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Le Smart Tv sorpassano i televisori tradizionali. L’Italia televisiva cambia: tutte le novità del Rapporto Auditel Censis

In Italia ci sono 97 milioni di schermi connessi. Secondo il Rapporto Auditel Censis la nuova televisione connessa al web e on demand avanza velocemente e quella tradizionale cerca di industriarsi per resistere

Le Smart Tv sorpassano i televisori tradizionali. L’Italia televisiva cambia: tutte le novità del Rapporto Auditel Censis

La “nuova televisione” connessa al Web e on demand avanza velocemente e quella tradizionale resiste, seppure con fatica, con l’estensione della propria offerta editoriale attraverso i cataloghi digitali. E’ quanto è emerso dal VI Rapporto Auditel Censis presentato a Roma. “La nuova Italia televisiva”.

Vediamo anzitutto qualche numero: “ … il 2023 sarà ricordato anche come l’anno del sorpasso delle Smart TV sulle TV tradizionali: oggi nelle case degli italiani ci sono complessivamente 21 milioni di Smart TV e 20 milioni e mezzo di TV tradizionali”. Nel dettaglio, significa che “… 14 milioni e 800.000 famiglie, il 60,3% del totale, hanno in casa almeno una Smart TV; di queste, 3 milioni e 900.000 ne hanno due e 1 milione e 100.000 ne hanno tre o più”. È una fotografia aggiornata di quanto e come nel nostro Paese il consumo di televisione sta rapidamente evolvendo da un modello tradizionale, legato prevalente alla diffusione digitale terrestre, ad uno in corso di rapida evoluzione legato alla connessione in rete.

La nuova televisione è fruita e consumata in modo diverso

La transizione dalla televisione lineare a quella in streaming sta determinando una mutazione epocale e dirompente e non riguarda solo la tecnologia di produzione e diffusione dei contenuti audiovisivi ma investe pure gli stili di vita, i consumi, i linguaggi dei telespettatori per i quali, forse, sarà necessario trovare un diverso neologismo. Nella “nuova Italia televisiva” c’è dentro infatti una “nuova Televisione” prodotta, fruita e consumata in modo radicalmente diverso dal recente passato.

Nel corso del dibattito è emerso un elemento al quale si presta poca attenzione: il fattore “tempo” (che Auditel misura con il TTS, ovvero il Total Time Spent, calcolato sommando tutti i secondi in cui ciascun device ha visualizzato contenuti editoriali e pubblicitari di un singolo canale) e inoltre il tempo che ogni individuo dedica nella composizione della propria dieta mediatica con la possibilità di consumare “televisione” dove e quando meglio conviene e con il cellulare o tablet preferito.

Italiani diventati artefici del palinsesto preferito

La quantità e la qualità di tempo, insieme allo specifico device utilizzato, costituiscono i fattori determinanti del cambiamento in corso: “… gli italiani che da semplici fruitori di programmi televisivi, sono diventati essi stessi artefici e protagonisti di un proprio palinsesto”. La chiave del successo della Smart Tv sulla televisione tradizionale è tutta qui: costa relativamente di più ma consente una maggiore fruibilità “anywhere, anytime”.

Il VI Rapporto Auditel Censis ci parla anche di un’Italia ancora fortemente disomogenea che non segue tutta allo stesso modo e con gli stessi tempi l’evoluzione tecnologica: “8 milioni e 400.000 famiglie, che corrispondono al 35,2% del totale delle famiglie che hanno una TV, dove vivono 19 milioni di individui, non hanno in casa neppure un televisore compatibile con il passaggio definitivo al digitale terrestre di seconda generazione e, se lo switch off dovesse avvenire oggi, sarebbero tagliate fuori dalla possibilità di accedere anche ai contenuti della tv lineare”.

Già: lo switch off del digitale terrestre, con le relative rottamazione di vecchi apparati Tv è un fantasma che si aggira nella platea televisiva del quale di preferisce parlare poco perché tutti consapevoli che il nuovo che avanza, appunto la Smart Tv, apre le porte dell’inferno se i broadcaster nazionali non saranno in grado di reggere il confronto con nuovi prodotti e le piattaforme OTT sempre più aggressive e invasive. Giusto durante la presentazione del Rapporto abbiamo saputo da nostre fonti che la prevista transizione di un MUX Rai verso il DVB-T2 in calendario per il prossimo 10 gennaio sarebbe stata rinviata di sei mesi.

Il cosiddetto “digital divide” è ancora rilevante nelle dimensioni economiche, nella loro distribuzione geografica e nella composizione generazionale: “Le famiglie che hanno la Smart TV sono mediamente più numerose, più giovani e più ricche di quelle in cui ci sono solo apparecchi tradizionali … nel 71,4% delle famiglie che hanno un Smart TV il capofamiglia ha meno di 65 anni … il 37,7% dei nuclei dove si trova almeno una Smart TV è di livello economico alto o medio-alto, contro il 18,3% di quelli che hanno solo apparecchi tradizionali”. La banda larga ad 1 Gigabit come previsto dell’obiettivo del PNRR per il 2026, seppure in forte crescita, è ancora per pochi e a macchia di leopardo: le famiglie italiane connesse sono circa 15,4 milioni con una prevalenza al il Nord-Ovest (4,7 mln), il Nord-Est con 3,2 mln e a seguire il Centro (3,7 mln) e il totale Sud e Isole con 4,1 mln.

In conclusione: il futuro della televisione tradizionale, digitale terrestre e generalista è già segnato? La televisione sarà tutta Smart? Per molti anni ancora (stimato poco dopo il 2030: “BBC preparing to go online-only over next decade, says director general Tim Davie” come dichiarato lo scorso anno) le due modalità potranno convivere ma la tendenza è chiara e difficilmente potrà essere contrastata e potranno non essere sufficienti risorse e buone idee.

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