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Lo scandalo Murdoch riguarda tutti: troppe le distorsioni dei media in un mondo senza principi

di Giulio Sapelli* – Il caso Murdoch investe l’impero dello Squalo, Scotland Yard e l’establishment inglese, ma chiama in causa tutti noi perchè in un mondo dominato dalla veduta corta i principi etici finiscono nel dimenticatoio e il disastro è sotto gli occhi di tutti

Lo scandalo Murdoch riguarda tutti: troppe le distorsioni dei media in un mondo senza principi

Tempi duri per la Corporate Social Responsability. Dopo i fallimenti dell’ autoregolazione del mercato e dei manager finanziari ed industriali che ci colpiscono da tutte la parti, anche dall’inner circle dei media giungono notizie preoccupanti. Uno dei più antichi giornali del mondo, fondato 168 anni or sono e che vendeva ogni sabato ben 2,7 milioni di copie (due volte tanto, si fa per dire, le copie del Sunday New York Times!), è stato chiuso dal suo leggendario proprietario, il signor Rupert Murdoch, perché travolto da uno scandalo raccapricciante.

I giornalisti intercettavano migliaia di persone e di famiglie, di ogni censo e di ogni responsabilità sociale e politica, per trarne degli scoop scandalistici senza indietreggiare dinanzi a nulla, anche ai rapimenti di minori, provocando ogni sorta di lesioni alla deontologia professionale e alle vittime delle suddette intercettazioni, cosa assai più grave umanamente. Non solo la famosa polizia inglese, la mitica Scotland Yard, il cui capo è stato costretto a dimettersi sull’onda dello scandalo per aver accettato una vacanza in regalo dal gruppo Murdoch, ma anche il partito Conservatore nei suoi più alti vertici e una parte della classe dominante britannica è stata in qualche qual modo coinvolta e investita dallo scandalo.

Murdoch ha agito magistralmente, occorre riconoscerlo: ha ammesso le colpe dei suoi collaboratori e ha chiuso il giornale non fermandosi dinanzi al calcolo economico e ha nominato ai vertici delle sue società un manager di grande livello, che noi in Italia conosciamo bene per il suo ruolo dinamico e integerrimo che ha consentito di spezzare l’oligopolio dell’informazione in un Paese come il nostro. Rimane la lezione da trarre e per farlo occorre porsi le domande che sino a ora non ho visto formulare da nessun giornale né in Italia né all’ estero: qual era la politica di reclutmento di codesti giornalisti? Come venivano retribuiti e incentivati? Come si procedeva alla selezione delle notizie?

Si comincia invece a far luce sulla macchina delle complicità esterne ed istituzionali e possiamo star certi – perdonate la mia anglofilia – che la giustizia e l’opinione pubblica inglese ancora non devastata dal nichilismo e dalla stupidità avranno un moto di riscatto e faranno luce su questo scandalo. La lezione da trarre è che lo short – termismo che pone al centro l’arricchimento senza morale alcuna è una sorta di antropologia dell’ essere sociale molto più complesso della sua ben conosciuta forma economica.

Guadagnare di più vendendo copie avvelenate, avvelenando la stessa opinione pubblica, è un peccato mortale anche per i non credenti, ossia è un vulnus al vivere civile che sta ora raggiungendo i livelli di guardia. Dico sempre che la crisi economica mondiale è un derivato (guardaun po’) della crisi morale che ha colpito coloro che hanno in mano le sorti delle economie e dell’opinione pubblica delle nazioni. Lo scandalo di News of the World è una terribile conferma di questa tesi.

*Ordinario di storia economica all’Università statale di Milano

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