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Pd, niente accordi con M5S: lunedì le dimissioni di Renzi

Le dimissioni di Renzi da segretario del Pd – che non parteciperà alle prossime Primarie – diventano reali da lunedì – Martina traghettatore – La stragrande maggioranza del Pd è contraria ad accordi di governo con i Cinque Stelle e vuole andare all’opposizione

Pd, niente accordi con M5S: lunedì le dimissioni di Renzi

Matteo Renzi ha consegnato nelle scorse ore al presidente del Pd, Matteo Orfini, la sua lettera ufficiale di dimissioni da segretario che sarà presentata alla Direzione di lunedì del partito. Toccherà proprio alla Direzione decidere se eleggere subito un nuovo segretario o se, come è più probabile, nominare un traghettatore nella persona del vicesegretario Maurizio Martina (che guiderà la delegazione al Quirinale per le consultazioni post-elettorali) e scegliere il nuovo segretario attraverso le primarie e un nuovo congresso. In ogni caso, Renzi non si candiderà nemmeno alle Primarie, quando verranno indette.

Quel che però è certo è che la stragrande maggioranza del Pd non ha nessuna intenzione di aprire le porte ai Cinque Stelle e di intavolare trattative per la formazione di un governo M5S-Pd ma è orientata a scegliere la strada dell’opposizione. Solo il Governatore della Puglia, Michele Emiliano, che ha meno del 10%, vorrebbe sedersi al tavolo delle trattative di governo con il Movimento Cinque Stelle di Luigi Di Maio.

Resta però da vedere che cosa faranno i parlamentari del Pd quando si tratterà di eleggere i nuovi presidenti di Camera e Senato, anche se al momento l’idea prevalente sembra quella di votare scheda bianca.

Più difficili saranno le scelte del Pd al momento della stretta sul nuovo governo e sul futuro della legislatura. Il Pd chiuderà tutte le porte al presidente Mattarella anche a costo di provocare il ricorso a nuove elezioni o, pur mantenendo una linea di opposizione, farà la sua parte per far proseguire la legislatura appena avviata?  Le prossime puntate di una battaglia politica difficilissima faranno luce su tutti i nodi irrisolti del voto del 4 marzo.

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