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Pensioni: quota 100 fino al 2021, poi 41 anni di contributi

Il pacchetto pensioni, che la prossima settimana passerà al vaglio della Camera, è stato ancora ritoccato: nel biennio 2022-2023 si passerà ai 41 anni di contributi – Opzione donna e Ape sociale prorogate solo per un anno – Confermate le finestre mobili.

Pensioni: quota 100 fino al 2021, poi 41 anni di contributi

Ancora novità sul fronte pensioni. Il pacchetto, da aggiungere come emendamento alla manovra di bilancio, in continuo divenire nelle ultime settimane è ora pronto e ha registrato nelle ultime ore alcune novità: la più importante è che la quota 100 ci sarà solo in versione provvisoria, per tre anni fino al 2021, dopodiché , dal 2022, si passa ai 41 anni di contributi per tutti. Quota 100 dovrebbe così partire ad aprile 2019 e offrirà la possibilità di andare in pensione con 62 anni di età e 38 anni di contributi versati. Nel 2022-2023, cioè negli ipotetici ultimi due anni di questa legislatura, non ci sarà più nessun requisito di età ma solo quello contributivo. Un timing non casuale visto che oltre il 65% dei nuovi pensionati avrà allora un montante a calcolo misto con prevalenza contributiva e il coefficiente di una eventuale trasformazione a 62 anni sarà più penalizzante. Per questo il sistema è congegnato in modo da disincentivare “naturalmente” i ritiri anticipati di massa.

Tra le misure previste nel pacchetto c’è anche la proroga della cosiddetta “opzione donna” per un anno e non più per tre, così come per l’Ape sociale, con l’impegno però di un eventuale rinnovo nella prossima legge di Bilancio, quella per il 2020. L’opzione donna consente la possibilità di uscire con 57-58 anni di età anagrafica e 35 anni di contributi, ma con l’assegno che sarà ricalcolato in base al al metodo contributivo. Confermati invece in via strutturale il non adeguamento alla speranza di vita dei requisiti per l’uscita anticipata con 41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Dall’anno prossimo scattano solo i 67 anni per la vecchiaia, requisito destinato a rimanere tale fino al 2023 se saranno confermate le attuali stime Istat sulla speranza di vita, che nel prossimo triennio prevedono un’inversione di tendenza e quindi un calo e non più un aumento della aspettativa di vita.

Confermate anche le finestre mobili (3 mesi nel privato, 3+3 nel pubblico) e il divieto di cumulo della pensione con redditi da lavoro per cinque anni massimi oltre il tetto di 5mila euro l’anno; termine che scende per i pensionamenti a età successive ai 62 anni fino ad azzerarsi a 67 anni. Il testo approderà alla Camera tra lunedì e martedì (con un ricorso alla fiducia quasi certo): nel provvedimento ci sono anche un pacchetto-famiglia e il mini-taglio del cuneo contributivo previsto con la riduzione delle tariffe Inail per 600 milioni. Quasi certo anche l’irrobustimento della deducibilità dell’Imu sui capannoni. In alternativa, per rendere possibile nelle tempistiche previste “quota 100” e reddito di cittadinanza, l’eventuale soluzione di scorta resta quella già ipotizzata del decreto legge post-manovra.

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