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Iraq: attenti ai raggiri

Può succedere che un presunto intermediario ci contatti dall’estero per offrirci quella che sembra un’ottima opportunità commerciale. Ma attenti a non trasformare un sogno in un incubo. Da un’esperienza di una Pmi nostra lettrice traiamo l’occasione per ricavare un manuale di avvertenze d’uso in queste circostanze

Iraq: attenti ai raggiri

Con un mercato domestico così languente, è facile che le nostre Pmi tentino la via del commercio estero.

Attenzione però ai raggiri e ai tentativi di truffa, sempre in agguato. Un nostro lettore, titolare di una start up nel settore dei materiali per l’edilizia, ci ha raccontato di essere stato contattato da un sedicente intermediario d’affari, residente in Iraq, il quale gli ha proposto un’operazione di acquisto da parte di una controparte governativa del paese. Poiché si tratta di materiali che hanno ricevuto anche dei premi per l’innovazione, sosteneva di esserne venuto a conoscenza tramite le esposizioni di settore e le segnalazioni delle associazioni di categoria. L’importo della commessa era di molti milioni di dollari (molto più del fatturato annuo della nostra impresa lettrice), con tanto di documentazione e contrattualistica inviata per e-mail e di recapiti telefonici ed indirizzi internet degli addetti all’acquisto. Il pagamento della fornitura sarebbe avvenuto in anticipo, a patto che il venditore si impegnasse, a ricezione del pagamento, alla retrocessione di una commissione di intermediazione (di congruo importo) a favore di tale intermediario.

Troppe cose non quadravano in tale invito e ci lasciavano estremamente sospettosi. Con una rapido indagine su internet abbiamo notato alcune vistose falle in questa costruzione ed anche una denuncia di un raggiro pressoché uguale ai danni di un’impresa spagnola. Per cui abbiamo consigliato l’impresa lettrice di rapidamente declinare l’invito. Senza entrare nei particolari di questa singola operazione, ricaviamone insieme dei principi di cautela di carattere generale da osservare in occasioni come questa:

1. Le probabilità che un committente praticamente sconosciuto mi contatti per affidarmi un contratto di parecchi milioni di dollari (se la mia è una piccola azienda), e per di più affidandomi un incarico diretto senza procedure di gara, sono pari a quella che la più bella attrice del mondo (lascio a voi la scelta) mi telefoni a casa per invitarmi a cena stasera. I sogni sono desideri, ma talvolta si possono trasformare in incubi. Per di più in un paese come l’Iraq, che da oltre vent’anni è sottoposto ad un embargo ferreo, e dove tutte le commesse per la ricostruzione sono attentamente monitorate e sottoposte a procedure di gara;

2. Con i moderni mezzi di comunicazione non c’è alcuna difficoltà a riprodurre una lettera intestata o alcuni logo ufficiali su un file, né ad aprire su qualche server compiacente degli indirizzi e-mail con nomi simili a quelli delle entità ufficiali di un paese. E’ ovvio che chi risponde a queste e-mail oppure ai telefoni dei contatti è d’accordo con gli eventuali truffatori. Tuttavia è anche facile sapere da chi e dove è stato aperto un certo sito, e risalire quindi alla provenienza del raggiro (nel caso in oggetto l’indirizzo era registrato negli Stati Uniti, e non aveva niente a che fare con il governo iracheno);

3. Tutti i pagamenti da e verso l’Iraq sono soggetti a rigide procedure d’embargo, stabilite sia dall’OFAC (Office of Foreign Assets Control) del Dipartimento del Tesoro USA (si veda al riguardo il sito http://www.treasury.gov/resource-center/sanctions/Programs/pages/iraq.aspx) sia dalla Commissione Europea ;

4. Tutti i pagamenti da e verso l’Iraq devono transitare tramite la Trade Bank of Iraq ed avere come strumento di pagamento un credito documentario. Questo ci dà un’ulteriore garanzia, e cioè il controllo della nostra banca italiana sull’intera procedura di pagamento e sulla regolarità dell’operato di parte irachena. La stessa cosa succede in altri paesi sottoposti a procedure di embargo;

5. E’ meglio evitare, nei contatti iniziali con contropartite “strane”, o di cui non abbiamo fiducia, di rilasciare carte intestate, loghi e soprattutto firme dei legali rappresentanti della nostra società, che possono essere utilizzate per ordire nuove truffe ai nostri danni.

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