistiche non è secondo a nessuno. Purtroppo però in troppe occasioni non si è riusciti a valorizzarle nel modo migliore.

Bisogna puntare sulla cultura, una ricchezza a 360 gradi. La riforma migliora e razionalizza l’assetto delle competenze in materia di cultura e turismo: restituisce allo Stato compiti di programmazione strategica e di disciplina uniforme di questi settori su tutto il territorio nazionale, lascia comunque intatte le prerogative regionali. Viene eliminata la competenza concorrente di Stato e Regioni in materia di valorizzazione dei beni culturali attribuendola allo Stato; viene aggiunta tra le competenze statali la tutela e valorizzazione dei “beni paesaggistici”; viene riattribuita allo Stato la competenza legislativa in materia di turismo, che è attualmente esclusiva delle Regioni.


Allegati: Infografica Riforma Costituzionale Fim Cisl

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