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L’Italia è seconda al mondo per efficienza energetica ma come sfrutteremo questa opportunità?

EDITORIALE DELLA RIVISTA MANAGEMENT DELLE UTILITIES – L’American Council for an Energy-Efficient Economy ha diffuso nel luglio del 2014 la seconda edizione della International Energy Efficiency Scorecard: l’Italia si classifica al secondo posto tra le 16 economie più sviluppate al mondo con un distacco assai modesto dalla Germania in testa alla classifica

L’Italia è seconda al mondo per efficienza energetica ma come sfrutteremo questa opportunità?

L’American Council for an Energy-Efficient Economy (ACEEE) nel luglio del 2014 ha diffuso la seconda edizione della International Energy Efficiency Scorecard: l’Italia si classifica al secondo posto tra le 16 economie più sviluppate al mondo tra l’altro con un distacco assai modesto dalla Germania in testa alla classifica. Si veda al proposito la Figura 1 che riassume il rapporto in esame: le 16 economie in questione coprono più dell’81% del prodotto interno lordo mondiale e circa il 71% del consumo mondiale di elettricità. Con una metodologia convincente, gli studiosi hanno esaminato 31 parametri, divisi a metà tra le politiche e le performance, per valutare quanto efficacemente queste economie utilizzano energia. Le metriche di politica sono rilevate in base alla presenza – in un paese o in una regione – di best practice: esempi includono la definizione di obiettivi nazionali di risparmio energetico, di standard di economia di combustibile per i veicoli, di standard di efficienza energetica per gli elettrodomestici. I parametri di rendimento misurano il consumo di energia: ad esempio, km medi al litro dei veicoli stradali passeggeri o energia consumata per metro quadrato di superficie negli edifici residenziali. L’analisi si sviluppa nei tre settori principali responsabili del consumo di energia nei paesi economicamente sviluppati: costruzioni, industria e trasporti.

Lo studio ha avuto un’ampia eco a livello globale. Noi stessi siamo stati contattati da interlocutori internazionali interessati a capire meglio come nel nostro Paese si sia operato per raggiungere questi obiettivi, quali siano le regole e le legislazioni adottate, e via dicendo. Ben venga, dunque, un numero della Rivista ove ampio spazio è dedicato ai temi della efficienza energetica (EE).

Al proposito, desidero sottolineare il primo rapporto CESEF, la Research Unit sull’efficienza da noi da poco attivata, che esamina in una prospettiva innovativa i temi in esame, e la cui sintesi è riportata nelle pagine seguenti unitamente ad una serie di proposte per sviluppare o migliorare il sistema (vedi anche: www.agici.it/efficienza-energetica). I principali risultati dello studio verranno presentati in un evento ad hoc che si terrà il 7 ottobre a Milano alla presenza tra gli altri del Viceministro dello Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, e del presidente dell’AEEGSI, Guido Bortoni.  La prospettiva da cui si pone il CESEF è industriale e finanziaria e non può prescindere da una lettura globale del fenomeno; va anche sottolineato che il comparto dell’EE ha notevoli profili di complessità e di articolazione rendendo spesso difficile tracciarne dei chiari confini; perciò il CESEF propone anche una sistematizzazione concettuale utile (anzi necessaria) in chiave di policy pubblica e di strategia aziendale. In tal senso, di interesse sono anche i contributi di Finmeccanica e di CPL Concordia che bene inquadrano il tema in una prospettiva di business.

Tornando alla posizione in alta classifica dell’Italia, ciò corrobora la nostra idea che l’EE sia una importante opportunità di crescita per il nostro Paese che richiede di essere adeguatamente sfruttata. E ciò soprattutto per due motivi:

1) Lo sviluppo dell’EE ha importanti riflessi sulla capacità di competere di un’economia;
2) Le tecnologie associate all’EE hanno un potenziale di mercato a livello internazionale destinato a crescere significativamente nel futuro creando importanti opportunità di business.

