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La Borsa ha le sue spine: euro, petrolio, banche, Telecom e Leonardo

Piazza Affari vive come gli altri listini la correzione innescata da fattori macro ma deve fare i conti anche con debolezze domestiche malgrado l’ascesa del Pil al di là delle previsioni – In Europa si salva solo Londra grazie al balzo di Vodafone – Btp Italia ok – Crolla Trevi – Nubi venezuelane su Astaldi – L’eliminazione dai Mondiali costa cara a Rcs

Migliora l’economia, ma dalla Commissione Ue arriva una doccia fredda per i conti italiani. A frenare le Borse europee, compresa Piazza Affari, contribuiscono intanto due fattori. Primo, l’ascesa dell’euro, al quinto rialzo consecutivo contro il dollaro (a 1,175 con un rialzo dello 0,7%, il più ampio da fine agosto), frenato dalle difficoltà che incontra la riforma fiscale Usa, impantanata al Congresso.

Secondo, il calo del greggio che ha colpito i titoli del settore. L’agenzia internazionale del petrolio ha ieri rivisto al ribasso le stime sulla domanda dei prossimi anni, ribaltando le stime dell’Opec: l’offerta di greggio nel primo trimestre del 2018 supererà la domanda di 600 mila barili (300 mila nel secondo trimestre). Tra le cause del nuovo scenario gli effetti che gli inverni miti hanno sul mercato dei combustibili e la crescita della produzione dello shale oil degli Stati Uniti, destinati a diventare la grande, incontrastata potenza petrolifera negli Anni Venti. Il brent tratta stamane a 61,33 dollari (-1,4%), il Wti a 55 dollari. In una settimana il ribasso è stato del 5%.

L’ITALIA SCOPRE I PIR JUNIOR

In mezzo a questi mega trend merita segnalare una piccola ma potenzialmente importante novità per i Pir, i piani di investimento del risparmio, così preziosi per il rilancio della Borsa italiana: le agevolazioni all’investimento previste dalla normativa sui Pir possono valere anche per i minori. Si mette in moto così un’importante leva a livello di pianificazione fiscale familiare.

NIKKEI IN ROSSO PER IL SESTO GIORNO

Meteo Borsa segnala nuove nubi sull’orizzonte dei listini azionari. La Borsa del Giappone si avvia a chiudere in ribasso per il sesto giorno consecutivo: l’indice Nikkei perde l’1,2%. Pesa anche il dato sul Pil: l’economia giapponese è cresciuta nel terzo trimestre dello 0,3% rispetto al secondo trimestre, in frenata dal +0,6% precedente.

Arretrano anche le borse della Cina: Hong Kong -0,5%, indice CSI300 dei listini di Shanghai e Shenzhen -0,6%. La discesa delle materie prime, il movimento che segnala una perdita di fiducia sulla forza della crescita economica, penalizza soprattutto la Borsa dell’Australia: indice S&P/ASX -0,7%. In lieve calo i mercati azionari dell’India (BSE Sensex -0,2%) e della Corea del Sud (indice Kospi -0,2%).

NON SI FERMA IL RIBASSO DI GENERAL ELECTRIC

Il crollo di General Electric (-5,9% a 17,46 dollari, ai minimi da sei anni) e la frenata del petrolio hanno condizionato Wall Street, che ha però ridotto le perdite nel finale: Dow Jones -0,13%, S&P -0,23%. Nasdaq -0,29%. L’indice Energy ha perduto l’1,5%, il calo più massiccio degli ultimi quattro mesi. Exxon ha lasciato sul terreno lo 0,8, Conoco Philips -2,5%.

FRANA DI SAIPEM, RASA AL SUOLO TREVI (-22%)

Il calo coincide con la crisi di alcuni titoli oil di Piazza Affari. Saipem (-7%), è stata la peggiore blue chip con un ribasso del 7%. La frana è cominciata quando si è saputo dell’uscita, inattesa, del titolo dall’indice Msci Global. Va rilevato che lo scorso 24 ottobre il team di analisti di Morgan Stanley aveva confermato il rating Overweight sul titolo, con un target price di 5,5 euro.

