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Profit warning per Fondiaria Sai: in fumo 250 milioni. L’effetto Ligresti sul consiglio Igli

Dopo la perdita di valore del portafoglio titoli, il gruppo ha annunciato che non raggiungerà l’obiettivo di budget nel 2011. Si attendono ora le mosse dei Ligresti, alla vigilia della riunione dei soci di Igli – Al tavolo ci sarà anche il gruppo Salini, nuovo azionista di Impregilo – A favore dell’ipotesi dell’uscita dei Ligresti, i problemi di Premafin

Profit warning per Fondiaria Sai: in fumo 250 milioni. L’effetto Ligresti sul consiglio Igli

Allarme profit warning per il gruppo Fondiaria-Sai: dopo la perdita di valore, per 250 milioni circa, del portafoglio titoli di Fonsai e Milano assicurazioni il gruppo è stato costretto ad annunciare, su richiesta della Consob che Fondiaria-Sai (che ieri ha guadagnato in Borsa il 3,59%) non raggiungerà l’obiettivo previsto nel budget 2011 di un utile netto sopra i 50 milioni di euro al pari della controllata Milano Assicurazioni (utile netto di circa 50 milioni). Non è prevista la redazione di un nuovo budget. A fine settembre il margine di solvibilità è stimato a circa il 115% e il gruppo prosegue i suoi sforzi finalizzati al raggiungimento dell’obiettivo del 120% a fine esercizio.

Per Milano Assicurazioni questa voce è stimabile in 160 milioni, di cui 25 milioni imputabili alle azioni Fonsai in portafoglio. Le conseguenze? Questi numeri cadono alla vigilia della riunione dei soci di Igli, la società controllata dalle famiglie Ligresti, Gavio e Benetton che oggi affronterà il nodo del debito da 223 milioni nei confronti di Mediobanca ed Unicredit in scadenza a fine ottobre. Tra le ipotesi più accreditate si parla di un rinnovo fino a luglio (data di scadenza del patto) per 150 milioni mentre i restanti 73 arriverebbero da un prestito soci.

Ma al tavolo ci sarà un convitato di pietra: il gruppo Salini, nuovo azionista di Impregilo. Gilberto Benetton ha già anticipato che non intende cambiare la composizione di Igli. Ma che farà Ligresti? In caso di un’offerta congrua potrebbe uscire a vantaggio di Salini che potrebbe aggiungere al suo 8,3% il 9,9% circa in mano al costruttore di Paternò. Con il pieno consenso di Unicredit, per giunta. Una mossa che potrebbe concretizzarsi in primavera, quando si potrà dar la disdetta al patto. O anche prima, se passerà la linea, che non dispace a casa Gavio, di uno spezzatino di Igli, che ridia ai soci azioni e debiti pro quota.

A favore di un disimpegno della famiglia gioca la condizione più che allarmante della scatola di famiglia quotata, Premafin, ormai sotto assedio: debiti tre volte la capitalizzazione; i titoli in garanzia che coprono solo i due terzi delle linee di credito concesse dalle banche. Per venir fuori dall’emergenza sarebbe necessario un aumento di capitale (almeno 100 milioni) per la holding, sulla falsariga dello schema che fu concepito ai tempi dell’accordo con Groupama. Ma dopo l’ingresso di Unicredit e la ricapitalizzazione a cascata delle controllate, il quadro è cambiato. E la famiglia, da sola, non intende affrontare questo sforzo. Inevitabile, perciò, che torni d’attualità la cessione la cessione di gioielli di famiglia. Anche se, a qeusti valori, vendere l’intera quota in Fondiaria Sai non basterebbe a coprire l’esposizione di Premafin.

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