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Piazza Affari, zero tituli in sei mesi

di Gaetano La Pira – A febbraio aveva rinunciato la farmaceutica Philogen, poi la Rhiag, ieri Moncler: tutti gli annunci in zona Cesarini – Adesso gli occhi puntati su Ferragamo, che debutterà in luglio – Intanto continuano ad affondare i bancari, aspettando l’aumento di capitale di Mps, che dovrebbe partire entro la fine del mese – Stamani Asia in ripresa

Piazza Affari, zero tituli in sei mesi

BANCARI ANCORA SOTTO PRESSIONE, A FINE MESE L’AUMENTO DI MPS

Come era facile prevedere anche la seduta di ieri è stata decisamente negativa per i titoli delle banche. A Milano come a Wall Street dove l’indice S&P ha toccato i minimi degli ultimi due mesi. I bancari sono risultati dappertutto tra i titoli peggiori, con l’indice S&P Financial Sector in ribasso dell’1,1%. Sulla piazza milanese particolarmente sacrificata Ubi Banca che ieri avviava l’aumento di capitale da un miliardo di euro e ha perso il 4,01% a 4,598. Il prezzo di chiusura di venerdì 3 giugno, pari a 5,115 euro, è stato rettificato a 4,79 euro. Il prezzo iniziale dei diritti era stato fissato a 0,3151 ma ha lasciato sul terreno il 5,27% a 0,299 euro. Un risultato non proprio brillante ma avrebbe potuto andare peggio. Quindici giorni fa in occasione dell’avvio dell’aumento di capitale da 5 miliardi di Intesa San Paolo, i diritti avevano registrato una debacle, perdendo il primo giorno oltre il 12% a fronte di un andamento del titolo simile a quello di ieri di Ubi. In quel caso non erano scattati gli arbitraggi che si sono registrati ieri che hanno visto gli operatori preferire il titolo al diritto. Gli analisti di Equita sim hanno tagliato da 6,7 euro a 5,6 euro il prezzo obiettivo su Ubi Banca, in seguito all’avvio dell’aumento di capitale, confermando il giudizio hold (mantenere). Sulla stessa lunghezza d’onda Banca Akros, che ha ridotto da 5,9 euro a 5,5 euro il target price, confermando l’indicazione di ridurre l’esposizione del titolo in portafoglio. Sempre in tema di banche prossime ad operazioni sul capitale, Monte dei Paschi di Siena, dopo una settimana pesantissima ha chiuso con un ennesimo ribasso dello 0,82% a 0,7885 euro. Ieri si è riunita l’assemblea degli azionisti che ha approvato l’aumento di capitale da 2,47 miliardi di euro che dovrebbe partire entro la fine del mese. In assemblea i vertici dell’istituto toscano hanno anticipato che l’andamento operativo nel secondo trimestre sarà in linea con quello dei primi tre mesi. A completare il quadro le pesanti flessioni di Intesa San Paolo e di Unicredit, nell’ordine del 2,8%, decimale più decimale meno. Tra gli istituti maggiormente attivi nel risparmio gestito anche Azimut ha perso parecchio, il 2,72%, a conferma del periodo orribile per i titoli creditizi.

