Condividi

Manovra: senza Flat tax, reddito di cittadinanza e pensioni costa già 22 miliardi

Vertice di governo a Palazzo Chigi in vista della nuova manovra di finanza pubblica – Tria rassicura i mercati: “Accordo su avvio flat tax e reddito di cittadinanza in un quadro di compatibilità”. Ma trovare i fondi sarà un vero rebus per il Tesoro: fra rallentamento della crescita, risalita dello spread e clausole di salvaguardia

Manovra: senza Flat tax, reddito di cittadinanza e pensioni costa già 22 miliardi

Reddito di cittadinanza, flat tax, riforma delle pensioni anti-Fornero. Quanto spazio ci sarà nella prossima legge di bilancio per i tre pilastri del contratto giallo-verde? Poco, a giudicare dai numeri con cui i tecnici del Tesoro devono fare i conti.

Completata la squadra di Via XX Settembre con la nomina di Alessandro Rivera alla direzione generale e la conferma di Daniele Franco al vertice della Ragioneria, il ministero dell’Economia deve già stringere i tempi sul Def. La nota d’aggiornamento va presentata entro il 20 settembre, e non sarà semplice.

Il problema è che rispetto all’inizio della primavera – quando il governo Gentiloni aveva presentato un Documento di economia e finanza fatto solo di numeri e privo d’impegni politici – la situazione è peggiorata.

LA CRESCITA RALLENTA

Innanzitutto, la crescita italiana ha rallentato e le stime per l’anno prossimo sono state riviste al ribasso. Nel Def di marzo c’era scritto che nel 2019 il Pil italiano sarebbe cresciuto dell’1,4%, mentre ora le previsioni oscillano fra il +1% calcolato dal Fmi e il +1,1% che mette d’accordo Ocse, Commissione europea e Ufficio parlamentare di Bilancio.

La frenata dell’economia determina un calo delle entrate fiscali e quindi, a meno di correttivi, un aumento del deficit. Secondo i calcoli del Tesoro, nello scenario migliore – tre decimi di crescita in meno rispetto alle previsioni– il rallentamento peserà sulle casse dello Stato per circa due miliardi e mezzo.

LO SPREAD RISALE

Poi ci sono gli interessi sul debito pubblico. All’epoca del Def gentiloniano, lo spread galleggiava intorno ai 120 punti base. Oggi è oltre quota 230, quasi il doppio. Un’impennata che costerà cara: secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di bilancio, 100 punti in più possono valere fra i 3,6 e i 4,5 miliardi di spesa aggiuntiva per interessi.

LA MINACCIA DELL’IVA

Dopo di che bisogna mettere in conto le clausole di salvaguardia sull’Iva e le spese indifferibili. Solo per evitare che dal primo gennaio 2019 aumenti l’imposta sul valore aggiunto (l’aliquota ridotta salirebbe dal 10 all’11,5%, mentre quella ordinaria passerebbe dal 22 al 24,2%), l’Italia dovrà stanziare nella prossima manovra 12,4 miliardi.

LE SPESE INDIFFERIBILI

Quanto alle spese obbligatorie – tra cui il rifinanziamento delle missioni all’estero – il conto per l’anno prossimo dovrebbe attestarsi ad almeno 3,5 miliardi.

I 22 MILIARDI E IL PROBLEMA DEL DEFICIT

Ricapitoliamo:

  • 2,5 miliardi per la mancata crescita;
  • 4 miliardi per le spese aggiuntive sugli interessi del debito pubblico;
  • 12,4 miliardi per disinnescare l’aumento dell’Iva;
  • 3,5 miliardi per le spese indifferibili.

Calcolatrice alla mano, di base la prossima manovra costa già quasi 22 miliardi e mezzo, pari a 1,2 punti di Pil. Se questa somma fosse finanziata interamente in deficit, l’anno prossimo l’indebitamento delle amministrazioni pubbliche salirebbe al 2% del Pil, mentre il nostro Paese si è impegnato a non sforare lo 0,8%. Il ministro del Tesoro, Giovanni Tria, ha già spiegato che sono in corso trattative con Bruxelles per rivedere l’obiettivo del deficit italiano 2019, ma un surplus di flessibilità pari all’1,2% appare del tutto inverosimile.

È vero che, con ogni probabilità, la legge di Bilancio conterrà tagli di spesa e misure anti-evasione per ridurre il più possibile l’impatto sul deficit. Ma occorre sottolineare che quella somma di oltre 22 miliardi – già il valore di una manovra intera – non comprende nessuna delle misure previste nel contratto di governo: né la flat tax, né il reddito di cittadinanza, né la riforma delle pensioni anti-Fornero.

FLAT TAX, REDDITO DI CITTADINANZA E RIFORMA DELLE PENSIONI

La tassa piatta, nella versione originaria concepita dai leghisti, costerebbe fra i 40 e i 50 miliardi, mentre il nuovo sussidio targato M5S richiederebbe 17 miliardi per entrare a regime. Sui costi della contro-riforma previdenziale, invece, regna l’incertezza più assoluta: nel contratto gialloverde si parla di cinque miliardi, ma secondo Tito Boeri, presidente dell’Inps, “il superamento della riforma Fornero attraverso quota 100 tra età e contributi o con 41 anni di contributi a qualunque età avrebbe un costo immediato di 15 miliardi e a regime di 20 miliardi l’anno”. Chiunque abbia ragione, trovare questi soldi sarà il vero rebus d’autunno.

[smiling_video id=”61123″]

[/smiling_video]

IL VERTICE A PALAZZO CHIGI

Proprio oggi, a Palazzo Chigi, si tiene un vertice di governo sui contenuti della prossima manovra. Intorno al tavolo, oltre al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro del Tesoro Giovanni Tria, i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini e i ministri degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e degli Affari Ue Paolo Savona. Partecipa anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gian Carlo Giorgetti.

“La manovra – ha detto Salvini a Sky TG24 – non conterrà subito tutte le misure previste, ma ci saranno i primi passi in direzione della flat tax e di una riforma radicale del sistema previdenziale”.

Aggiornato alle 9:21 di sabato 4 agosto 2018

Commenta