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Prezzi Petrolio: Arabia Saudita da colomba a falco

Il Regno ha tutto l’interesse a mantenere una politica di prezzo rialzista per sostenere la quotazione di Saudi Aramco e finanziare le riforme economiche. Secondo alcune fonti il nuovo obiettivo andrebbe oltre gli 80-100 dollari. Il 20 aprile primi colloqui Opec

Prezzi Petrolio: Arabia Saudita da colomba a falco

Un politica di prezzi aggressiva per il petrolio, tanto da far salire l’oro nero oltre i 100 dollari. A volerla sarebbe l’ex Stato-colomba dell’Opec: l’Arabia Saudita ora diventata un falco quanto alle politiche di prezzo per il prossimo imminente futuro. A lanciare il nuovo scenario è un’esclusiva di Reuters.com che cita tre fonti industriali all’interno del cartello petrolifero secondo le quali la nuova politica di Riyad sarebbe favorevole ad una risalita dei prezzi a 80 e anche oltre i 100 dollari, un segno che lo stato arabo – il maggiore al mondo in termini di riserve di idrocarburi – non sembra intenzionato a fare marcia indietro sulla linea dei tagli alla produzione nonostante gli obiettivi definiti dai precedenti accordi Opec siano ormai stati raggiunti.

Per quale ragione l’Arabia Saudita avrebbe imboccato questo nuovo percorso mentre l’Iran, al contrario, da falco sarebbe ora via via trasformatosi in colomba e punti a ridimensionare i corsi del petrolio? Secondo le fonti interpellate da Reuters una delle ragioni sta nell’esigenza dei sauditi di sostenere i prezzi in vista dell’Ipo di Saudi Aramco, la National oil company per la quale il Regno punta collocare in borsa una quota di minoranza. Ma non ci sarebbe soltanto il completamento della quotazione di Saudi Aramco a spingere i sauditi. Anche dopo, Riyad avrebbe interesse a mantenere i prezzi alti per finanziare i costi delle riforme economiche – in particolare il piano Vision 2030 – fortemente volute dal principe ereditario Mohammed bin Salman. A questo occorrerebbe poi aggiungere i costi della guerra nello Yemen.

Il petrolio viaggia attualmente intorno ai 70 dollari al barile, più o meno, a seconda dei giorni. Ma questa cifra starebbe dunque per trasformarsi in una soglia minima per i futuri prezzi dell’oro nero.

I Paesi produttori raccolti dall’Opec dovranno incontrarsi il 22 giugno per fare il punto, ed eventualmente rivedere, le politiche di prezzo definite nell’ultimo accordo del cartello e che scadranno nel dicembre 2018. Un meeting fra i vari ministri petroliferi è già in agenda fra pochi giorni, il 20 aprile a Jeddah, in Arabia Saudita.

Secondo i parametri Opec, lo stock accumulato dai Paesi occidentali era sceso in febbraio a 43 milioni di barili al di sopra della media degli ultimi 5 anni, contro i 340 del mese di gennaio. Questi numeri sottintendono tagli per 1,8 milioni di barili/giorno ovvero circa 600 mila barili giorno più dell’impegno concordato. “Ma anche se dovessimo raggiungere l’obiettivo di prezzo, ovvero il prezzo medio degli ultimi 5 anni – osserva una fonte saudita – ciò non vuol dire che apriremmo i rubinetti in automatico. Occorre fare dei test prima di procedere”.

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