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Nuova Zelanda, la doppia vita degli “internet troll”

I neozelandesi hanno dedicato a questi “disturbatori in servizio permanente” uno studio, dal quale emerge che gli internet troll – in particolare quelli attivi su Facebook – sarebbero nella vita reale molto più mansueti.

Nuova Zelanda, la doppia vita degli “internet troll”

Nella mitologia scandinava un troll è una creatura maligna e dispettosa, che gode nel combinare ogni sorta di brutti tiri agli esseri umani che incontra sulla sua strada. Per analogia, nel mondo della rete un troll è un utente che si inserisce in una comunità virtuale inviando messaggi provocatori, irritanti, offensivi, e comunque atti a inasprire gli animi. I neozelandesi hanno dedicato a questi “disturbatori in servizio permanente” uno studio, dal quale emerge che gli internet troll – in particolare quelli attivi su Facebook – sarebbero nella vita reale molto più mansueti. Tanto fumo, insomma, e poco arrosto. Secondo il professor Val Hooper della School of Information Management di Victoria University, che ha condotto la ricerca, potrebbe esserci una distanza, anche grande, tra il comportamento tenuto offline e quello esibito online. La protezione dello schermo del computer renderebbe tutti più liberi di esprimersi, senza stare troppo a preoccuparsi delle conseguenze. “Se lanci un messaggio offensivo in rete, non puoi leggere negli occhi del tuo interlocutore il danno che ha ricevuto” osserva Hooper, “viene a mancare la visibilità della reazione dell’altro ed è questo aspetto tangibile che spesso funziona da deterrente”.

Senza contare, poi, che online si ha più tempo per scegliere le parole e accrescere l’efficacia e l’impatto del proprio intervento. Tirando le somme dei risultati dello studio, Hooper si dice preoccupato per la carenza di forti linee guida in termini di norme comportamentali nel mondo del web. A essere disorientati sarebbero in particolare i giovanissimi. La parte dello studio dedicata alle dinamiche comunicative su Facebook si è concentrata soprattutto sui ragazzi fino ai 20 anni. “Un ampio numero di intervistati” dice il professore “ha ammesso di tarare il proprio comportamento online imitando ciò che fanno i membri della comunità virtuale cui si appartiene”. Si opta per un dato atteggiamento, insomma, e poi si attende la sanzione dei propri amici Facebook per decidere se tale comportamento risulti accettabile. La comunità di amici online, inoltre, sembra essere scelta con minore libertà che nella vita reale. Emerge dall’indagine come operi una sorta di “obbligo” a concedere amicizia a qualcuno che la chiede in rete e molti intervistati confessano di mantenere tra i propri amici virtuali persone che in realtà non apprezzano.

http://www.nzherald.co.nz/technology/news/article.cfm?c_id=5&objectid=11204762

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