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La lettera Trichet-Draghi all’Italia, il caso Bankitalia, la crisi Bpm scuotono politica e mercati

Oltre alla crisi della politica, tre casi agitano l’Italia – Obama schiaffeggia l’Europa sulla crisi, il tedesco Schaeuble replica, ma i mercati vanno giù – Tra Germania e Francia è sempre scontro sui bond bancari – La Finlandia dà il via libera al fondo salva-Stati e oggi tocca alla Germania – Allarme hedge fund: Man ha perso il 40%

La lettera Trichet-Draghi all’Italia, il caso Bankitalia, la crisi Bpm scuotono politica e mercati

OBAMA: “LA RISPOSTA EUROPEA ALLA CRISI E’ INSUFFICIENTE”

La risposta dell’Europa alla crisi “non è sufficiente”. Parola di Barack Obama che ha colto l’occasione di una tavola rotonda con la comunità ispanica per intervenire con durezza, per la seconda volta in pochi giorni, sulla risposta dei governi europei alla minaccia recessione che è “del tutto insoddisfacente”. “Buona parte dei problemi che abbiamo avuto in questi mesi – ha detto il presidente – dipendono dal fatto che in Europa non abbiamo visto prendere le misure necessarie per fronteggiare la crisi delle banche e del sistema finanziario”. Il presidente ha così ribattuto a Wofgang Schaeuble, ministro delle Finanze tedesco: “I problemi dell’Europa non sono la causa dei problemi degli Stati Uniti. Anche se Obama pensa il contrario”.

WALL STREET IN CADUTA: S&P -2%, NASDAQ -1,6%

Finale in caduta a Wall Street dopo una seduta nervosa, scandita dalle dichiarazioni, spesso di segno opposto, in arrivo dall’Europa. Alla fine ha prevalso la sensazione che la strada per un intervento efficace sui focolai di crisi del debito sia ancora lunga. E così, nel finale, lo Standard & Poor’s 500 accusa una perdita del 2% circa, seguito dal Dow Jones Industrial, sotto dell’1,6%. Il Nasdaq ha perduto di più: -1,6%.

BANKITALIA, SQUINZI: “LA NOMINA PUO’ SLITTARE A FINE OTTOBRE” 

“L’incontro di oggi è stato solo di routine. Ormai dovrebbe arrivare tutto al prossimo consiglio del 24 ottobre. Lì ci diranno qualcosa. Al momento non è arrivata alcuna comunicazione da parte del governo”. Parla così Giorgio Squinzi, presidente di Mapei e vice presidente in Confindustria ma anche membro del Consiglio superiore della Banca d’Italia, interpellato a margine del World Regions Forum di Milano ieri sera. Certo, una convocazione straordinaria del Consiglio che dovrà esaminare la candidatura del successore di Mario Draghi al vertice della Banca d’Italia può arrivare in qualsiasi momento.

Ma, come ha detto Squinzi, è concreto il rischio che la paralisi imposta dall’insistenza di Giulio Tremonti a favore di Vittorio Grilli faccia slittare la scelta ad una settimana esatta dall’ingresso di Draghi in Bce: un’ennesima gratuita, brutta figura per l’Italia. Probabilmente, per fortuna, non andrà così. Di fronte al rischio della lottizzazione della poltrona che gode di maggior autorevolezza stanno per scattare gli anticorpi attivati dal Quirinale in giù a tutela dell’indipendenza di Banca d’Italia, rappresentata dall’investitura di Fabrizio Saccomanni.

LA LETTERA DI TRICHET, UN PROGRAMMA DI GOVERNO

A ricordarci l’importanza politica della partita ha contribuito la pubblicazione sul Corriere della Sera di stamane della lettera del 5 agosto inviata al governo italiano da Mario Draghi e Jean-Claude Trichet in cui si dettavano le “condizioni” (peraltro ampliamente note) per l’avvio degli acquisti di Btp da parte della Bce. Si tratta di un vero e proprio programma di governo in cui si intima all’esecutivo di avviare quelle misure (liberalizzazioni, privatizzazioni, flessibilità del lavoro, interventi sul costo dei dipendenti pubblici) necessari per tranquillizzare i mercati e i partners Ue. Un’intrusione dei “mercatisti” che Tremonti non ha digerito.

BPM, ARRIVA L’ISPEZIONE DI BANKITALIA

Il caso ha voluto che nelle ore decisive per l’investitura del successore di Mario Draghi, esplodesse a Milano il caso, da sempre critico, della Bpm, ovvero la banca in cui Giulio Tremonti ed Umberto Bossi riuscirono a suo tempo ad imporre il loro candidato, Massimo Ponzellini, in accordo con i sindacati interni. Dopo la maratona del cda, che nella notte tra martedì e mercoledì ha in pratica ratificato una lista di 11 consiglieri (su 19) del nuovo consiglio di sorveglianza e dell’intero comitato di gestione (5 su 5), decisa in una riunione degli amici della Bpm, ma a cui hanno partecipato, cosa non prevista dallo statuto, i “notabili” del sindacato interno, è scesa in campo la Vigilanza della Banca d’Italia.

