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“Marchionne lo straniero”, in un libro la sua vera rivoluzione

“Marchionne lo straniero” è il titolo del nuovo libro di Paolo Bricco, firma de “Il Sole 24 Ore”, che ricostruisce con intelligenza e con una ricca documentazione l’appassionante storia di un manager ineguagliabile per vision, coraggio e innovazione che l’Italia non ha mai del tutto capito ma che resterà nella memoria collettiva per sempre

“Marchionne lo straniero”, in un libro la sua vera rivoluzione

“Esiste un mondo in cui le persone non lasciano che le cose accadano. Le fanno accadere”. E ancora: “Il vero valore di un leader non si misura da quello che ha ottenuto durante la carriera ma da quello che ha dato. Non si misura dai risulti che raggiunge, ma da ciò che è in grado di lasciare dopo di sé”. Queste due frasi di Sergio Marchionne illuminano meglio di altre la filosofia rivoluzionaria di Sergio Marchionne, un manager ineguagliabile che rimpiangeremo per sempre e che, non a caso, corredano la copertina di “Marchionne lo straniero”, l’impegnativo e quanto mai opportuno libro, appena uscito in libreria per le edizioni Rizzoli, di Paolo Bricco, inviato ed editorialista de “Il Sole 24 Ore” e uno dei più brillanti giornalisti della generazione dei quarantenni.

Il pamphlet di Bricco (298 pagine, 15 euro) non è un improvvisato instant book dell’ultima ora ma il frutto di un meticoloso lavoro di documentazione, di ricerca e di intelligente interpretazione dell’opera di Marchionne, il figlio del carabiniere abruzzese emigrato da bambino in Canada e l’uomo che ha preso in mano le sorti della Fiat quando, nel 2004, era tecnicamente fallita e l’ha condotta al vittorioso acquisto di un’altra nobile decaduta, la Chrysler, costruendo il settimo gruppo automobilistico del mondo.

Ma perché, come recita il titolo, “Marchionne lo straniero”? Non perché fosse mezzo italiano e mezzo canadese ma perché era un manager rivoluzionario, con una vision incredibile e una carica innovativa e un coraggio impressionanti ma anche con una sensibilità umana che andava al di là dell’inevitabile determinazione del manager che voleva a tutti i costi raggiungere la salvezza e il rilancio dell’azienda per la quale era capace di lavorare senza sosta 20 ore su 24. Ma “Marchionne lo straniero” anche perché l’Italia – non solo gran parte dei sindacati ma lo stesso establishment, a partire dalla Confindustria – non l’ha mai veramente amato perché non l’ha mai realmente capito e forse solo dopo la sua recente scomparsa avrà modo di riflettere sulla effettiva portata non solo delle idee ma dei fatti realizzati dall’ineguagliabile manager in maglione.

Quella di Marchionne non fu solo una rivoluzione industriale e finanziaria ma, prima di tutto, culturale e politica che il libro di Bricco ci aiuta a conoscere e a comprendere fino in fondo attraverso un viaggio che parte dalle rovine che Marchionne trovò al suo arrivo in Fiat e che, analizzando tutti i passaggi più significativi di una storia irripetibile, arriva alle ultime uscite pubbliche del manager, soprattutto a quella della presentazione del nuovo piano strategico di Fca al Balocco del primo giugno scorso quando, avendo vinto la scommessa dell’azzeramento dei debiti del gruppo, si rimette la cravatta, “che però quasi non si vede” ma “si vede invece che ha l’aria stanca” di chi ha dato tutto per la sua missione e non ha più il tempo e la forza di vivere.

Leggi anche “Marchionne, un rivoluzionario che l’Italia non ha voluto capire“, di Ernesto Auci.

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