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La diversificazione muove i primi passi nel Golfo

Se il dettaglio settoriale dell’export e le caratteristiche struttural-operative dei sistemi bancari sono ancora legati ai prodotti energetici, i loro principali driver arrivano da aumento della popolazione e crescente diversificazione economica.

La diversificazione muove i primi passi nel Golfo

Nell’ultimo decennio, l’interscambio commerciale dei Paesi dell’area del Golfo è incrementato sensibilmente superando i 1680 miliardi di dollari nel 2013. Sulla base dei dati pubblicati dal Centro Studi Intesa Sanpaolo, l’interscambio sarebbe sotto i 1600 mld nel 2014, con una contrazione di circa il 5%. Il dettaglio settoriale delle esportazioni mostra la rilevanza assoluta dei prodotti energetici (per una percentuale pari all’83% nel 2014), seguiti da prodotti chimici (4%), gomma e plastica (3,5%), pietre, vetro e ceramica (3%) e metalli (3%). Tra le importazioni sono rilevanti invece i macchinari (con una percentuale di circa il 25%, i mezzi di trasporto (15%), i prodotti dell’agroalimentare (11%), pietre, vetro e ceramica (9%), metalli (9%) e minerali (8%).

In effetti, anche le caratteristiche strutturali e operative dei sistemi bancari dei Paesi del Golfo sono ancora strettamente legate al petrolio. Impieghi e depositi sono condizionati dall’evoluzione delle disponibilità finanziarie pubbliche e quindi della spesa pubblica. Inoltre, gli Stati o gli enti governativi detengono quote più o meno significative in molte banche. Dopo anni di crescita sostenuta in tutti i Paesi, fra il 5% (negli Emirati a fine 2012) e il 22% (nel Qatar), fino ai primi mesi del 2014, l’andamento degli impieghi totali è andato poi differenziandosi fra i partner della regione. Gli impieghi alle famiglie sono prevalentemente a lavoratori nel settore pubblico, il cui salario non è stato condizionato dall’andamento del prezzo del petrolio, mentre gli impieghi corporate sono destinati soprattutto al settore costruzioni. La qualità dell’attivo risulta elevata, con rapporti sofferenze/impieghi modesti, che si collocano fra l’1% in Arabia Saudita e il 7% negli Emirati, livelli molto bassi nel confronto internazionale. Rimangono tuttavia alcuni rilevanti fattori di rischio. Innanzitutto l’elevato grado di concentrazione dei rischi, definito in base al numero di affidati, grandi conglomerati spesso di natura famigliare: si tratta di un rischio di natura strutturale, il cui superamento non sembra possibile nel breve periodo.

Anche i depositi, che rappresentano la principale fonte di funding, risentono della variabilità delle risorse pubbliche. Nel 2015 il loro andamento è andato differenziandosi: in decelerazione specie negli Emirati (a +1,3% a settembre) e in Arabia Saudita (a +7,7% ad agosto). Molto dinamici in Oman, dove i depositi sono attesi rimanere sostenuti nel medio periodo grazie alla popolazione in aumento, con molti giovani ancora non bancarizzati. Il rafforzamento dei depositi delle famiglie potrà allora contribuire alla stabilità del funding. In ogni caso, i sistemi bancari dei Paesi del Golfo per il momento sono ben posizionati per affrontare un calo del prezzo del petrolio nei prossimi anni, sebbene le condizioni di liquidità, ancora elevate, si stiano restringendo e i tassi siano attesi in rialzo. I principali driver che possono supportare l’ulteriore espansione dei sistemi bancari sia con riferimento alla diversificazione di prodotto, sia nell’attivo sia nel passivo, sono l’andamento atteso della popolazione e la crescente diversificazione economica.

