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La ricetta dello chef Michele Iaconeta: tortelli e ostrica con il raro fagiolo del Papa

Foglie d’ostrica e fagioli Gialet, antica varietà dalle “nobili” origini diventata presidio Slow Food, sono alla base della ricetta dello Chef pugliese Michele Iaconeta, sempre alla ricerca di prodotti rari, in questo caso delle valli bellunesi, da riscoprire per il loro grande sapore

La ricetta dello chef Michele Iaconeta: tortelli e ostrica con il raro fagiolo del Papa

Papa Francesco in un messaggio inviato quest’anno alla Giornata internazionale dei legumi promossa dalla Fao, ne ha elogiato le proprietà nutritive definendoli «umili, forti, che non riflettono il lusso» «vigorosi e resistenti». Si riferiva ai legumi in generale e ai fagioli in particolare. Spostando indietro le lancette dell’orologio al 1400 dobbiamo ad un altro Papa, Clemente VII, della potente casata dei Medici, se i fagioli provenienti dal Sud America, ebbero un grande sviluppo in Italia.

Il Ponteficefece dono infatti di quei  semi portati nel vecchio continente da Cristoforo Colombo che li aveva scoperti a Cuba, a un umanista e teologo bellunese, Giovanni Piero Valeriano,  vissuto alla corte papale negli anni a cavallo tra il 1400 e il 1500 che rientrato nelle sue terre avviò la coltivazione del prezioso legume. Da allora il fagiolo è diventato uno dei protagonisti della cucina dei ceti più poveri, permettendo alla popolazione di sopravvivere alle carestie cicliche e all’imperversare della pellagra. Così diffuso nell’alimentazione popolare e contadina che finì per essere immortalato in una delle tele più note di Annibale Caracci, “Il mangiatore di fagioli”.

Delle diverse varietà che si svilupparono nella Val Belluna una in particolare il Fagiolo Gialet, tondo dalla colorazione giallo intenso con note verdoline tenerissimo perché la sua buccia è pressoché inconsistente dopo la cottura, di umile  però aveva poco. Fu subito considerato un fagiolo di pregio e venne coltivato non tanto per il consumo delle famiglie contadine quanto per essere venduto al “padrone” o ai ceti più agiati. I commercianti di Padova, Verona e Bologna ne facevano incetta per venderlo in particolare al Vaticano.

Ma i suoi “quarti di nobiltà” non sono stati sufficienti ad assicurargli un futuro degno della sua storia. Storia ricorrente per tutte le produzioni che mal si conciliano con il mercato e le sue esigenze.

Oggi è il fagiolo Gialèt è a rischio di erosione genetica poiché è coltivato solo da piccolissimi coltivatori nei paesi posti nella Val Belluna in destra e sinistra del fiume Piave che si tramandano il seme in ogni famiglia. Di recente si è costituito un consorzio che riunisce appassionati e agricoltori impegnati a riportare sul mercato questa varietà coltivando piccoli appezzamenti secondo le regole dell’agricoltura biologica, l’obiettivo è di arrivare entro pochi anni ad aumentare la produzione che in questo momento non supera i 20 quintali annui ( su 12mila tonnellate di ffagioli prodotte ogni anno in Italia) portando tutte le aziende del consorzio alla conversione in biologico. Al consorzio aderiscono una ventina di piccole aziende che praticano la vendita diretta, partecipano a mercatini locali oppure aderiscono a cooperative agricole.

Fortunatamente per i suoi destini il Gialet è entrato di diritto nei prodotti Presidio Slow Food e questo equivale ad una assicurazione sulla vita.

La coltivazione è ancora oggi manuale: la semina avviene a maggio, le piantine crescono sostenute a una pertica in legno oppure agli steli del mais, come un tempo, il raccolto si svolge a settembre.

Il fagiolo Gialet con l’ammollo (che deve durare 12 ore) e la cottura successiva (per almeno 40 minuti), triplica le sue dimensioni poiché ha una capacità di imbibizione molto elevata e un’alta digeribilità, perde però in buona parte la colorazione.

 In quanto considerato a suo tempo un fagiolo “per i signori” non si tramandano particolari ricette contadine: poiché il sapore è molto delicato. E’ ottimo nelle minestre d’orzo o semplicemente lesso con un filo di olio extravergine e un poco di cipolla.