Circa il primo punto, la capacità di competere, penso che il tema sia sufficientemente noto: ogni persona di buon senso (non condizionata da specifici interessi) ne capisce bene la rilevanza. Il costo dei prodotti e dei servizi, soprattutto per le aziende energivore, è anche determinato dal costo dell’energia: ridurlo significa dare una mano alle imprese già in difficoltà per la relativa onerosità di molti altri fattori di produzione. Il tema sta semmai nel chiedersi come intervenire efficacemente per ridurre l’incidenza del costo dell’energia sia a livello di policy pubblica che di strategia aziendale.
Ma il punto forse meno conosciuto è il secondo. Nel nostre attività di studio dei mercati internazionali delle greentech (soprattutto rinnovabili) abbiamo in molti casi ben compreso che il tema dell’EE è certamente assai rilevante. Almeno tre sono le ragioni.

Infrastrutture e tecnologie industriali obsolete o comunque datate. In alcuni paesi, come ad esempio la Russia, sono presenti attività industriali e produttive che, proprio perché storiche, in generale hanno margini di recupero di efficienza anche energetica molto consistenti. Ad esempio, Fenicie del gruppo Edf ha da vari anni sviluppato la propria presenza nel settore automobilistico russo proprio giocando su questi fattori. Questa situazione riguarda molte altre nazioni, praticamente in tutti i continenti.

Risparmio su risorse/riserve energetiche destinate ad esaurirsi. Un buon esempio è quello della Arabia Saudita e degli altri Paesi del Golfo i quali si sono resi conto che, con la crescita attesa della popolazione (sia quantitati-vamente che come livello di vita), i consumi energetici interni sono destinati a svilupparsi significativamente fino a ridurre e, alla fine, ad annullare la capacità di esportazione di vettori energetici su cui vivono queste economie. Paradossalmente, anche in questi paesi ricchissimi di riserve di gas e di petrolio (non tutti, invero, come ad esempio Dubai), le fonti rinnovabili e l’EE sono diventati temi centrali di attenzione in una prospettiva di crescita di medio-lungo termine (anche se non senza ostacoli interni di varia natura). Si veda, ad esempio, la Etihad Esco, fondata proprio dalla azienda aereonautica diventata di recente socia di Alitalia che punta a sviluppare proprio a Dubai il modello delle Esco.

Ridurre il fabbisogno di investimenti in nuova capacità di generazione elettrica. Anche in quei paesi ove sono presenti potenziali fonti di energia, e dove la domanda tende a superare l’offerta in una situazione di prezzi tendenzialmente alti, può apparire conveniente investire anche in soluzioni che riducano i consumi. Un esempio è quello del piano energetico brasiliano del 2009-2030 che prevedeva una serie di interventi nella EE anche per far fronte a problemi di produzione. L’industria tedesca sta lavorando molto nel grande paese sudamericano proprio nel comparto delle greentech.

Come giocare quindi un ruolo in questo specifico comparto? L’osservazione delle dinamiche competitive in essere a livello globale, che ovviamente merita ulteriori approfondimenti, evidenzia come alcune aziende e alcuni paesi si siano già mossi con determinazione. Già si è ricordato il caso della Germania che sta sviluppando precise strategie di offerta di impianti di produzione di energia ma anche di soluzioni di efficientamento; l’impressione è che vi siano elementi di grande sinergia nel pensare a soluzioni globali capaci di risolvere i problemi di approvvigionamento energetico ove efficienza e nuova capacità installata vanno a braccetto. Ma anche varie aziende, si pensi al caso GDF-Suez (tramite Cofely), hanno decisamente optato per una strategia fortemente basata sulla proposizione di soluzioni di EE.

E l’Italia? Innanzi tutto, credo che si debba sviluppare la consapevolezza nel Paese della rilevanza del tema in chiave di politica industriale. Fino ad ora non se ne è colta appieno la portata e si è teso a trattarlo come una questione interna basata molto sui tecnicismi dei certificati bianchi e delle altre questioni di sostegno. Tutto ciò è giusto e ben venga se poi ci colloca al secondo posto al mondo. Ma la questione va approcciato in chiave più ampia e su questo va attivato un serio dibattito.

In questo quadro, credo che Enel, con la sua ampia presenza internazionale dovuta anche a Enel Green Power, potrebbe giocare una partita importante anche come traino dell’industria italiana nel complesso, soprattutto in un contesto come quello attuale ove i consumi energetici in Italia non sono certo destinati a crescere vorticosamente nei prossimi anni (chiedo scusa per l’eufemismo). Ci sarà spazio per questo nelle strategie di crescita del Gruppo che da poco ha un nuovo e autorevole vertice?

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