E’ in corso l’ispezione tesa ad accertare l’esistenza di un legame tra chi gestisce la Banca e gli Amici della Bpm, ovvero un intreccio perverso che grava sulle scelte della gestione. In questa direzione vanno le regole fissate in un documento riservato per una corsia preferenziale per le nomine e le promozioni in piazza Meda, ma anche le modalità dell’intesa tra gli Amici, il gruppo Bonomi e Mediobanca, che guida il consorzio per il prossimo aumento di capitale e che ha avuto un ruolo determinante nello sbarrare la strada a Matteo Arpe.

Dopo l’ispezione, Banca d’Italia, cui spetta il benestare al nuovo statuto, potrebbe congelare il diritto di voto per gli Amici nell’assemblea del prossimo 9 ttobre. Via Nazionale può contare sul pieno sostegno delle segreterie nazionali dei sindacati. Ieri la Fiba Cisl ha dimissionato il segretario di Bpm Franco Filettini, denunciando “la peggior cultura corporativa”. C’è da domandarsi quale sarebbe stato il comportamento della Vigilanza nel caso di una maggior influenza della politica, vedi del ministero dell’Economia e di Umberto Bossi, schierato per Vittorio Grilli in quanto ”di Milano”, su Banca d’Italia.

GRECIA, E’ SCONTRO TRA BERLINO E PARIGI

“Questa crisi rappresenta il battesimo del fuoco per la nostra generazione”. Così José Manuel Barroso, presidente della Commissione, al Parlamento europeo in occasione del dibattito sull’introduzione della tassa sulle transazioni finanziarie. E, soprattutto, alla vigilia del voto del Bundestag sul potenziamento del fondo salva Stati. “Siamo in un momento cruciale della nostra storia – ha aggiunto Barroso –. Se non procediamo sulla strada dell’unificazione, presto ci separeremo”. E ancora: “La Grecia è nella zona euro e ci resterà”. Mentre Barroso terminava il suo discorso tra gli applausi, continuava, nelle retrovie, il braccio di ferro tra tedeschi ed olandesi da una parte e la Francia, spalleggiata per l’occasione da Joseph Ackermann, ceo di Deutsche Bank. Il governo tedesco insiste nel voler rivedere i termini del 21 luglio: l’intesa prevede troppo pochi sacrifici per le banche a fronte di quelli chiesti agli Stati, cioè ai contribuenti. “Ma se riapriamo le trattative – ammonisce Ackermann – rischia di saltare tutto”. E’ probabile, però, che proprio questo sia l’intento dei falchi. E’ uscito allo scoperto Omar Issing, uno dei padri dell’euro: “La Grecia – ha detto – deve essere messa fuori”.

LA FINLANDIA APPROVA IL RAFFORZAMENTO DELL’EFSF

Non mancano le notizie positive. Il Parlamento di Helsinki ha approvato il rafforzamento del fondo salva-Stati (Efsf), che avrà una dote di 440 miliardi di dollari. Domani, intanto i rappresentanti di Ue, Bce e Fondo monetario, la cosiddetta Troika, saranno ad Atene per riprendere la discussione su quali garanzie il governo Papandreou è in grado di dare per ottenere il pacchetto di aiuti di metà ottobre.

CRISI HEDGE FUND, MAN GROUP IN CADUTA LIBERA

Allarme sul fronte degli hedge. I titoli di Man Group, il secondo hedge fund per dimensioni del mondo, hanno perso ieri il 40% alla Borsa di Londra dopo aver rivelato che nell’ultimo trimestre ha subito riscatti per 7,1 miliardi di dollari da parte della clientela. Gli assets amministrati sono scesi di 6 miliardi dai 71 già in gestione.

BORSE IN CALO: MILANO -0,4%, PARIGI -0,9%, FRANCOFORTE -0,8%

Dopo tre giornate di rialzo, le Borse europee ieri hanno fatto marcia indietro, in una seduta nervosa, caratterizzata da continui saliscendi: pochi scambi e molta volatilità. L’indice FtseMib di Milano ha terminato in calo dello 0,4% dopo una serie estenuante di oscillazioni fra variazioni positive e negative. Parigi ha perso lo 0,9%, Francoforte -0,8% La Consob ha prorogato al prossimo 11 novembre le misure restrittive in materia di vendite allo scoperto e al 25 novembre gli obblighi informativi sulle posizioni ribassiste rilevanti. Secondo quanto si legge in una nota pubblicata sul sito della commissione, la valutazione delle misure adottate è stata fatta “in stretta cooperazione con le autorità degli altri Paesi (Francia, Spagna, Belgio e Grecia) che hanno adottato misure simili e sotto il coordinamento dell’Esma”.

