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Micossi – Crescita, debito e più poteri alla Bce: le soluzioni da discutere al summit europeo

Riconciliare l’austerità con la crescita, affrontare il debito in eccesso e garantire alla Bce maggiori libertà per fare fronte agli shock di liquidità – Questo il pacchetto di proposte suggerito da Stefano Micossi, membro del Cda del think-thank europeo Ceps, per riportare la fiducia e le normali condizioni sui mercati finanziari.

Micossi – Crescita, debito e più poteri alla Bce: le soluzioni da discutere al summit europeo

Non è una missione impossibile. Al vertice dei leader europei, che avrà luogo giovedì 28 e venerdì 29 giugno, le autorità della zona euro devono trovare delle soluzioni concrete per affronare la crisi del debito che ormai da oltre un anno sta attraversando il Vecchio continente, e non solo. Stefano Micossi, Direttore Generale di Assonime e membro del Consiglio di amministrazione del Ceps (Center for European Policy Studies) ha analizzato la situazione e ha proposto al Consiglio europeo queste soluzioni per fare fronte alla crisi. Le riproponiamo in sintesi.  

PUNTARE ALLA CRESCITA – La draconiana applicazione di misure di austerità, che ha avuto un effetto recessivo in gran parte inatteso, sta facendo affondare tutta la zona Euro. Molti Paesi stanno perdendo le proprie posizioni competitve in rapporto alla Germania e questo è fonte di pressioni inflazionistiche nella regione. E’ arrivato dunque il momento di cambiare strategia, e per tornare a crescere il prima possibile bisgona: implementare il mercato interno nei settori dell’energia, trasporti e comunicazioni (banda larga); mobilizzare tutti i fondi a livello comunitario per dare supporto a tali investimenti; chiarire e annunciare che i deficit di bilancio dovuti a un rallentamento dell’economia maggiore delle attese non devono essere compensati da ulteriori restrizioni fiscali, come è già sostenuto nel nuovo Growth Pact; infine per quanto riguarda i casi di Grecia e Spagna, il Consiglio europeo dovrebbe allentare gli obiettivi di bilancio, impossibili da realizzare nelle loro condizioni. E’ inevitabile che una parte maggiore dell’aggiustamento ricada sulla Germania. La maggiore economia della zona Euro deve operare una rivalutazione interna, un maggiore stimolo della domanda domestica e liberalizzazioni più aggressive del sistema bancario e dei servizi di rete. 

SUPPORTO DELLA BCE – La Banca centrale europea deve assolutamente iniziare ad assumere un ruolo più attivo. Innanzitutto per l’attività economica e l’export europeo una svalutazione dell’euro nei confronti del dollaro intorno all’1,10 sarebbe un’ottima notizia, mentre l’inflazione si avvicina al target del 2% e ci si aspetta che scenderà sotto quel limite alla fine dell’anno. Inoltre la Bce deve tagliare ulteriormente i tassi di interesse (fino a zero) e iniziare un quantitative easing attraverso l’acquisto di titoli sovrani a lungo termine: questa operazione consentirebbe di ridurre gli spread e calmerebbe le tensioni sui mercati finanziari. 

RISTRUTTURAZIONE BANCARIA E UNIONE BANCARIA – La spirale negativa innescata dall’aumento dei debiti sovrani e dalla crisi bancaria è stata aggravata dalla decisione di ripagare tutti i creditori e di spostare il peso dei pacchetti di salvataggio sui bilanci pubblici. Infatti, utilizzare il Fondo di Stabilità Finananziaria (Efsf) – 200 miliardi di euro di fondi residui – per iniettare direttamente capitali alle banche in crisi, come Bankia, sarebbe stata un’alternativa più efficace: avrebbe evitato che la crisi di insolvenza bancaria si ripercuotesse sui governi e avrebbe riportato la fiducia sui mercati. E’ innegabile inoltre che l’utilizzo dell’Efsf avrebbe evitato la nascita di una nuova classe di creditori primari nei confronti del Tesoro spagnolo, che porterà inevitabilemente a una fuga dei creditori secondari verso assets più sicuri. Ma per andare verso l’unione bancaria sono necessarie altri due requisiti: che le condizioni richieste alle banche siano negoziate direttamente con l’Efsf, con l’assistenza della Bce; e che gli azionisti e i creditori delle banche che richiedono aiuto si assumino la loro parte di perdita. 

