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Popolare di Bari, Corte Ue: su Tercas “non fu aiuto di Stato”

La Corte Ue accoglie il ricorso presentato dall’Italia e dalla Popolare di Bari – I fondi concessi dal Fondo Interbancario (Fitd) all’istituto pugliese nel 2014 non rappresentano un aiuto di Stato – Abi: “ora rimborsi per risparmiatori e banche” – De Lucia Lumeno: “Auspicabile un risarcimento e un ripensamento delle regole” – Jacobini (Pop Bari) : “Questa pronincia ci ripaga di anni di amarezze”

Popolare di Bari, Corte Ue: su Tercas “non fu aiuto di Stato”

Le risorse concesse nel 2014 dal Fondo Interbancario alla Banca Popolare di Bari per il salvataggio di Tercas non rappresentano un aiuto di Stato. Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue accogliendo il ricorso presentato dallo stesso istituto (sostenuto da Bankitalia) e dall’Italia contro la bocciatura stabilita dalla Commissione Ue secondo cui “l’uso della garanzia sui depositi è aiuto di Stato”. Secondo i giudici di Lussemburgo, Bruxelles “non ha dimostrato che i fondi concessi a Tercas a titolo di sostegno del Fitd (dove sedeva nel consiglio un rappresentante di Bankitalia ndr) fossero controllati dalle autorità pubbliche italiane”. Il Fitd, scrivono i giudici, ha agito in modo autonomo al momento dell’adozione dell’intervento a favore di Tercas e la Commissione non ha dimostrato “il coinvolgimento delle autorità pubbliche italiane nell’adozione della misura in questione”.

La vicenda risale al 2013, quando la Popolare di Bari decide di sottoscrivere l’aumento di capitale di Banca Tercas – sottoposta l’anno precedente al regime dell’amministrazione straordinaria a seguito di alcune irregolarità constatate dalla Banca d’Italia – a condizione che l’operazione goda della copertura del Fitd, il Fondo interbancario di tutela dei depositi che può intervenire in soccorso dei suoi membri, sia a titolo di garanzia legale dei depositi prevista in caso di liquidazione coatta amministrativa (intervento obbligatorio), sia su base volontaria, nel caso in cui l’intervento consenta di ridurre gli oneri di sistema che possono risultare dalla garanzia dei depositi gravante sui suoi membri.

Nel 2014 il fondo interbancario decide di accogliere la richiesta della Popolare di Bari e di coprire il deficit patrimoniale di Tercas, concedendogli delle garanzie. L’operazione riceve anche il via libera di Bankitalia.

La Commissione Ue decide però di indagare sulle misure stabilite per capire se siano davvero state rispettate le norme comunitarie in materia di aiuti di stato. Un anno dopo, il 23 dicembre 2015, Bruxelles decide che l’operazione costituisce un aiuto di Stato cui l’Italia aveva dato esecuzione a favore di Tercas. A quel punto, la popolare di Bari e il Governo italiano presentano il ricorso oggetto dell’odierna sentenza.

La Corte di giustizia Ue ha dunque annullato la decisione della Commissione. Secondo i giudici, il Fitd è un ente privato e dunque “spettava alla Commissione disporre d’indizi sufficienti per affermare che tale intervento è stato adottato sotto l’influenza o il controllo effettivo delle autorità pubbliche e che, di conseguenza, esso era, in realtà, imputabile allo Stato”.

Nel caso di specie – continua la Corte Ue – la Commissione non disponeva d’indizi sufficienti per una siffatta affermazione. Al contrario, esistono nel fascicolo numerosi elementi che indicano che il FITD (il fondo di tutela depositi alimentato dalle stesse banche private ndr) ha agito in modo autonomo al momento dell’adozione dell’intervento a favore di Tercas”.

Il Tribunale osserva, poi, che la Commissione non ha dimostrato il coinvolgimento delle autorità pubbliche italiane nell’adozione della misura in questione.

Immediata la reazione dell’Abi, l’associazione bancaria italiana, che esprime “grande soddisfazione” per la decisione del tribunale comunitario. Il presidente Antonio Patuelli e il dg Giovanni Sabatini chiedono inoltre alla Commissione Ue che “rimborsi i risparmiatori e le banche concorrenti danneggiate dalle conseguenze delle sue non corrette decisioni che hanno imposto nel 2015 la risoluzione delle “quattro banche” e altri interventi di salvataggio bancario più onerosi delle preventive iniziative del Fitd che trae nuova legittimità per recuperare in pieno le sue funzioni statutarie”.

Secondo il Segretario Generale di Assopopolari, Giuseppe De Lucia Lumeno – la giustizia ha tempi diversi da quelli dell’economia e non sempre può arginare i danni della politica. Non aver potuto utilizzare uno strumento che sarebbe stato utilissimo e pienamente legittimo ha prodotto danni enormi soprattutto per la Banca Popolare di Bari e per i suoi soci oltre ad aver aggravato la crisi bancaria e, di conseguenza, quella economica. Il problema – secondo De Lucia Lumeno – è però di fondo. Senza la politica, il diritto europeo è diventato, più banalmente, il diritto delle regole che, applicate in modo manicheo al nostro Paese, ha fatto danni enormi. Il caso che ha riguardato la Popolare di Bari e Banca Tercas lo dimostra in modo paradigmatico. Oggi, dopo la sentenza – conclude De Lucia Lumeno – sarebbe quanto meno auspicabile un atteggiamento risarcitorio da parte della Commissione europea. Di certo un ripensamento delle modalità di funzionamento è urgente e necessario. La sentenza lo rende anche possibile”.

La Banca Popolare di Bari fa sapere in una nota di aver “appreso con viva soddisfazione il pronunciamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea”, perché la decisione della Commissione “ha causato ingenti danni alla Banca, ai suoi soci e a tutti gli altri stakeholder, anche per i notevoli ritardi provocati nella programmata azione di crescita e sviluppo del Gruppo Banca Popolare di Bari.  Ciò indurrà gli organi aziendali ad assumere determinazioni su eventuali azioni di rivalsa e di richiesta di risarcimenti nei confronti della Comunità Europea”.

“Questa pronuncia – ha dichiarato il Presidente Marco Jacobini – ci ripaga di anni di amarezze e di difficoltà che abbiamo dovuto affrontare per proseguire l’azione di salvataggio di Tercas, alla quale la Banca ha lungamente lavorato nell’interesse dei risparmiatori”.

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