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Poste Italiane: partito l’iter per la vendita della seconda quota in Borsa, anche per il retail. Forse già prima dell’estate

Con il parere favorevole delle commissioni competenti di Camera e Senato e con i colloqui con la Consob dei prossimi giorni, la nuova offerta si fa concreta. Possibile la divisione in 2 tranche

Poste Italiane: partito l’iter per la vendita della seconda quota in Borsa, anche per il retail. Forse già prima dell’estate

La marcia verso il collocamento in Borsa di una seconda tranche del capitale di Poste Italiane è di fatto iniziata con alcuni primi passi importanti. Innanzitutto questa settimana le commissioni competenti di Camera e Senato hanno dato il loro parere favorevole, completando l’iter approvativo del Dpcm che dispone il nuovo processo di privatizzazione. Nei prossimi giorni ci sarà poi un incontro tra la società e la Consob, per definire i perimetri del prospetto informativo dell’offerta pubblica di vendita così da poter ottenere il via libera da parte di tutte le Autorità. Secondo alcuni osservatori l’idea è di riuscire ad arrivare a Palazzo Mezzanotte già prima dell’estate, in un lasso di tempo compreso tra maggio e luglio, ricostruisce il Sole24Ore.

Il titolo stamane in Borsa quota 11,52 euro con un calo dell’1,24%, in liena con il FtseMib che quota in calo dell’1,53%. Ieri Poste Italiane, dopo il parere positivo delle commissioni, aveva reagito con un rialzo.

Il collocamento sarà rivolto anche al retail, oltre che agli istituzionali

Del resto Poste Italiane è già quotata in borsa dal 2015 e, per quanto occorreranno documentazioni aggiornate con le nuove regole dei mercati finanziari, l’iter per la nuova offerta non dovrebbe creare ostacoli. In occasione dell’Ipo di quasi 10 anni fa, Lazard era advisor del Mef e Rothschild della società.
Bisognerà anche organizzare un road show. Certamente saranno coinvolti gli investitori istituzionali italiani e stranieri, ma all’interno del parere delle commissione c’è uno specifico riferimento al collocamento delle zioni anche al “retail e ai dipendenti“.

Quale quota portare a Piazza Affari?

Le ipotesi degli osservatori sono per una volontà del governo di cedere l’intera partecipazione del 29,26% detenuta dal Mef, come consentito dal Dpcm, e che attualmente vale circa 4,5 miliardi di euro. Ma il percorso potrebbe essere fatto in due tappe. Lo si intuisce di nuovo dal parere della commissione che ha sollecitato il governo ad “attuare la procedura in modo tale da consentire la più proficua valorizzazione delle quote cedute e che, in tale prospettiva, la successiva quotazione in Borsa sia preceduta da una verifica del valore di mercato delle quote cedute, auspicandone un successivo apprezzamento”. Tradotto: “una quota la collochiamo subito, vediamo come va e poi un’altra quota dopo, magari dopo l’estate”.

Secondo gli analisti di Intermonte una prima tranche potrebbe essere pari a circa il 14% del capitale (circa 2 miliardi di euro) che permetterebbe a Mef e Cdp di detenere insieme una partecipazione nel gruppo pari al 51% del capitale. Poi in una seconda fase il Mef potrebbe cedere la quota restante, mantenendo il controllo pubblico sulla società tramite il 35% che resterebbe nelle mani di Cdp.
La soglia psicologica del 50% in ogni caso è tenuta sotto osservazione dal governo. La commissione ha chiesto, in caso di discesa sotto quella soglia, di “prevedere specifici strumenti a presidio degli interessi pubblici sottesi, anche alla luce della normativa vigente in materia di patti parasociali”.

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