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Monti deve accelerare subito sulla crescita: più tagli ma meno tasse sulle imprese e sul lavoro

La crescita è il punto dolente della manovra economica ma per prima cosa serviva mettere i conti pubblici in sicurezza – Adesso occorre una discesa dei tassi e una terapia d’urto fatta di maggiori tagli alla spesa pubblica (compresi i sussidi alle imprese) e di una vera e propria svalutazione fiscale basata sulla riduzione delle tasse su aziende e lavoratori

Monti deve accelerare subito sulla crescita: più tagli ma meno tasse sulle imprese e sul lavoro

L’amarissima medicina di Monti ha gettato nello sconforto tanti italiani: tutti si lamentano delle troppe tasse,molti ritengono che manchi una sufficiente equità nella distribuzione dei sacrifici,altri ancora lamentano che non si sono adeguate misure per riprendere un cammino di sviluppo. Insomma, ci si chiede, abbiamo toccato il fondo e possiamo sperare di rivedere quanto prima un po’ di luce?

Ad aumentare il pessimismo c’è da un lato la sordità della signora Merkel di fronte alla necessità di bilanciare la politica del rigore con misure espansive,e dall’altro i dati che cominciano ad arrivare dai vari centri studi sulla recessione in cui siamo piombati.

Proprio oggi la Confindustria ha previsto una caduta del PIL nel 2012 dell’1,6% un aumento della disoccupazione,ed una pressione fiscale destinata a salire al 54%. Ad aumentare la confusione ci sono poi le sparate demagogiche dei vari estremismi di destra e di sinistra e cioè le gazzarre della Lega che cerca di far dimenticare che è stato proprio il Governo di cui faceva parte a spingerci sull’orlo del baratro, ed il movimentismo di Di Pietro e della Fiom che rifiutano di discutere qualsiasi misura volta ad incrementare la produttività.

Certo anche la manovra di Monti non è esente da difetti e lacune che occorre esaminare senza pregiudizi. Per farlo bisogna esaminare bene le ragioni di fondo delle scelte del Governo e quindi capire come si può passare rapidamente ad una seconda fase, capace di vincere la recessione e ridare ragionevoli prospettive di lavoro e di reddito agli italiani. Il Governo ha dovuto agire sulle tasse perché si era vicini al punto di rottura superato il quale non avremmo più potuto collocare i nostri Bot sul mercato.

Manovre basate soprattutto sui tagli non sono infatti credibili dato che gli investitori sanno bene che dopo oltre 10 anni di manovre di tagli più o meno lineari la spesa pubblica ha continuato tranquillamente a salire raggiungendo gli 800 miliardi di Euro, oltre il 50% del Pil. Avendo perso completamente credibilità era quindi necessario adottare misure certe. E le tasse danno un gettito stimabile con buona approssimazione.

L’obiettivo di Monti era quindi quello di evitare il “fallimento”dello Stato ed ottenere entro un ragionevole tasso di tempo, una discesa dei tassi d’interesse verso livelli più simili a quelli degli altri paesi europei. Conforta che il direttore generale della Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni abbia manifestato un ragionevole ottimismo sulla possibilità di raggiungere un tale risultato. Del resto se non si otterrà una discesa dei tassi, nessuna manovra di rilancio dell’economia potrà avere successo.

Molti però dicono che nella manovra mancano riforme strutturali, che sulle liberalizzazioni si è fatto troppo poco,che i tagli alla politica sono appena accennati,che gli stimoli alla crescita sono largamente insufficienti e che anzi rischiamo di avvitarci in una spirale recessiva che renderà vani anche i sacrifici che ora siamo chiamati a fare per riportare in pareggio il bilancio pubblico. Non si tratta di rilievi infondati. E queste sono appunto le misure che dovranno far parte della seconda fase che dovrà essere pronta già a gennaio.

Ma per evitare di non colpire il bersaglio della ripresa dell’economia bisogna analizzare bene i motivi di fondo che hanno finora chiuso il nostro sistema economico in una gabbia soffocante. Il primo è senza dubbio l’eccesso dei costi non solo della politica, ma dello Stato e della burocrazia, che porta il sistema pubblico ad intermediare una massa enorme di risorse con sprechi e clientelismo di un tale livello da distorcere il funzionamento del mercato e le valutazioni di merito dei singoli. Bisogna quindi procedere con robusti tagli alla spesa pubblica, eliminare i sussidi distribuiti a pioggia ai tanti parassiti che ruotano intorno al potere politico.

Si può cominciare da quelli per lo più inutili dati alle imprese private,per arrivare alle aziende municipali o regionali che forniscono servizi a prezzi esorbitanti perchè spesso sono luoghi in cui si sistemano le clientele o sono fonte di affari poco trasparenti ( per non dire di peggio). E’ impossibile pensare che su una massa di 800 miliardi di spesa non si possano tagliare subito, senza troppi studi aggiuntivi, 20 o 30 miliardi. Si tratta di una somma più che sufficiente per ridurre le tasse sui lavoratori e sulle imprese in misura significativa e comunque tale a far recuperare alle nostre aziende un pò della competitività persa negli ultimi anni e quindi rimettere in moto la macchina degli investimenti e delle assunzioni.

E’ stato calcolato che questa manovra consentirebbe da sola di recuperare almeno mezzo punto di PIL,in quanto equivale ad una svalutazione effettuata per via fiscale invece che con la variazione del tasso di cambio,come si faceva quando c’era la lira. Ed anche l’eventuale aumento dell’Iva, pur avendo effetti negativi sull’inflazione, se usato per ridurre le tasse sulle persone e sulle imprese aiuterebbe il nostro export e frenerebbe le importazioni.

Se a questo si aggiungono la riforma del mercato del lavoro che, oltre a risolvere urgenti problemi di equità nei confronti dei giovani e delle categorie non protette, stimolerebbe rilevanti incrementi di produttività,ed una seria politica di gestione delle infrastrutture, allora il pacchetto di stimoli alla crescita sarebbe robusto e sufficiente a risvegliare la voglia di intraprendere degli italiani e la loro fantasia creativa.

Mario Monti sicuramente ricorda di aver inventato negli anni settanta l’espressione “banchiere occulto” per indicare l’effetto di spiazzamento che le emissioni di titoli pubblici avevano sul mercato dei capitali disponibili per gli investimenti dei privati. Oggi sono cambiate tante cose ma il problema è analogo: ci troviamo di fronte ad uno spiazzamento operato dalla finanza pubblica nei confronti del settore privato assai più ampio perchè riguarda non solo i flussi finanziari, ma anche la professionalità delle persone, la possibilità di intraprendere senza essere cliente di questo o quel boss politico,l’impossibilità di liberarsi dalla fitta ragnatela di connivenze e corporativismi. E l’unico modo per riformare la politica facendola uscire dagli affari o dalla difesa di interessi particolari,sta nel ridurre il suo potere di intermediare enormi masse di risorse.

Siamo in una situazione internazionale di estrema incertezza. Molti, a cominciare dagli inglesi, scommettono contro la salvezza dell’Euro. Ma per l’Italia non c’è alternativa: dobbiamo recuperare competitività perché così saremo più garantiti qualsiasi cosa dovesse succedere in Europa. E per farlo non c’è che una via: tagliare la spesa pubblica in maniera spietata e ridurre le tasse su lavoratori ed imprese,operando così una vera e propria svalutazione per via fiscale.

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