Giornata particolare sul mercato dei titoli di Stato dove sono saliti tutti i rendimenti, soprattutto quello del Bund decennale tedesco, tornato sopra il 2% (non accadeva dal 2 settembre). Il rendimento del Btp decennale è salito al 5,61% (+6 punti base) e lo spread è rimasto invariato a 363 punti. L’euro ha proseguito nel cammino di rafforzamento e ieri in serata era scambiato a 1,362 contro il dollaro, da 1,358 della chiusura precedente. Le perdite peggiori sul listino di Piazza Affari riguardano i titoli petroliferi: Eni -0,8%, Saipem -3,1%, Tenaris -4,3%. Per contro, hanno chiuso tutte in guadagno le utility: A2A +2,3%, Enel +0,5%, Enel Green Power +1,6% ed Atlantia +1,3%.

Giornata di forti rialzi per Lottomatica +2,5% e Impregilo +3,4%. Per le banche, l’aspra battaglia fra rialzisti e ribassisti si è chiusa quasi in parità. Sono salite: MontePaschi +0,7%, Banco Popolare +0,8%, Pop Emilia +0,1%, Mediobanca +0,2%. Marcia indietro per Intesa -0,1%, Unicredit -0,1%, Pop.Milano -1,5% e Ubi -2%. Le prese di beneficio si sono fatte sentire sui titoli dell’industria: Fiat Industrial -2,9%, Prysmian -2,2%, Stm -1,9%.

CONTRATTO GM-UAW, PER L’AZIENDA AUMENTANO I COSTI

Il contratto siglato a Detroit tra Uaw e Gm comporterà un aumento dei costi per l’azienda nell’ordine dell’1 per cento. “E’ un ottimo affare sia per noi che per i dipendenti – ha detto Dan Ackerson, ceo del gruppo – ed è la dimostrazione che questa è davvero una nuova Gm”. L’azienda conta di recuperare in taglio dei costi due terzi del bonus per i dipendenti. In questo modo l’esborso non supererà i 215 milioni. Le tute blu assunte in epoca di crisi non parteciperanno ai benefici del fondo pensione dell’azienda che, per la prima volta dal 1953, non ha concesso aumenti ai pensionati.

In cambio Gm si è impegnata a riaprire l’impianto della Saturn e a riportare in Usa 6.400 posti di lavoro. Difficile che il contratto Chrysler possa avere condizioni molto diverse, anche se prima di sedere al tavolo con Sergio Marchionne il leader dell’Uaw Bob King intende chiudere con Ford. Ma lo scambio tra moderazione salariale ed investimenti sembra la strada obbligata: è sempre più facile che il baricentro dei nuovi modelli Fiat/Chrysler si sposti oltre Atlantico.

TI VUOLE CRESCERE IN TELECOM ARGENTINA

L’ad di TI Marco Patuano ha detto ieri che Telecom è interessata ad aumentare la partecipazione in Telecom Argentina: “Siamo particolarmente interessati all’innalzamento della partecipazione ma a condizioni economicamente razionali”, ha detto Patuano, aggiungendo che la società sta “valutando e discutendo” questa possibilità. Al 30 giugno 2011, l’Argentina rappresentava il 10% dei ricavi.

Contando anche il Brasile, il Sud America è pari al 34% del fatturato. A fronte della stagnazione dei ricavi sul mercato domestico, e in particolare del mobile, la strategia del gruppo è di rafforzarsi nel continente sudamericano, dove di recente ha annunciato che parteciperà alla ricapitalizzazione della controllata brasiliana per 480 milioni di euro. Patuano ha anche confermato i target fissati dalla società per il 2011, sottolineando che “l’estate è stata in linea con le aspettative”.

EDISON, OGGI CDA DI DELMI SULL’USCITA

“Dare alla put, cioè il prezzo e le modalità di uscita dei soci italiani raggruppati in Delmi a favore di Edf a tre anni; allineare gli interessi di Iren a quelli di Delmi e verificare se la bozza di marzo è ancora valida anche per i francesi”. Ecco, nelle parole del vice presidente di A2A Rosario Bifulco, gli obiettivi per chiudere il più in fretta e meglio possibile la partita Edison, dopo che è sfumata qualsiasi possibilità di contrastare la vendita al socio parigino. Toccherà oggi al consiglio di Delmi ufficializzare la decisione e scegliere “l’ambasciatore” che dovrà negoziare l’uscita.

L’accordo di marzo prevede che Edf prenda la maggioranza del capitale di Edison, i soci italiani vadano in minoranza e lo spacchettamento delle nove centrali di Edipower fra i vari azionisti. Ma non è da escludere un’uscita immediata. Cruciale, agli occhi del mercato, la definizione del prezzo, anche come riferimento per l’eventuale Opa obbligatoria sulle minorities.

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