Giornata di passione anche per un altro titolo legato al mondo oil: Trevi crolla in ribasso del 22%, ultimo prezzo 0,41 euro, il più basso degli ultimi 14 anni (-60% da inizio anno). Il consiglio di Amministrazione ha rinviato l’approvazione dei dati finanziari relativi al terzo trimestre dell’esercizio in corso dopo aver preso atto delle incertezze circa l’esito delle negoziazioni in corso con il ceto creditorio per la definizione e sottoscrizione dell’accordo di standstill. In ribasso anche Eni (-1,4%) e Tenaris (-2,4%).

VENEZUELA IN DEFAULT, ASTALDI SVALUTA E CHIEDE 400 MILIONI

La crisi dei prezzi del greggio è la causa prima del default del Venezuela che minaccia di allargarsi: dopo il primo mancato pagamento (200 milioni di dollari) ne arriverà presto un secondo della compagnia petrolifera di Stato.

La crisi di Caracas ha investito in pieno Astaldi (-7% a 3,08 euro, dopo aver perso il 44% la scorsa settimana) costretta a svalutare per 230 milioni di euro la propria esposizione verso il Paese sudamericano. La società ha messo in cantiere, un’operazione di rafforzamento da complessivi 400 milioni articolato in un aumento di capitale di 200 milioni e nell’emissione di ulteriori strumenti finanziari per 200 milioni.

EUROPA IN ROSSO, VODAFONE SALVA LA CITY

Continua la striscia negativa delle Borse europee. A Milano l’indice Ftse Mib (-0,63%) ha chiuso in calo per l’ottava volta di fila a quota 22.297 punti. In rosso anche le altre principali Piazze dell’area: Madrid -0,44; Parigi -0,46%; Francoforte -0,31%. Londra ha chiuso piatta, -0,02%, con l’euro in crescita sulla sterlina (0,8961, +0,73%). A sostenere la City anche la spinta di Vodafone (+5,1%), che ha migliorato la sua guidance.

Nel terzo trimestre il Pil dell’Eurozona ha registrato un +0,6% rispetto ai tre mesi precedenti, secondo la stima preliminare diffusa da Eurostat, l’ente di statistica dell’Ue. Nel secondo trimestre il Pil aveva segnato un +0,7%. Il dato ha lievemente sorpreso gli economisti, considerata la solidità oltre le attese delle figure provenienti da Germania (la crescita dell’economia tedesca ha accelerato allo 0,8% nel terzo trimestre) e Italia (nel terzo trimestre il prodotto interno lordo è aumentato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e dell’1,8% nei confronti del terzo trimestre del 2016).

JP MORGAN VEDE LO SPREAD A 100 PUNTI

Finale di seduta positivo per il secondario italiano, che arretra comunque dai massimi di giornata. Lo spread sul Bund, scivolato fino a 138 punti base, è risalito a 143. Uno studio di JP Morgan Asset management prevede che lo spread Btp/Bund si mantenga più vicino ai 100 che ai 200 tick e che la volatilità generata dall’appuntamento elettorale possa equivalere a un’occasione di acquisto per la carta italiana.

Il tasso del dieci anni di riferimento torna a viaggiare oltre 1,80%, quello del trentennale marzo 2047 a superare il 3%. Su complessivi 900 milioni di euro, gli operatori specialisti hanno chiesto e ottenuto soltanto 308 milioni nelle riaperture loro riservate dell’asta di ieri sui Btp a tre, 7 e 15 anni. Secondo calcoli Reuters, tenendo conto della riapertura odierna ma non del Btp Italia il ministero dell’Economia ha soddisfatto circa 88,4% del totale delle esigenze di raccolta per il 2017.

La Bundesbank riapre oggi il Bund agosto 2027 0,50% per 3 miliardi di euro: prevista una buona accoglienza dopo la risalita dei tassi della scorsa settimana.