Proprio per la sua delicatezza è stato scelto da alcuni chef di rango per ricette che ne esaltano il sapore. Uno di questi è Michele Iaconeta. Cuoco e pasticciere,  pugliese del Gargano trasferito in Veneto a Costermano sul Lago di Garda dove  è risuscito, nella sua lunga permanenza presso la “Casa degli spiriti”  un antico rudere sul ciglio della strada  trasformato in una lussuosa bomboniera con vista mozzafiato sul lago,  a conquistare un piatto della Guida Michelin con una cucina creativa sia di terra che di mare che ha saputo mirabilmente creare un raffinato punto di fusione, fra  i sapori della Puglia, sua terrra d’origine, e quelli del Veneto sua terra d’adozione, ma anche fra cucina di innovazione e cucina di tradizione. di territorio. 

Quella di Iaconeta, che, conclusa l’esperienza veneta, sta per lanciarsi in un nuovo progetto innovativo, si può definire una cucina della memoria, quella dei fornelli della nonna Serena che lo affascinarono fin da bambino al punto che a 12 anni già andava a fare le sue prime esperienze in una panetteria, ma anche di tutte le importanti esperienze vissute e incamerate nei suoi passaggi all’Hotel Adler Balance di Ortisei, al Ristorante Vescovado a Noli (1 Stella Michelin), all’hotel Northcode nel Lancashire, Inghilterra (1 Stella Michelin), al ristorante Azurmendi a Bilbao (3 Stelle Michelin) e al St Humbertus (2 Stelle Michelin).

Esperienze che hanno lasciato il segno nella sua cultura culinaria che punta all’essenzialità della ragione declinandola però con l’emozionalità della sua natura mediterranea  forgiata  in una  terra, la Puglia, incrocio di culture enogastronomiche e scrigno di grandi sapori  stratificati nel tempo.  Uno chef che ama concentrarsi su elementi che siano espressione identitaria del territorio  per esaltarne tutte le potenzialità possibili come nella ricetta proposta  ai lettori di Foodfirstonline con i rarissimi fagioli Giallèt

La ricetta: Paradosso… “ Tortelli  di  ostrica  e  fagioli  Giallet  della  val  Belluna”

Ingredienti

Per  La Pasta  all’uovo: 500gr  di  Farina  00 debole, 100gr  di  semola  rimacinata, 350gr  di  tuorlo  d’uovo, 75 gr  di  uova  intere.  E’  consigliabile farla   almeno  il  giorno  prima, metterla  sottovuoto  e  tenerla  in  frigo.”

15pezzi Ostriche  Rosse “ Imperiali “ 

80 gr  di Olio di  riso

Sale, pepe

1 gr  di  xsantano

200gr  di  Fagioli  Gialet  della  val  Belluna

Sedano,Carota,cipolla,alloro

Burro  x  mantecare

300gr   di  Latte  di  riso

10 gocce  di Colatura  di  alici

1 Scalogno

Polvere  d’alga

Foglia  d’oro

Foglia  d’ostrica

Olio EVO

Procedimento

Con   un  minipimer  iniziamo  a  montare  le  ostriche  sgusciate facendo  attenzione  a  recuperare  tutta  l’acqua  di  vegetazione  con  l’olio, verso  la  fine  aggiungiamo  lo  xsantano e  mettiamo  in  frigo  per  almeno  2  ore.

Con  i  Fagioli  già  ammollati,  li  mettiamo  in  cottura  con  acqua,  sale ,alloro,cipolla carota, sedano. Scoliamo dopo  cotti  un po’  d’acqua  in  eccesso  e  togliamo  gli  odori.  Frulliamo  al  bimby,  setacciamo  e  mettiamo  a  stabilizzare  in  frigo.

Tiriamo  la  pasta  molto  sottile,  la  coppiamo  con  uno  stampo  tondo  e  spruzziamo  su  un  po’  d’acqua.  Con   due  biberon  , in  ognuna  le  rispettive  farce , mettiamo  al  centro  del  disco  due  spuntoncini  di  crema, poi  chiudere  come  per  un  normale  tortello.

In  un  tegamino   mettiamo lo  scalogno,  il  burro,  lasciamo  scaldare  e  poi  aggiungiamo  il  latte  di  riso  e  la  colatura  di  alici.  Laciamo ridurre  di  ½.   Poi  montiamo  con  il  minipimer.

Per  la  finitura,  cuocere  i  tortelli  per  2  minuti  in  acqua  bollente  e  passarli  in  padella  con  del  burro  salato.  Poi  assembliamo  con il  latte  di  riso  montato,  foglia  d’oro, 3  foglie  d’ostrica   e la  polvere  d’alga.

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