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La soppressione dell’Ice non basta per rilanciare il sostegno all’export

Fra perplessità e mancanze della Manovra Finanziaria, va bene l’abolizione dell’Ice, ma rimane ancora molta strada da fare per migliorare il nostro sostegno a favore delle imprese che vogliono esportare e investire all’estero

Nella Manovra Finanziaria 2011-13 (legge 111/2011) la sola parte che riguarda l’internazionalizzazione è quella relativa alla soppressione dell’Ice. Eppure anche i dati Istat parlano chiaro: nel mese di maggio, mentre il fatturato dell’industria cala dell1,7%, buone notizie arrivano dagli ordini, che fanno segnare un aumento congiunturale del 4,1%. Il dato deriva dal calo dello 0,8% degli ordinativi interni e dal parallelo incremento del 12,2% di quelli esteri. Solo l’export, dunque, ci può trainare fuori dalla crisi. Ma la politica, nel nostro paese, non sembra accorgersene, salvo qualche isolato tentativo del neo-sottosegretario Polidori di introdurre qualche novità (come abbiamo riferito nell’articolo del 21 luglio in questa sezione “Nascerà a settembre il portale del Made in Italy”).

Dunque, la soppressione dell’Ice è una realtà dal 17 luglio scorso. Premetto che sono d’accordo con quanto il dott. Ugo Calzoni ha scritto sulle pagine di FIRST online nei suoi due articoli del 5 e 14 luglio, e cioè che questa decisione (soppressione dell’Istituto del commercio estero e passaggio della sua rete estera al Ministero degli Esteri) poteva essere presa prima. Ma poteva essere anche presa meglio, nel senso che ci sono diverse cose che destano qualche perplessità o che mancano nella legge approvata (gli articoli rilevanti sono quelli dal 17 al 26, qui riportati in allegato). Vediamole:

1. Le risorse umane, finanziarie e strumentali del disciolto Istituto vengono trasferite in una prima fase al Ministero dello sviluppo economico (Mise). Le dotazioni finanziarie precedenti saranno trasferite in un apposito Fondo per la promozione degli scambi e l’internazionalizzazione delle imprese da istituire nello stato di previsione del Mise. In seguito, in base a un decreto del Presidente del Consiglio (da adottare entro il 17 agosto), i dipendenti della rete estera dell’Ice (con un massimo di 100 unità) passeranno a carico del Ministero degli Affari Esteri (Mae) in Sezioni per la promozione degli scambi, guidate da un Capo Missione (accreditato presso le autorità locali in lista diplomatica). Insieme ad essi passeranno anche parte delle disponibilità del predetto Fondo. La procedura è complessa ed articolata, ma sostanzialmente corretta, purché si rispettino le due finalità di fondo che la soppressione dell’Ice deve perseguire, e cioè:

a. risparmio di costi, che va ottenuto tramite la chiusura di sedi italiane inutili, la razionalizzazione della rete estera, il taglio delle spese superflue;

b. mantenimento delle funzioni utili della passata gestione: penso per esempio all’ottimo Ufficio Studi del vecchio Ice, che è sempre stato un punto di riferimento per la valutazione degli effetti della politica commerciale sul nostro commercio con l’estero; oltre che a quelle punte di diamante nella rete estera già citate dal dr. Calzoni;

2. L’art. 19 della legge dice che: “I poteri di indirizzo e vigilanza in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese sono esercitati dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero degli affari esteri.” Qui sorge una prima perplessità. Finora questi poteri, tutti in capo al Mise, sono stati esercitati con discontinuità ed imperfezioni. Cosa succederà quando in una sola cucina ci saranno due cuochi? Inoltre, ricordiamo che il nostro sistema di sostegno all’internazionalizzazione si basa su tre pilastri: la promozione, l’assicurazione, il sostegno finanziario. Ora, la promozione è in mano a Mise e Mae, l’aspetto assicurativo è affidato a Sace (il cui capitale è detenuto dal Ministero dell’economia e delle finanze), quello finanziario a Simest (la maggioranza del cui capitale è nelle mani del Mise): i cuochi dunque sono almeno tre. Voglio anche ricordare che le leggi che hanno segnato i tempi in questa materia furono determinate e volute da ministri del commercio estero competenti e con un proprio dicastero (Ossola, Ruggero, Fantozzi, Fassino);

3. Lo stesso articolo sostiene di seguito che: “Le linee guida e di indirizzo strategico per l’utilizzo delle relative risorse in materia di promozione ed internazionalizzazione delle imprese sono assunte da una cabina di regia, costituita senza nuovi o maggiori oneri, copresieduta dai Ministri degli affari esteri e dello sviluppo economico e composta, oltre che dal Ministro dell’economia e delle finanze o da persona dallo stesso designata, da un rappresentante, rispettivamente, di Unioncamere, della Confederazione generale dell’industria italiana e della Associazione bancaria italiana.” Le perplessità aumentano, per due motivi. Il primo è che non è chiaro il ruolo che questa cabina di regia avrà, cioè se sarà un ruolo consultivo, deliberante (con attori molto importanti, ma esterni al governo?) o di supporto al Cipe. La terza alternativa sarebbe la più plausibile, ma non dimentichiamo che con queste funzioni esiste già una cabina di regia, istituita con il d.lgs. 143/98. Questa cabina di regia, la quinta commissione permanente del Cipe (che peraltro non è mai stata convocata in questa legislatura), non è mai stata abolita.[1] Su questo punto ci dovrà necessariamente essere un chiarimento;

4. In due leggi, la 56/2005 e la 99/2009, è stata data delega al governo per il riordino degli enti addetti all’internazionalizzazione. Nella seconda legge essi sono stati anche chiamati per nome: Ice, Simest, Informest, Finest, Camere di commercio italiane all’estero. Le deleghe sono scadute senza che vi sia stata data applicazione. A questi enti si può aggiungere anche Buonitalia (promozione del cibo italiano all’estero), Invitalia (promozione degli investimenti esteri in Italia) ed Enit (promozione del turismo estero in Italia). Il caso di quest’ultimo ente è emblematico: secondo le parole dell’allora vice ministro Urso, “le competenze dell’Enit sono state trasferite alle regioni, ma mantiene 24 sedi all’estero, 200 dipendenti e ben 19 dirigenti. Non spende più un euro di promozione, serve solo a tenere in vita se stesso” (intervista a Repubblica, 21 luglio 2010). Ora, la situazione è la seguente: per Simest e le Camere di commercio italiano all’estero il discorso è più complicato e deve essere svolto a parte; Ice è stato soppresso; Finest e Informest possono essere gestite direttamente dalle regioni che ne detengono il capitale (quelle del Triveneto); gli ultimi tre enti possono comodamente soppressi, e le loro funzioni trasferite al Mise. Si potrebbe ottenere così risparmio di spesa e razionalizzazione degli interventi: a meno che non si vogliano mantenere presidenti, consigli di amministrazione e direttori completamente inutili.

Fra perplessità e mancanze, insomma, va bene l’abolizione dell’Ice, ma rimane ancora molta strada da fare per migliorare il nostro sistema di sostegno a favore delle imprese che vogliono esportare e investire all’estero.

23.07.2011

www.gpgarioni.it


[1] Si veda la descrizione sul sito http://www.mincomes.it/cabina_regia/delibere_Cipe/elencdel1.htm


Allegati: LEGGE_15_luglio_2011_Manovra_finanziaria_2011-3_Abolizione_ICE.pdf

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