MATRICOLE, L’ANNO NO DI PIAZZA AFFARI, ZERO TITULI IN SEI MESI

A febbraio era stata la farmaceutica Philogen a rinunciare alla quotazione in Borsa. A maggio era accaduto di nuovo: Rhiag, società attiva nella distribuzione di componenti per automobili, aveva cambiato idea: non sarebbe più sbarcata a Piazza Affari. Ieri è successo a Moncler che ha preferito vendere a privati e ha cancellato il roadshow che l’avrebbe portata in borsa a metà mese. Era tutto pronto per la quotazione. Ma alla fine l’azienda nota per i piumini, con sede a Grenoble, ha trovato un accordo con il fondo d’investimento Eurazeo che si prenderà il 45% del capitale in cambio di 418 milioni di euro. In definitiva nessuna matricola è approdata in Borsa nel corso del 2011, quasi un sortilegio. In tutti i casi l’annuncio è stato fatto in zona Cesarini, per le prime due addirittura negli ultimi giorni dell’Offerta pubblica di vendita. Philogen doveva debuttare in Borsa il 18 febbraio. Ma Bayer, da cui dipende il 90% dei ricavi, ha tagliato di colpo le commesse e l’approdo in Borsa è stato cancellato. Nel caso di Rhiag la tiepida accoglienza degli investitori ha fatto saltare tutto. Ai prezzi proposti gli investitori istituzionali erano poco disposti a sottoscrivere azioni. Il mercato italiano resta asfittico, avendo registrato 7 quotazioni e 31 delisting negli ultimi mille giorni, e soprattutto nessuna matricola all’attivo in questo primo semestre 2011, mentre in America il boom delle ipo delle nuove stelle del web a stelle e strisce non accenna a fermarsi. Dopo Linkedin, volata del 109% nel primo giorno a Wall Street, è la volta di Groupon.

Il motivo ufficiale è legato alla bufera che negli ultimi tempi ha colpito le Borse europee: per molti amministratori le avverse condizioni dei mercati finanziari non consentono un’adeguata valorizzazione delle società. In effetti in poco più di un mese Piazza Affari ha perso quasi il 9%, colpa della crisi greca e, forse, anche del declassamento sulle prospettive del rating italiano deciso da Standard & Poor’s. E in questo contesto non è facile andare in Borsa, soprattutto per società di medie dimensioni. Parlando con gli investitori si capisce però che il problema non è solo questo, ma gioca un ruolo anche il fattore dei costi. “Per quotare in Italia una società da 80 milioni i costi sono l’8%, una follia!” aveva notato ad aprile il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Negli ultimi due anni società con una capitalizzazione attorno ai 100 miliardi hanno speso in media circa 2 milioni. Numeri non di poco conto, e comunque allineati con gli standard europei, ma il problema delle imprese italiane sono le dimensioni ridotte, e i costi fissi per un collocamento incidono pesantemente. Si è discusso di recente se spostare i poteri di listing alla Consob ma un’eventuale mossa in tal senso non risolverebbe la situazione. Sulla rampa di lancio rimane Ferragamo che potrebbe approdare in piazza Affari a luglio, ma l’appeal del listino è in forte ribasso. I mercati vivono fasi tormentate e le esordienti ne risentono. Oltretutto negli ultimi cinque anni su sessanta collocamenti sul listino milanese oltre la metà si trova ben sotto il 50% del valore iniziale. Alcune società erano sopravvalutate, ma in generale le small cap in borsa nei momenti difficili soffrono più delle blue chip. In attesa di tempi migliori Piazza Affari continua ad avere una capitalizzazione inferiore al 30% del pil, un livello più vicino ai paesi emergenti che non alle nazioni europee.

QUALCHE SEGNALE POSITIVO OGGI DAI MERCATI ASIATICI

Quarta seduta consecutiva al ribasso per i mercati statunitensi con lo S&P sceso ai livelli del 18 marzo, ma sui mercati asiatici si registra qualche cenno di reazione e la seduta odierna potrebbe segnare un primo rimbalzo dopo i prolungati segnali di debolezza della scorsa settimana. L’indice Nikkei è rimasto piatto nella prima parte della seduta ma poi ha un messo un segno più davanti e gli operatori si aspettano si mantenga positivo anche grazie ai livelli decisamente attraenti raggiunti dalle quotazioni e in grado di attirare correnti d’acquisto soprattutto dall’estero. Il Nikkei sotto i 9.400 punti insomma esercita in genere una forte attrattiva sugli investitori istituzionali. Qualcuno proprio sulla base degli attuali prezzi si mostra ottimista anche per le prossime sedute e sottolinea che circa il 65 delle azioni nipponiche si scambia a livelli pari o inferiori al book value, mentre i titoli dello S&P 500 quotano a circa 2,1 volte il book value. Positive a metà seduta anche Shanghai, che ieri era chiusa per festività, e Seul, in leggero ribasso Hong Kong.

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