CONTROLLARE IL DEBITO IN ECCESSO – I rapporti debito/Pil e deficit/Pil della zona Euro non sono così diversi da quelli degli altri paesi avanzati. Nonostante questo però l’Ue è vittima di una profonda sfiducia da parte dei mercati. Come ha già scritto De Grauwe, le radici di questo pessimistmo stanno nelle difettose istituzioni dell’unione monetaria. Sono tre le principali debolezze emerse dal quando è scoppiata la crisi in Grecia: 1) Non esiste un effettivo sistema di sicurezza per le politiche di bilancio divergenti nei Paesi 2) La sola politica monetaria ha portato bassi tassi di interesse reali nei paesi con alta inflazione e alti interessi nei Paesi con bassa inflazione incentivando nei primi l’aumento dei deficit e la crescita del credito privato, nei secondi un calo degli investimenti. 3) La mancata connessione tra poteri monetari (centralizzati) e fiscali (decentralizzai) ha creato un vacuum de facto che ha impedito il necessario sfruttamento degli strumenti monetari per contrastare gli shock finanziari. Questi tre problemi devono essere gestiti e risolti simultaneamente. 

La storia mostra che affinché un’unione monetaria funzioni c’è bisogno di una mutualizzazione dei debiti e di una centralizzazione della tassazione in grado di fortificare la banca centrale in caso di grandi shock finanziari; di un obbligo effettivo per equilibrare i bilanci pubblici e una legge no-bailout che limiti i livelli sub-federali di governo; e di una banca centrale libera di operare per fare fronte a shock di liquidità e fiducia. Ma questo si potrà raggiungere solo in un contesto di unione federale

COSA FARE MENTRE SI ASPETTA L’UNIONE POLITICA – Nell’attesa di un’effetiva unione federale, il Consiglio europeo deve mettere insieme soluzioni intermedie capaci di frenare la crisi e riportare la fiducia, di creare un ponte per raggiungere l’obiettivo ultimo. In definitiva la Banca centrale europea deve iniziare a operare: quando si supera il punto di non ritorno non ci sono molte alternative se non intervenire per frenare il contagio. Tuttavia i compiti della Bce sarebbero confusi ed esposti a rischi enormi se gli stati membri non potranno contare su un accordo solido per affrontare il tema dell’eccessivo accumulo di debiti sovrani. La ratifica e l’implementazione del Fiscal Compact è quindi una componente essenziale per ricostruire una fiducia reciproca all’interno della zona Euro, e deve essere messa in atto con la maggiore urgenza e priorità.

Infine è assolutamente necessario un qualche tipo di mutualizzazione dei debiti sovrani. Questo per due ragioni: innanzitutto c’è un bisogno urgente di ridurre gli spread che stanno portando a un’instabilità dinamica pericolosa; inoltre il supporto politico per questo doloroso e prottatto programma di aggiustamento non può sopravvivere senza segnali più forti che i sacrifici porteranno i loro frutti.

MUTUALIZZAZIONE PARZIALE DEI DEBITI – La brutta notizia è che bisogna convincere i contrinbuenti tedeschi che non si chiede loro di compensare debiti altrui. Quella buona è che la proposta per un fondo di redenzione dei debiti (European Redemption Fund) esiste ed è stata avanzata proprio in terra tedesca, dal Consiglio di esperti economici della Cancelliera Merkel. L’idea è semplice. La zona Euro sta vivendo una situazione particolare, temporanea: non c’è bisogno di una mutualizzazione del debito ora e per sempre. Basterebbe un accordo unico ed eccezionale per ridare ai governi il controllo dei loro destini. La proposta prevede di mettere nel fondo di redenzione tutti i debiti sovrani in eccesso del 60% del Pil (il debito delle nazioni che hanno chiesto gli aiuti rimarrebbero escluse). Il “fondo mutuo” dei bond dell’Eurozona emetterebbe obbligazioni a 25 anni garantite in comune da tutti i membri dell’Eurozona. Dal momento che il debito europeo non è, in linea di massima, un problema, togliere l’incertezza del default, grazie alla garanzia comune, potrebbe portare a un immediato sollievo per i tassi di interesse dei paesi più indebitati. Ogni membro continuerebbe a pagare il proprio debito, pro-quota, fino al completamento della redenzione. Dopo 25 anni tutti i debiti sarebbero ripagati e nel frattempo i Paesi si saranno impegnati a raggiungere un rapporto debito/pil uguale o inferirore al 60%. In questo modo da un lato la Germania si caricherebbe di parte dei rischi dei debiti dei paesi periferici ma dall’altro sarebbe sicura di non dover pagare lei i debiti degli altri. Il fondo sarebbe uno strumento temporaneo e con il passare del tempo, andando verso l’unione federale, questi titoli potrebbero essere sostituiti direttamente con gli Eurobond della federazione. 

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