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La Capannina va abbattuta: dopo 50 anni di battaglia legale chiude la storica discoteca bolognese

Il Comune di Bologna ha inviato l’ordinanza di demolizione alla proprietà della storica discoteca bolognese, al termine di un lunghissimo e intricato iter legale – Il proprietario Paolo Pazzaglia annuncia battaglia: “Impugnerò certamente la sentenza”.

La Capannina va abbattuta: dopo 50 anni di battaglia legale chiude la storica discoteca bolognese

E’ difficile dire se 50 anni sono il tempo della giustizia o dell’ingiustizia, di sicuro sono un tempo troppo lungo per prendere una decisione. Eppure tanto è durata la battaglia legale fra la storica discoteca bolognese, “La Capannina” e il Comune di Bologna che ieri, con una sentenza del Consiglio di Stato in mano, ha inviato l’ordinanza di demolizione alla proprietà. Fra 90 giorni questa sorta di Billionaire al ragù va abbattuto e se non lo farà il proprietario ci penserà il Comune. Il condono “tombale” del 1985 per la Sovrintendenza e i tribunali amministrativi non vale più; è tornata in voga la prima ordinanza di demolizione del ’79. Un vero rompicapo giuridico che comincia con una licenza provvisoria del 1966, un racconto kafkiano. 

La Capannina è un locale sulle colline bolognesi, nato dall’ampliamento di un Cral nel dopoguerra e arrivato a misurare 450 metri. Una sala da ballo meno famosa dell’omonima di Marina di Pietrasanta, eppure un luogo che ha conosciuto tempi d’oro, dove si alternavano molti vip. Fra gli altri attrici belle e famose come Corinne Clary e e Barbara Bouchet.

Il proprietario è Paolo Pazzaglia, un playboy d’altri tempi, ma anche un imprenditore che non intende mollare la presa sulla sua creatura più famosa. “Certamente impugnerò – dice al Resto del Carlino – loro fanno la loro gara, io faccio la mia, è dal ’74 che va avanti questa storia».

L’iter giudiziario dunque non finisce qui e dopo mezzo secolo di condoni, sentenze, ordinanze, promette di andare avanti. In tutto questo periodo intanto il Comune petroniano ha agito in doppia veste: da un lato come un ente che tutela il paesaggio, dall’altro come chi detta norme per il funzionamento delle discoteca, su cui non ci sarebbe nulla da obiettare.

Allora qual è il problema? La collina, per la Soprintendenza e per le amministrazioni che si sono succedute, è sempre stata un luogo sacro da preservare dal cemento e da lasciare a disposizione dell’intera comunità. È un punto di vista maturato in anni in cui Bologna, la rossa, voleva essere un laboratorio politico nazionale, un progetto onorevole sulla carta, che dichiarava guerra ai palazzinari, ma poco vitale nel tempo.

La collina infatti è scarsamente frequentata. Ci sono tanti parchi pubblici, ma una viabilità difficile e confusa. Belle ville di pochi privilegiati e qualche locale sparuto. Di fatto è semi sconosciuta per i turisti e poco utilizzata anche da una parte dei cittadini. Bologna non si è mai sviluppata in quella direzione, che forse avrebbe avuto qualcosa da offrire e ogni punto di vista, anche il più onorevole, andrebbe aggiornato. 

Lo scontro con la Capannina è frutto di questa visione del mondo. E fra 90 giorni o si abbatte o ci penserà il Comune, sempre che Pazzaglia non ottenga un nuovo rinvio in tribunale.

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