Sei miliardi in tre anni per le pensioni, contro i 7,5 miliardi (2,5 all’anno) chiesti dai sindacati. Nel giorno dell’incontro tra governo e sindacati, all’indomani dell’aggiornamento del documento di economia e finanza, arrivano le cifre, che sono comunque più alte di quelle inizialmente preventivate, ossia 1,5 miliardi l’anno per 4,5 totali. Al termine dell’incontro è stato firmato un verbale di accordo di cinque cartelle, le quale sono identificate le misure che saranno messe in campo nei prossimi tre anni, fra le quali l’Ape, l’intervento sui precoci e l’estensione e l’aumento della quattordicesima per i pensionati con i redditi più bassi. “Abbiamo concluso questa fase con la sigla di un verbale che rappresenta la sintesi di un lavoro che abbiamo giudicato importante”, ha detto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti,
“Contiamo di destinare sei miliardi in tre anni per interventi sulla previdenza e vogliamo condividere gli obiettivi in maniera più larga possibile. Il governo lavora per trovare la massima condivisione possibile”, ha detto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti all’incontro con i sindacati in corso a via Veneto. Già in mattinata, il premier Matteo Renzi era stato chiaro: “Le misure non dipendono dalla trattativa con Bruxelles”, aveva ha spiegato, parlando di “piccoli passi”. Per il presidente del Consiglio, il punto centrale è il cosiddetto Ape, il prestito che consentirà di lasciare il lavoro tre anni prima del previsto ai nati tra il 1951 e il 1953 fino ad un massimo di tre anni e sette mesi (per gli over 63, dal 2017). E poi la quattordicesima per le minime. “In pensione si può andare prima rispetto alle regole della legge Fornero e accettando una piccola penalizzazione dello stipendio, non gratis – ha detto in un intervento su Rtl -. Le minime? Avranno una sorta di quattordicesima, riusciremo a dare qualche soldo in più”. Sul tavolo c’è un aumento per quelle in essere (sono circa 2,1 milioni di percettori con assegno fino a 750 euro) e ne verranno riconosciute di nuove a che ha una pensione tra il 750 e i mille euro con una base contributiva minima, ovvero altre 1,2 milioni di persone, per un totale di 3,3 milioni.
L’Ape volontaria, ovvero il reddito-ponte con finanziamento bancario assicurato e rimborso spalmato nei primi 20 anni di pensionamento, avrà un costo complessivo netto non superiore al 6% l’anno, per rimanere entro un tetto cumulato del 20% nel caso di opzione massima di anticipo fino a 3 anni e sette mesi al netto, appunto, dei regimi fiscali di agevolazione. Sull’Ape le ultime curiosità ancora da sciogliere riguardano la platea finale dei soggetti meritevoli dell’accesso alla versione “social”, che sarà a costo zero fino a un massimo di pensione lorda prevista di 1.500 euro, con la quota eccedente utilizzabile come base di calcolo per parziale concorso al rimborso. Mentre per l’Ape aziendale, attivabile sulla base di intese negoziali in casi di crisi o ristrutturazioni, si dovrà capire quanta parte del contributo dello 0,30% oggi destinato alla mobilità (che scompare nel 2017) potrà essere utilizzato dalle imprese per finanziare questo prestito-ponte assicurato e in che forma.