Il capital asset ratio risulta molto elevato in Kuwait e Bahrain, entrambi con un indicatore pari a 18,3% a fine 2014 e negli Emirati (18,1%), sebbene in diminuzione rispetto al 2013. La redditività beneficia del basso costo del funding (dal momento che i conti correnti non offrono interessi), della elevata efficienza e del favorevole regime fiscale. Il ROA in Arabia Saudita e in Qatar superava il 2% nel 2014. Negli Emirati, Oman e Kuwait i ratio sono più contenuti (fra 1% e 2%). I rapporti con l’estero sono modesti, sia con riferimento all’operatività (attività e passività estere) sia agli intrecci azionari. Negli ultimi anni alcune banche, specie del Qatar e degli EAU, hanno perseguito una strategia di espansione territoriale verso il Nord Africa. La finanza islamica, che copre circa il 25% del Total Asset (TA) di sistema, ha segnato un andamento molto dinamico, in particolare in Qatar (con una media annua dei tassi di crescita fra il 2009 ed il 2014 del +21%) e in Arabia Saudita (+13,4%). Il rendimento in Qatar inoltre è stato molto elevato (il ROA ha segnato una media annua del 2,28%). In Arabia Saudita il ROA è stato pari al 2,4% nel periodo considerato.

In questo contesto, l’interscambio italiano con i Paesi del Golfo è sensibilmente cresciuto nell’ultimo quinquennio raggiungendo nel 2011 un totale di 31 miliardi di euro circa (+12% medio annuo dal 2006). Nel 2014 gli scambi hanno registrato un calo (-8%), riportandosi in termini assoluti a circa 25 miliardi di dollari, per effetto di una sensibile contrazione delle importazioni italiane (-17%) e in misura minore dell’export (-0,7%). Il peso degli scambi dei paesi del Golfo nel 2014 sulla bilancia commerciale italiana è del 3,3%. Nei primi sette mesi del 2015, gli scambi sono tornati a crescere (+9,5%). In particolare sono aumentate le esportazioni (+15%) a 9,5 miliardi di euro, mentre le importazioni hanno segnato un incremento più contenuto, pari all’1%, a 5,6 mld.

Lo stock di IDE nei Paesi del Golfo nel 2014 era pari, sulla base di dati UNCTAD, a circa 483 miliardi di dollari, in crescita di oltre il 50% sul 2009. Sul totale mondiale i mercati considerati rappresentano circa l’1,96% (era l’1,8% nel 2009). Lo stock di IDE in uscita nel 2014 sfiorava i 207 mld (circa lo 0,8% del totale mondiale). Sono previsti da parte di alcuni Paesi della regione agevolazioni ed incentivi agli IDE nelle Zone Economiche Speciali, con applicazione di tariffe fiscali ridotte e facilitazioni burocratiche e amministrative, oltre che finanziarie.

Nel 2014 l’Italia ha importato in prevalenza minerali (75%), in particolare greggio e gas naturale, ma anche prodotti chimici (8%), soprattutto prodotti della chimica organica e materie plastiche, metalli e lavorati in metallo (5%), prodotti petroliferi raffinati (5%), altre attività manifatturiere. Le esportazioni italiane hanno riguardato prevalentemente macchine e macchinari meccanici (30%), manufatti vari (14%), i metalli e i lavorati in metallo (8%), prodotti petroliferi raffinati (8%), apparecchi elettrici (7%). Il saldo commerciale è positivo per l’Italia e pari nel 2014 a circa 4,7 miliardi di euro. Vi sono tuttavia differenze per Paese: mentre il saldo con l’Iraq e il Qatar è nettamente negativo (nel 2014 rispettivamente -2,2 e -0,1 mld), per la rilevanza dell’import di minerali energetici da questi due Paesi, si registra un surplus nei confronti di EAU (+4,7 mld), Arabia Saudita (+0,6 mld), Kuwait (+0,6 mld), Oman (+0,4 mld) e Bahrain (+0,2 mld). Gli scambi con l’Iran (con un saldo positivo pari a +0,7 mld) risentono del regime delle sanzioni ancora in vigore. Infine, guardando alle quote sui saldi settoriali italiani di import ed export, i Paesi del Golfo coprono circa il 16% delle importazioni di prodotti minerari, intorno al 9% e all’8% delle esportazioni, rispettivamente, di manufatti vari e di prodotti petroliferi raffinati, il 6% di macchinari meccanici ed oltre il 5% di quelli elettrici. Il Ministero degli Affari Esteri segnala opportunità di investimento nei comparti di beni capitali, costruzioni e  infrastrutture, beni di lusso e prodotti tipici del Made in Italy.

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