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Partono le Ipo: oggi le Poste Italiane e poi la Ferrari

Scatta oggi l’offerta pubblica di vendita di 453 milioni di azioni di Poste Italiane, la più importante privatizzazione italiana degli ultimi 16 anni – Intanto la Ferrari avvia il road show del collocamento-lampo – Draghi rassicura sulla Cina ma è pronto al bazooka bis – Pioggia di trimestrali a Wall Street – Partono le aste di Bot e Btp.

A Lima, in occasione delle riunioni a margine del Fmi Mario Draghi ha incontrato Janet Yellen. “Ma non le ho chiesto – ha detto scherzando il presidente della Bce – quando aumenterà i tassi”. In realtà Draghi aveva altri motivi di soddisfazione: la situazione della Cina, ha detto, “è rassicurante”, a differenza di quanto emerso un mese fa dal G20 di Ankara. E’ la nota più confortante, grazie anche al miglior andamento degli Emergenti. Ma sull’altro piatto della bilancia c’è la preoccupazione per le trimestrali Usa.

Comincia così una settimana “storica”, segnata dall’Ipo di Poste e di Ferrari. Chiusa oggi la Borsa di Tokyo.

L’IPO DI POSTE

Parte stamane la vendita di azioni di Poste Italiane in vista dello sbarco in Borsa, atteso per martedì 27. Il ministero dell’Economia mette in vendita 453 milioni di azioni, pari al 34,7%, che potrà salire fino al 38,2% in caso di esercizio della green shoe. Il prezzo sarà compreso in una forchetta di prezzo tra 6 e 7,5 euro per azione per un valore della società fissato tra un minimo non vincolante di 7,837 miliardi ed un massimo di 9,796 miliardi. Allo Stato andranno al massimo 3,7 miliardi di euro.

Il modello scelto per la privatizzazione, recita una nota, “assicurerà la presenza di un azionariato diffuso e la stabilità dell’assetto azionario, anche tenendo conto del servizio di pubblica utilità che Poste Italiane svolge e dei piani di investimento, sviluppo ed innovazione digitale che l’azienda ha avviato”. Il 30% dell’offerta globale è destinata al retail, cui sarà destinata anche una bonus share del 5% per chi terrà ininterrottamente i titoli in portafoglio per un anno. Sempre nell’ambito della quota retail, 14,9 milioni di azioni sono riservate ai dipendenti del gruppo: ad ognuno saranno garantiti due lotti minimi, pari a 10 azioni, ed è prevista la possibilità di richiedere l’utilizzo del Tfr. Il restante 70% delle azioni offerte è destinato agli investitori istituzionali.

L’IPO DELLA FERRARI 

Venerdì sera è stato depositato alla Sec, l’organo di controllo della Borsa americana, il prospetto definitivo per l’offerta pubblica iniziale dei titoli di Ferrari Nv di diritto olandese. Fiat Chrysler metterà in vendita 17.175 milioni di azioni della società ad un prezzo compreso nella forchetta tra 48 e 52 dollari più una greenshoe di 1,7 milioni di azioni per un totale pari al 10% del capitale. L’incasso per la casa madre oscillerà tra 906 e 983 milioni di dollari. 

Dal documento si evince inoltre che nei primi mesi del 2016 l’80% delle azioni Ferrari verrà distribuito agli azionisti Fiat Chrysler Automobiles con l’assegnazione di un’azione Ferrari ogni dieci di Fca. Il restante 10% delle azioni sarà sempre detenuto da Piero Ferrari, il figlio del fondatore della casa di Maranello. In questo modo dal prossimo anno la guida della società passerà ad Exor, la holding della famiglia Agnelli, con una quota del 24% che, grazie al meccanismo del voto multiplo olandese, permetterà il controllo insieme a Piero Ferrari.

Dopo il collocamento lampo il titolo debutterà a Wall Street mercoledì 21 ottobre. Il titolo del Cavallino sarà contraddistinto dal codice Race. In settimana è previsto il road show con gli investitori.
La capitalizzazione di Fca dedotta Ferrari dati i valori di venerdì (17,71 miliardi) dovrebbe aggirarsi sugli 11 miliardi, poco sotto Peugeot (12 miliardi), circa un quarto di General Motors (46 miliardi). Ma lo spin off avrà effetto dal 2016, perciò i conti Fca 2015 includeranno ancora i numeri della Rossa. 

