Condividi

Nucleare: tre anni per chiudere le vecchie centrali ma l’Italia vince nella ricerca

Accanto al dibattito sull’uso del nucleare per superare la crisi energetica, il Governo conferma il piano di smantellamento dei vecchi siti.

Nucleare: tre anni per chiudere le vecchie centrali ma l’Italia vince nella ricerca

Obiettivo a tre anni per chiudere con il nucleare e smantellare le vecchie centrali . Sogin, la società dello Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, conferma di voler impegnare tutti i 900 milioni di euro a disposizione per il decommissioning.

Nell’ultimo question time alla Camera è stata ribadita la strategia della società, che entro quest’anno raggiungerà il 45% dello smantellamento dei siti. Mentre in parallelo va avanti il progetto del deposito delle scorie – con qualche sì dal Veneto e qualche no dalla Basilicata – con due importanti reattori al Garigliano e a Trino Vercellese che saranno dismessi. Sono i lavori più complessi dal punto di vista ingegneristico e operativo da farsi in un impianto nucleare e hanno bisogno di tempi programmati.

Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, in Parlamento ha confermato le previsioni del Piano industriale 2020-2025 con le attività su tutti i siti nel biennio 2022–2023. Una buona notizia riguarda proprio il sito del Garigliano per il quale è stata lanciata la gara per l’affidamento dei lavori per abolire il “nocciolo” del reattore. Dall’area campana saranno portati via anche tutti i componenti metallici necessari, a suo tempo, a sviluppare la reazione nucleare.

Italiani premiati per le pubblicazioni sul nucleare

Ma gli obiettivi strategici del Piano riguarderanno anche soluzioni tecnologicamente più avanzate e sostenibili per la gestione dei rifiuti . Sogin sta mettendo in campo processi di economia circolare in base ai quali oltre il 90% dei materiali derivanti dagli smantellamenti saranno destinati a essere recuperati.

Sono notizie che non vanno trascurate nel dibattito europeo per un approccio innovativo su una fonte che ha avuto nell’Italia uno dei Paesi all’avanguardia nella ricerca. Ma servono a tranquillizzare anche le popolazioni che vivono a ridosso dei vecchi impianti. La gloria nucleare italiana è nei libri di storia e nell’evoluzione del mondo dell’energia. Il tempo è passato, la politica si è appassionata nuovamente al tema, industrie importanti come Ansaldo sono impegnate in programmi sperimentali. Ma gli scienziati italiani si confermano tra i più fecondi negli studi.

Un’analisi di Elsevier, uno dei più importanti editori scientifici, ha appena confermato che lItalia è in prima linea per per quantità di dati raccolti ed elaborati e per numero di pubblicazioni scientifiche. Dal 2016 ad oggi sono state diffuse più di 2.600 pubblicazioni provenienti da centri e istituti specializzati come segnale di un interesse accademico mai abbandonato. Il valore di un’energia senza emissioni dopo essere entrata nei piani dell’Ue è ancora molto divisivo soprattutto per il funzionamento di vecchi reattori e delle scorie prodotte. Una parte del mondo scientifico si batte per la sperimentazione rapida di piccoli impianti da dimensionare in bacini di utenza delimitati. Non manca nemmeno chi indica nei vecchi siti “ripuliti” i luoghi più adatti a installare impianti a fusione. Un’altra ipotesi da coltivare.

Commenta