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Pensioni, indicizzazione 2019: tutti i numeri del nuovo taglio

Scatta la nuova stretta sull’adeguamento all’inflazione delle pensioni superiori a 1.500 euro al mese, approvata con la Manovra – Rispetto al 2018 la situazione non peggiora, ma, se il Governo fosse rimasto fermo, dall’anno prossimo i pensionati avrebbero ricevuto un trattamento molto più favorevole. Ecco perché

Pensioni, indicizzazione 2019: tutti i numeri del nuovo taglio

Come funzionerà dal 2019 l’indicizzazione delle pensioni? Matteo Salvini continua a ripetere che nessuno perderà un euro, ma la questione è più complessa di come sembra. Il vicepremier leghista ha ragione se confrontiamo gli importi che i pensionati incasseranno l’anno prossimo con quelli che hanno ricevuto nel 2018. Ma le cose cambiano se paragoniamo gli assegni che arriveranno nel 2019 con quelli che sarebbero arrivati se il Governo fosse rimasto fermo.

Per limitare i costi di quota 100, infatti, l’Esecutivo ha inserito in manovra una nuova stretta sull’adeguamento all’inflazione delle pensioni superiori a 1.500 euro lordi al mese.

INDICIZZAZIONE PENSIONI: LO SCHEMA IN VIGORE DAL 2019

Anche per i prossimi tre anni, l’indicizzazione piena sarà concessa solo alle pensioni fino a tre volte il minimo (oggi 1.522,26 euro, che saliranno a 1.539 l’anno prossimo). Oltre questa soglia, l’adeguamento sarà ridotto progressivamente all’aumentare dell’assegno, secondo questo schema:

  • 97% di indicizzazione sulla parte eccedente le 3 volte e fino a 4 volte il minimo;
  • 77% di indicizzazione sulla parte eccedente le 4 volte e fino a 5 volte il minimo;
  • 52% di indicizzazione sulla parte eccedente le 5 volte e fino a 6 volte il minimo;
  • 47% di indicizzazione sulla parte eccedente le 6 volte e fino a 8 volte il minimo;
  • 45% di indicizzazione sulla parte eccedente le 8 volte e fino a 9 volte il minimo;
  • 40% di indicizzazione sulla parte eccedente le 9 volte il minimo.

INDICIZZAZIONE PENSIONI: LO SCHEMA IN VIGORE NEL 2018

Ora, questo impianto è meno penalizzante del meccanismo oggi in vigore (prorogato dai tempi del governo Letta), che fino al 2018 ha imposto i seguenti limiti:

  • 40% di indicizzazione sulla parte eccedente le 3 volte e fino a 4 volte il minimo;
  • 20% di indicizzazione sulla parte eccedente le 4 volte e fino a 5 volte il minimo;
  • 10% di indicizzazione sulla parte eccedente le 5 volte e fino a 6 volte il minimo;
  • niente adeguamento per gli importi superiori a sei volte il minimo.

INDICIZZAZIONE PENSIONI: IL VECCHIO SCHEMA CHE SAREBBE DOVUTO TORNARE IN VIGORE DAL 2019

Tuttavia, se il Governo non fosse intervenuto con l’ultima legge di Bilancio, dal 2019 sarebbe tornato in vigore il vecchio schema di indicizzazione, quello previsto dalla legge 388/2000. Oltre all’adeguamento completo per gli assegni fino a tre volte il minimo, il vecchio sistema prevedeva solo due soglie, entrambe più generose rispetto agli schemi in vigore negli ultimi anni e dall’anno prossimo:

  • 90% di indicizzazione sulla parte eccedente le 3 volte e fino a 5 volte il minimo;
  • 75% di indicizzazione sulla parte eccedente le 5 volte il minimo.

Il ritorno a questo tipo di adeguamento è stato richiesto più volte negli ultimi anni dai sindacati.

I NUMERI IN GIOCO

Secondo la relazione tecnica allegata alla manovra gialloverde, il nuovo schema si applicherà al 58,6% delle pensioni e consentirà allo Stato di risparmiare 3,6 miliardi nel triennio 2019-2021.

Ma quanto perderanno i pensionati? Domenico Proietti, segretario confederale della Uil, cita uno studio del sindacato secondo cui “per una pensione lorda pari a 6 volte il minimo, la mancata ripresa dell’indicizzazione si traduce in una perdita di 167 euro annui dal 2019 e per il resto della vita del pensionato”.

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