TRIMESTRALI USA, DRAGHI PRONTO AL BAZOOKA BIS

Settimana all’insegna delle trimestrali della finanza Usa. Da domani sera pioveranno sui desk degli analisti, tra gli altri, i conti luglio-settembre di Bank of America e di Goldman Sachs ma anche di General Electric, Johnson & Johnson, Netflix e Intel. Tra i dati macro Usa rilevanti in vista sulle decisioni sui tassi, spiccano l’inflazione (previsto un aumento dello 0,1%, ovvero l’1,8% se si includono cibo ed energia) e l’andamento dei consumi.

La cronaca da Bruxelles sarà concentrata sul vertice dei premier dedicato al tema dell’immigrazione. Mario Draghi da Lima ha aperto le porte ad un possibile aumento del Qe europee ma ha lanciato l’allarme sui Paesi afflitti da alto debito: “Facciano attenzione all’inversione del trend dai bassi tassi di interesse”.

RALLY DA RICOPERTURA PER I MERCATI

Settimana record per le Borse. Il FtseMib è salito del 4,5%, chiudendo la migliore ottava da giugno scorso. Dal primo gennaio 2015 la performance positiva è pari al 17% circa. Rialzo analogo per gli altri listini europei: l’indice Stoxx 600 è salito del 4,3%. Oltre il 5% il rimbalzo di Francoforte e Parigi. A New York l’indice S&P è salito del 3,3%.

A che si deve il rimbalzo? La crisi della Cina, sostiene Hsbc, è meno grave del previsto. Di riflesso, Emergenti e materie prime stanno recuperando posizioni. Ma la maggior parte degli analisti resta prudente: per Bank of America il rimbalzo è il frutto di massicce ricoperture della speculazione al ribasso. 

BTP, MOODY’S

Previsioni positive per le aste di metà mese anche per l’importo contenuto. Si cominci oggi con 7 miliardi di BoT annuali. Il Tesoro, in vista dell’appuntamento di domani, ha inoltre annunciato l’offerta di un ammontare compreso tra 5,5 e 7 miliardi di euro in Btp a tre, sette e 15 anni. Nel caso del tre anni, si tratta del nuovo benchmark 15 ottobre 2018 che stacca una cedola di 0,30%, cinque millesimi superiore a quella del precedente titolo di riferimento maggio 2018. Il 15 anni marzo 2032 1,65% sarà invece in asta per un ammontare tra 500 milioni e un miliardo.

Non c’è stata la sperata promozione del rating Italia da parte di Moody’s. La pagella italiana resta Baa2, con outlook “stabile” contro l’auspicato “positivo”. Non si interrompe così la serie negativa: l’ultima promozione italiana risale al 2002. Da allora ci sono stati solo retrocessioni fino al febbraio 2014. E per ora, complice il peggioramento della congiuntura dei principali partner commerciali del Bel Paese che potrebbero riflettersi sulla ripresa in atto, non c’è ancora spazio per avviare un circolo virtuoso. 

Al contrario, l’agenzia Dbrs ha alzato l’outlook della Spagna da stabile a positivo. Il rating resta confermato al livello A (low). La decisione rispecchia la convinzione che “il rafforzamento dell’economia spagnola abbia in questo momento un maggior peso rispetto alle incertezze legate all’esito delle prossime elezioni politiche, previste a fine anno”. 

POPOLARI: UBI

Ubi Banca è la prima popolare a diventare Spa dopo la riforma varata dal governo per gli istituti con asset superiori agli otto miliardi. Con un voto plebiscitario (ha votato per il sì il 98,88% dei presenti), i 5.032 soci presenti di persona o con le deleghe hanno detto sì alla storica trasformazione.

Ubi, inoltre, è data in pole per una fusione con il Banco Popolare, banca con cui il dialogo è avviato da tempo. Sullo sfondo rimane però anche l’opzione Mps. Proprio rispetto a una possibile moral suasion del governo nei confronti di Ubi per un salvataggio di Siena, Massiah è stato netto: “Escludo che il governo faccia questo – ha detto il manager -. Bankitalia e ministero dell’Economia sono istituzioni ispirate a non invadere il ruolo del mercato. Quindi, se Mps bussa alla mia porta non ho motivo di dire che non rispondo a Mps”, ma “non è obbligatorio fare operazioni” e comunque “scegliamo noi”.

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