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Mediobanca: Non corriamo più dietro ai vari Ligresti. Ma la Borsa non gradisce il piano

E’ il messaggio oggi lanciato da Mediobanca, che ha presentato il suo piano – L’obiettivo: “Meno holding più banca” – E cedere molte partecipazioni (da Rcs a Pirelli) – Ma su Generali, per la vendita del 3% c’è tempo – Nagel: “Mediobanca non ha bisogno di un aumento di capitale” – Piazza Affari non gradisce: il titolo crolla (ma “aveva sovraperformato”)

Mediobanca: Non corriamo più dietro ai vari Ligresti. Ma la Borsa non gradisce il piano

Alcuni analisti lo hanno giudicato troppo ambizioso. E il mercato ha picchiato duro sul titolo (-9,42% dopo una sospensione). “Abbiamo preso a riferimento le stime di Fmi e altri organismi, per noi è sostenibile, vuol dire riportarci su una dimensione in cui eravamo già due anni fa”, assicura il management di Mediobanca. Diamo tempo per digerire i numeri agli analisti, ha aggiunto l’ad Alberto Nagel ricordando che il titolo aveva ”molto sovraperformato” nelle ultime due settimane”. Oggi c’è stata una reazione sell on news e buy on expectation”, ha detto. D’altra parte, il mercato, e le posizioni speculative, aveva avuto modo di prendere posizione già da inizio settimana con le anticipazioni del piano circolate sulla stampa.

E il piano che è stato presentato oggi nelle salette di Piazzetta Cuccia ha sostanzialmente confermato la nuova direzione intrapresa di “meno holding e più banca”. Mediobanca infatti ridurrà l’esposizione al comparto azionario per 2 miliardi liberandosi di buona parte delle sue partecipazioni (da Rcs a Telco e Pirelli ad eccezione di Generali di cui verrà ceduto il 3%) che finiranno tra i “titoli disponibili alla vendita”, venendo così avviate alla cessione (da fare nel corso del piano). Un’operazione che comporterà svalutazioni nette per 400 milioni e che porterà a chiudere l’esercizio 2012-2013 a fine giugno con una perdita di circa 200 milioni. Infatti, di tutte le partecipazioni in quotate solo Pirelli genera una plusvalenza. ”Vogliamo recuperare piena disponibilità delle partecipazioni in tempi rapidi” e ”lasceremo i patti di sindacato” ma ”l’uscita verrà concordata con gli altri azionisti”, ha precisato Nagel. Dalle cessioni Mediobanca raccoglierà complessivamente 1,5 miliardi di euro. Le risorse che, insieme a quelle derivanti dall’ottimizzazione degli attivi, verranno utilizzate per sviluppare l’attività bancaria. Con una precisa filosofia in tutte varie attività: rimanere una casa di sartoria che dà soluzioni su misura, focalizzandosi su business bancari specializzati (con le divisioni Cib, Retail e Wealth management) e facendo emergere quelle attività bancarie dove le competenze umane e l’innovazione tecnologia sono i driver principali. E una strategia ben chiara: focalizzarsi sulla crescita, sulla redditività e su maggiore disciplina nell’allocazione del capitale. Con focus sull’estero, soprattutto per la divisione Cib, in Paesi come Messico e Cina. Possibili “piccole acquisizioni”, nel private banking e in particolare in Svizzera. E la nascita della Maan, la piattaforma Mediobanca alternative asset management dedicata ai clienti corporate (che peserà per il 15% dei ricavi del gruppo al quinto anno, stima non inclusa nei numeri del piano).

I principali obiettivi finanziari al 2016 sono così un Roe del 10-11%, un core tier 1 (Basilea3) all’11-12%, con pay out del 40%, ricavi bancari a 2,1 miliardi (Cagr del 10%) e un costo del rischio a 150 pounti base.

D’altra parte, non c’è più tempo né voglia di “correre dietro ai vari Ligresti”, dicono fonti interne alla banca (Nagel era stato sentito dai magistrati tempo fa sul caso del famoso papello legato al salvataggio di Fonsai da parte di Unipol). E ha confermato lo stesso Nagel: “Essere associati a partecipazioni di minoranza vuol dire distrarre il management e il brand della banca dal business core”. Allo stesso tempo, ridurre l’equity vuol dire ridurre la volatilità dei risultati su cui ha inciso negativamente negli ultimi anni la svalutazione dell’equity”.

Capitolo diverso per Generali, la cui partecipazione verrà ridotta dal 13% al 10%, operazione messa in campo per soddisfare i requisiti di capitale richiesti da Basilea 3. Ma che oggi verrà portata avanti in un contesto e prospettive diverse. Alla luce di un regime temporaneo agevolato per i prossimi dieci anni (sono in corso i colloqui con Bankitalia ma Mediobanca è fiduciosa di un esito positivo), l’impatto in termini di punti percentuali del 3% di Generali sugli indici di solidità patrimoniale potrà ridursi notevolmente (da 400 punti base a 130,), mettendo la banca nelle condizioni di non essere più “costretta” alla cessione subito. Cessione che comunque il management ha deciso di portare avanti nell’ottica di un cambiamento di pelle e per trovarsi pronta all’appuntamento fra dieci anni quando basilea 3, se confermata nell’asseto attuale, non consentirà più tale agevolazione. Il risultato è che si può evitare di correre. Rischiando di dover svendere. Mentre all’orizzonte per il leone spunta l’ipotesi Fondo sovrano (Swf). “La vendita del 3% di Generali da parte di Mediobanca non è detto che possa essere per forza sul mercato. Non lo dico perche’ c’è una ipotesi ma trovare un partner per aiutare lo sviluppo del Leone di Trieste in alcune aree geografiche e che sostenga la governance potrebbe rientrare nella funzione di’appoggio che comunque Mediobanca vuole dare alla vendita della quota”, ha detto Nagel, ad di PiazzettaCuccia. Che a una domanda se l’acquirente della quota possa essere Cassa depositi e prestiti ha replicato che ‘il Fondo strategico ha una partecipazione e prevede di cederla. Io avevo in mente di più un fondo sovrano o una entità istituzionale di un’area ad alta crescita, come asiatica”. Inoltre, la vendita della quota dovrà attendere una nuova valutazione del titolo che “si avrà quando il piano proposto dal management” del leone sarà “più avanzato”.

Inoltre Nagel ha ribadito che “Mediobanca non ha fatto un aumento di capitale dal 1998 e non ne ha bisogno” mentre per capire se e come sarà il dividendo bisognerà attendere settembre a seconda degli indici di capitale e dell’orientamento del consiglio. Inoltre, a parte Fondiaria costretta dall’Antitrust, Nagel ha riferito di non aver indicazioni di azionisti che vogliono uscire dal Patto di Sindacato.

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