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Pensione a 71 anni per i giovani. Allarme Ocse sull’Italia

I giovani italiani che entrano nel mondo del lavoro saranno i pensionati più vecchi di tutta l’area Ocse – Peggio di noi solo la Danimarca – Spesa pubblica al 15,4% del Pil a causa delle numerose deroghe alla riforma Fornero degli ultimi anni ma salirà a quasi il 18%

Pensione a 71 anni per i giovani. Allarme Ocse sull’Italia

I giovani che entrano ora nel mondo del lavoro andranno in pensione solo a 71 anni, in media 9 anni più tardi di chi si ritira oggi grazie alle diverse opzioni disponibili che permettono la pensione anticipata intorno ai 62 anni. Si tratta di una tra le età più alte di tutti i paesi Ocse, a pari merito con Estonia e Paesi Bassi, ma dietro alla Danimarca (74 anni) e contro una media Ocse di 66 anni. La concessione di benefici a pensionati relativamente giovani contribuisce alla seconda più alta spesa pensionistica pubblica tra i paesi Ocse, pari al 15,4% del Pil nel 2019, alle spalle solo della Grecia, e di un altrettanto pesante carico in termini di contributi previdenziali. A fotografare il preoccupante scenario il rapporto “Pensions at a Glance” dell’Ocse che passa in rassegna i sistemi pensionistici nei paesi dell’area tra settembre 2019 e settembre 2021. A differenza delle precedenti edizioni, questa fornisce un’analisi approfondita dei meccanismi di adeguamento automatico nei sistemi pensionistici.

Uno dei problemi del nostro Paese è il rapido invecchiamento della popolazione che porterà ad avere “74 persone con età uguale o superiore a 65 anni ogni 100 persone nel 2050”, il che equivale a uno dei rapporti più alti dell’Ocse. Andando in pensione prima, a 68 anni, il futuro tasso di sostituzione netto scende sostanzialmente al 72%, che rimane alto nel confronto internazionale. Molte opzioni per andare in pensione al di sotto dell’età pensionabile prevista dalla legge hanno come risultato una bassa età media di uscita dal mercato del lavoro, in media 61,8 anni contro i 63,1 anni della media Ocse.

Tuttavia, non tutti i lavoratori possono aspettarsi tassi di sostituzione così alti. Ad esempio, una lavoratrice italiana che inizia la sua carriera a 27 anni e ha una pausa di disoccupazione di 10 anni durante la sua vita lavorativa riceverà una pensione inferiore del 27% rispetto a una lavoratrice a tempo pieno, contro la media del 22% nell’area Ocse. Inoltre, poiché le aliquote contributive dei lavoratori autonomi sono inferiori di un terzo rispetto a quelle dei lavoratori dipendenti, i lavoratori autonomi possono aspettarsi pensioni inferiori di circa il 30% rispetto a quelle dei lavoratori dipendenti con lo stesso reddito imponibile per tutta la carriera, contro il 25% della media Ocse.

IL REDDITO DEGLI ANZIANI IN ITALIA

Il reddito relativo degli anziani è oggi elevato in Italia. Per quanto riguarda il reddito medio delle persone con più di 65 anni è simile a quello della popolazione totale, ma inferiore in media del 12% nell’Ocse e del 15% rispetto all’Italia di due decenni fa. Tuttavia, la disuguaglianza di reddito e il tasso di povertà relativa tra gli anziani sono in linea al valore mediano dei Paesi Ocse, a seguito di un sostanziale calo del tasso di povertà degli anziani italiani negli ultimi decenni. Durante la crisi pandemica, le pensioni non sono diminuite e i diritti pensionistici hanno continuato a maturare pienamente anche per i lavoratori in cassa integrazione, come nella maggior parte degli altri paesi dell’area.