BTP ITALIA SALE A 3,325 MILIARDI

La seconda giornata del collocamento del nuovo Btp Italia si è chiusa con ordini per 1,139 miliardi di euro, con il totale richiesto che sale a 3,325 miliardi. Si tratta della dodicesima edizione del Btp Italia, la seconda quest‘anno dopo quella perfezionata in maggio con l‘emissione di 8,59 miliardi. A maggio dopo il secondo giorno le richieste retail erano state pari a 2,7 miliardi.

KEPLER BOCCIA LEONARDO, PER AKROS È BUY

Ancora in ribasso due pesi massimi di Piazza Affari. È fallito in mattinata il tentativo di rimbalzo di Leonardo (-4,6%) al termine della nona seduta consecutiva di ribasso. Kepler-Cheuvreux ha confermato il giudizio a Hold, tagliando il target a 12 euro da 15 euro. Il gruppo ha tagliato gli obiettivi al 2017 per quanto riguarda i ricavi, l’utile lordo e gli ordini, mentre i dati del terzo trimestre sono di parecchio sotto le previsioni. Gli analisti hanno rivisto “il loro approccio valutativo e le stime dopo il profit warning in occasione della trimestrale, ottenendo un target price più prudente. La crisi degli elicotteri”, hanno concluso gli esperti di Kepler, “per noi resta un puzzle”.

Di tutt’altro avviso, invece, Banca Akros che ha alzato il rating del titolo da neutral a buy, lasciando invariato il prezzo obiettivo a 14,25 euro. Per gli esperti, che ricordano il -25% circa perso dal titolo negli ultimi giorni, “le ragioni dietro il profit warning”, vale a dire l’andamento della divisione elicotteri, “sono sufficientemente chiare e sono improbabili altre sorprese”.

TELECOM AI MINIMI DAL LUGLIO 2016

Continua l’emorragia di Telecom Italia, -2,5% (è l‘ottava seduta consecutiva con segno meno). Il titolo ha toccato i minimi da metà luglio 2016. Al calo odierno del titolo hanno contribuito le dichiarazioni dell‘AD Amos Genish che ha raffreddato le speculazioni su rete e M&A.

OGGI L’AUMENTO CARIGE, BPM LIQUIDA UNIPOL

Debole il settore bancario con l‘indice di settore sceso dell‘1,11%. Tra i titoli più colpiti dalle vendite Banco Bpm (-2,49%) che ieri sera ha annunciato il prezzo definitivo della quota di Popolare Vita rilevata da Unipol. In calo anche Bper Banca (-2,2%) e Ubi (-1,98%). Giù Carige (-10,58%) mentre si avvicina l‘aumento di capitale, il cui prezzo sarà stabilito dal Cda di oggi.

NOTE POSITIVE DA A2A E CAMPARI

In rialzo le utility, più che mai beni rifugio. Italgas +1,1%, Enel +0,5%. In gran spolvero A2A (+5,61%) dopo i conti del trimestre e la revisione della guidance sul mol 2017. Mediobanca Securities ha promosso l’azione da neutral a outperform, con prezzo obiettivo che sale da 1,47 a 1,61 euro.

Campari ha festeggiato con un rialzo del 2,3% l’ingresso nell’indice Msci al posto di Saipem: Raymond James ha abbassato il target price del titolo da 7,1 a 6,8 euro, livello che resta comunque superiore agli attuali prezzi di Borsa. La raccomandazione viene confermata outperform.

NUBI SU FERRAGAMO, GLI AZZURRI ABBATTONO RCS

Nel lusso Yoox net à Porter si mette in luce con un rimbalzo dell’1,8%. Oggi si annuncia una giornata difficile per Ferragamo -0,37%. La trimestrale ha evidenziato utili in forte calo su ricavi sostanzialmente stabili. Nella conference call il Ceo Eraldo Poletto ha ribadito che il 2017 è “un anno di transizione” ed ha previsto che “il 2018 sarà un altro anno di duro lavoro”.

La mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali è stato un brutto colpo per Rcs. Il titolo del gruppo che controlla La Gazzetta dello Sport ha perduto l’8,7%. Il mercato quantifica così i potenziali minori ricavi in termini di diffusione e di pubblicità.

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