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Pd, Renzi si dimette ma avverte la minoranza: “Niente ricatti, si va al Congresso”

L’Assemblea del Partito Democratico è stata aperta da un intervento, molto applaudito dalla platea del Parco dei Principi di Roma, dell’ex premier Matteo Renzi: “Scissione è una brutta parola, ma ricatto è ancora peggio” – “Il potere nel Partito democratico appartiene ai cittadini che votano alle Primarie, non ai caminetti o alle correnti” – I dissidenti guidati da Michele Emiliano restano sulle loro posizioni, D’Alema ha disertato l’incontro.

Pd, Renzi si dimette ma avverte la minoranza: “Niente ricatti, si va al Congresso”

Si è aperta con un lungo e applauditissimo intervento di Matteo Renzi l’Assemblea nazionale del Partito Democratico, quella che dovrebbe portare alla cosiddetta scissione, con una minoranza di dissidenti – guidata da Michele Emiliano, Enrico Rossi e Roberto Speranza e rappresentata anche da Massimo D’Alema (che infatti ha disertato l’appuntamento al Parco dei Principi di Roma). La parola scissione è stata evocata dall’ex premier nel suo discorso: “La parola scissione è una delle parole più brutte del vocabolario politico, ma ancora peggio è la parola ricatto. È inaccettabile che un partito venga ricattato da una minoranza”, ha detto con enfasi Renzi, di fatto chiudendo le porte chiudendo le porte ai dissidenti.

Renzi ha dunque formalizzato le sue dimissioni da segretario, confermando l’intenzione di andare a Congresso in modo da scegliere un leader in vista delle possibili elezioni anticipate. Posizione sulla quale è distantissima la minoranza, che preferirebbe arrivare a fine legislatura, con una conferenza programmatica prima del Congresso e le primarie solo in autunno (mentre al momento le date in bilico sembrano essere due, o 9 aprile o 7 maggio). “La parola ‘rispetto’ deve essere la parola chiave di questa assemblea – ha detto Renzi in apertura del suo intervento -. Un partito politico deve scegliere di rispettarsi sempre e deve rispettare i militanti e gli iscritti”.

“Il Pd ha perso l’occasione per aprire le finestre e parlare fuori. Ora dico, senza distinzioni: fermiamoci. Fuori da qui ci stanno prendendo per matti. La nostra responsabilità è nei confronti del Paese. Adesso basta, non possiamo più discutere al nostro interno. Facciamolo oggi ma dobbiamo rimetterci in cammino”, ha poi proseguito il segretario dimissionario che ha individuato nel referendum dello scorso 4 dicembre il pomo della discordia. “C’è una frattura forte nella politica e nella società italiana, c’è un prima e un dopo il 4 dicembre. E io ne sono responsabile: il referendum è stato una botta per tutto il sistema Paese e noi dobbiamo rimettere in moto il Paese”.

Sul referendum Matteo Renzi ha anche aggiunto che “è tornata la prima Repubblica ma senza la qualità della prima Repubblica, non riguarda solo il Pd, si stanno scindendo tutti, fratture che il proporzionale fisiologicamente esalta”. “Non possiamo stare fermi a dire congresso sì, congresso no – ha proseguito l’ex premier -. Resti agli atti quel che è accaduto in questi due mesi e mezzo. Ho cercato tutti i giorni di raccogliere le proposte degli altri per restare insieme. All’ultima assemblea due amici storici mi hanno preso a male parole per dirmi ‘fai un errore’. A quel punto una parte della maggioranza e minoranza ha detto fermiamoci e mi sono fatto carico di non fare il congresso perché pensavo potessimo fare una campagna di ascolto insieme”.

“Per sistemare questa assurda situazione poteva valere la pena fare un passo indietro, ci ho pensato”, ha detto Renzi. “Però ci ho pensato sul serio, perchè mai come questi due mesi e mezzo siamo stati laici nelle decisioni, abbiamo ascoltato tutti, ma accettare oggi che si possa dire di no a una candidatura, accettare che possa essere eliminata una persona, sarebbe un ritorno al passato. Noi stiamo insieme per confrontarci”, ha aggiunto. “Non accetteremo mai, mai, mai e poi ami che qualcuno ci dica ‘tu non vai bene, tu nei sei parte di questa comunità’. Avete il diritto di sconfiggerci, non di eliminarci”. “Il potere nel Partito democratico appartiene ai cittadini che votano alle Primarie, non ai caminetti o alle correnti”, ha anche puntualizzato il leader democratico.

Anche sul fronte della minoranza comunque le posizioni non appaiono malleabili. Massimo D’Alema oggi non parteciperà all’assemblea: “È una perdita di tempo provare a trattare con Renzi, io lo conosco, non farà mai passi indietro”. Enrico Rossi, Roberto Speranza e Michele Emiliano con Bersani e lo stesso D’Alema, ripetono che non saranno al congresso se questo sarà solo l’occasione per Renzi di “prendersi una rivincita”. Emiliano scrive su Facebook di avere ottenuto da Renzi la garanzia che non si vota prima del 2018, e aggiunge: “Con Renzi la “linea rossa” è attiva. Noi diciamo: fare la conferenza programmatica e le primarie a settembre”.

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