IL SISTEMA PENSIONISTICO IN ITALIA E IL LEGAME CON LA SPERANZA DI VITA

Con l’introduzione di un sistema pensionistico a contribuzione definita nozionale (Ndc – notional defined contribution) nel 1995 (Riforma Dini), l’Italia ha fatto un passo decisivo per affrontare le sfide poste dal rapido invecchiamento della popolazione. Il sistema italiano Ndc collega l’età pensionabile legale alla speranza di vita.

Tale legame – spiega l’Ocse – non è necessario per migliorare le finanze delle pensioni, ma mira ad evitare che le persone vadano in pensione troppo presto con pensioni troppo basse, oltre a promuovere l’occupazione in età più avanzata. L’Italia ha tra le più alte età di pensionamento future (71 anni), contro una media Ocse di 66 anni per la generazione che entra ora nel mercato del lavoro. In Italia, come in Danimarca ed Estonia, tutti i miglioramenti nell’aspettativa di vita sono automaticamente trasferiti nell’età pensionabile. Tra i sei paesi Ocs con schemi Ndc, solo la Svezia ha in cima un meccanismo automatico che assicura un bilancio pensionistico equilibrato nel tempo.

OPZIONI DI PENSIONAMENTO ANTICIPATO

Negli ultimi due anni, le opzioni di pensionamento anticipato sono state estese in Italia, fornendo una “scappatoia” al legame tra età pensionabile e aspettativa di vita. Tra il 2019 e il 2021, Quota 100 ha permesso di andare in pensione a 62 anni con 38 anni di contributi, in anticipo di ben 5 anni rispetto l’età pensionabile prevista dalla legge. Nel progetto di legge di bilancio per il 2022, questa opzione di pensionamento anticipato è stata prorogata per il 2022, pur inasprendo la condizione di età a 64 anni (Quota 102).

Secondo l’organizzazione, Quota 100 ha reso più facile l’accesso alle pensioni in quanto in precedenza si poteva andare in pensione prima di quanto previsto sole con un’anzianità contributiva di 42,8 anni per gli uomini e 41,8 anni per le donne. Oltre all’Italia, solo la Spagna permette di ottenere una pensione completa prima dell’età pensionabile legale con meno di 40 anni di contributi, garantendo un trattamento pensionistico lungo in media 22 anni per gli uomini e 26 anni per le donne, mentre il Belgio richiede 42 anni, la Francia 41,5 anni e la Germania 45 anni.

Tutto questo incide pesantemente sulle finanze pubbliche. Difatti, secondo il report la spesa per le pensioni in Italia è tra le più alte. Ma c’è da dire che i numeri comprendono tanto i trattamenti assistenziali quanto quelli previdenziali, condizionando anche le stime future, che vedono il costo delle pensioni in Italia raggiungere il 17,9% del Pil nel 2035 contro una media Ocse del 10%.

L’Italia ha esteso anche altre opzioni temporanee di pensionamento anticipato che sarebbero dovuto scadere nel 2020. Questo include l’Ape sociale, l’opzione di andare in pensione a 63 anni con 30 anni di contributi per le persone disoccupate, disabili o che prestano assistenza, o dopo 36 anni per le persone che svolgono professioni gravose. Un’estensione simile per andare in pensione fino a sette anni prima dell’età pensionabile prevista dalla legge è stata concessa ai lavoratori delle aziende in ristrutturazione. Poi c’è l’Opzione donna, inizialmente introdotta per un anno nel 2017, è stata prorogata fino alla fine del 2021, e sulla base del progetto di legge di bilancio per il 2022 è stata prolungata per il 2022. Questa opzione permette alle donne di andare in pensione a 58 anni (o 59 se lavoratrici autonome) dopo 35 anni di carriera, ma le pensioni vengono poi calcolate interamente in base alle regole Ndc.

Secondo il report, senza queste “scappatoie” il sistema pensionistico italiano beneficerebbe di “una migliore trasparenza nel calcolo delle prestazioni su base contributiva” e “di un maggiore monitoraggio e gestione della solvibilità a lungo termine”.

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