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INTERVISTE DEL WEEKEND – Tabacci: “Berlusconi, svegliati: il NO al referendum è un suicidio”

Per il leader del Centro Democratico, Bruno Tabacci, la giravolta di Berlusconi sulla riforma costituzionale è un autogol come non s’era mai visto: “Silvio vorrebbe dare una spallata a Renzi nel referendum ma non si rende conto che la dà solo a se stesso e al buon senso tradendo il suo elettorato di riferimento” – “Ha ragione Napolitano: se vince il No addio riforme e scenari balcanici: Renzi è l’ultimo baluardo al populismo” – I paradossi dei grillini e della minoranza Pd.

INTERVISTE DEL WEEKEND – Tabacci: “Berlusconi, svegliati: il NO al referendum è un suicidio”

“Inseguendo un’improbabile rivincita e schierandosi per il No al referendum sulla riforma costituzionale, Silvio Berlusconi non si rende conto di aver tradito il suo elettorato di riferimento e di andare incontro a un suicidio sicuro: lui crede di dare una spallata a Renzi ma in realtà la dà a se stesso e al buonsenso”. Bruno Tabacci, il presidente del Centro democratico, non ha mai avuto ossessioni antiberlusconiane ma sulle ultime capriole del leader di Forza Italia è impietoso e, come Giorgio Napolitano, pensa che nel referendum di ottobre non sia in gioco solo il destino politico di Matteo Renzi e del suo Governo ma la possibilità stessa di riformare e modernizzare l’Italia. Il perché lo spiega in questa intervista rilasciata a FIRSTonline.

FIRSTonline – Onorevole Tabacci, Silvio Berlusconi ci ha abituato a mille giravolte, ma Lei s’aspettava di vederlo schierato per il NO al referendum sulla riforma costituzionale al fianco dei Travaglio, degli Ingroia, dei Di Maio e dei tanti che per anni hanno usato contro di lui gli stessi argomenti polemici che usano oggi contro Renzi?

TABACCI – Anche stavolta Berlusconi ha fatto prevalere una scelta tattica senza alcuna prospettiva politica che capovolge l’orientamento che lo aveva portato ad approvare le prime letture della riforma costituzionale e che lo condanna al sostanziale tradimento del suo elettorato di riferimento. Ho ancora in mente la pioggia di critiche al Titolo V della Costituzione che il mondo delle imprese, che votava per Berlusconi, ha espresso nelle infinite audizioni che, dal 2001 al 2006 ma anche negli anni successivi, ho promosso quando ero presidente della Commissione Attività Produttive della Camera, fino all’attuale legislatura durante la quale presiedo la bicamerale per la Semplificazione: giustamente infatti c’è ancora chi lamenta che per ogni trasporto eccezionale gli autotrasportatori siano costretti a chiedere  l’autorizzazione a ogni Regione che attraversano e chi stigmatizza le miopi politiche energetiche, ambientali e turistiche delle Regioni e per fortuna non si è arrivati alla devolution sanitaria. Prima Berlusconi condivideva le critiche al Titolo V e ora che quelle critiche sono diventate il cuore della riforma costituzionale Berlusconi cambia completamente direzione e abbandona il suo mondo originario sostenendo il NO al referendum e appaiandosi al Movimento 5 Stelle: un suicidio politico più grande di questo  non s’era mai visto.

FIRSTonline –  Che cosa ha spinto, secondo Lei, Berlusconi a capovolgere le sue posizioni che lo avevano inizialmente portato a sostenere la riforma del Senato e del Titolo V  e che, alla fine, l’hanno invece schiacciato sul fronte opposto?

TABACCI – Lo stato confusionale che lo attanaglia da tempo in politica. Berlusconi non ha più una linea precisa, basta pensare a quel che ha fatto in vista delle prossime elezioni amministrative: a Milano ha subito l’egemonia della Lega anche se coperta dalla foglia di fico di Parisi, mentre a Roma un sussulto di disperazione lo ha indotto a optare per Marchini e ad allontanarsi dalla Lega e dalla Meloni. Nel referendum insegue una rivincita impossibile provando a sparigliare e cercando di dare la spallata a Renzi senza rendersi conto che in realtà fa solo il gioco di Grillo e che la spallata la dà a se stesso e al buon senso.

FIRSTonline – Sul Foglio c’è un’autentica sollevazione di cittadini delusi dalle giravolte referendarie di Berlusconi e anche il politologo Angelo Panebianco ha scritto sul Corriere che la svolta del leader di Forza Italia è uno dei paradossi più eclatanti della consultazione costituzionale di ottobre: il voltafaccia di Berlusconi può scatenare nuovi dissensi nell’area moderata di Forza Italia?

TABACCI – In Forza Italia c’è molto malumore e molto disagio. La verità è che Berlusconi non è più il collante di un partito che ha perso la bussola. Mi piacerebbe sapere che cosa pensano gli amici di Berlusconi come Confalonieri che hanno sempre cercato di indurlo alla ragionevolezza. Berlusconi non ha ancora capito che, pretendendo di intestarsi un’ipotetica sconfitta di Renzi al referendum, in realtà sarà il primo ad essere sconfitto.

FIRSTonline -Proprio perché Berlusconi è sempre ondivago, può darsi che dopo le elezioni amministrative cambi di nuovo correggendo l’attuale linea anti-riforma nel referendum?

TABACCI – Non lo so, perché in realtà Berlusconi è ormai fuorigioco e lo è da quando ha tradito il blocco sociale che aveva inizialmente scommesso su di lui per smuovere il Paese  e che oggi guarda in altre direzioni.

FIRSTonline – Secondo Lei, Renzi ha sbagliato a personalizzare il referendum aprendo la strada a una sorta di pronunciamento plebiscitario sulla sua leadership?

TABACCI – Se penso all’irruenza di Amintore Fanfani e alla prudenza di Aldo Moro nel referendum sul divorzio, mi convinco sempre di più che meno si personalizzano le consultazioni popolari e meglio è. Ma, posto ciò, quando Renzi dice che, se perde il referendum, ne prende atto e lascia la politica non fa altro che compiere un atto di responsabilità, perché il suo Governo è indissolubilmente legato alle riforme costituzionali ed istituzionali e Giorgio Napolitano ha perfettamente ragione ad avvertire che se, malauguratamente, al referendum vincesse il No sarebbe la fine della politica del rinnovamento e delle riforme in Italia.

FIRSTonline – Al di là delle capriole di Berlusconi, c’è un altro paradosso che sta affiorando dalla incipiente campagna referendaria ed è quello del M5S che appare il maggior beneficiario della riforma elettorale imparentata a quella del Senato ma, pur con molto imbarazzo, resta attestato sul NO al referendum: finirà per smarcarsi o resterà prigioniero della propria demagogia?

TABACCI – Il Movimento 5 Stelle è per definizione tutto e il contrario di tutto. I più lucidi dei grillini capiscono benissimo che avrebbero tutto l’interesse a veder vincere il SI’ nel referendum e a sostenere così l’Italicum che può avvantaggiarli nei ballottaggi ,ma sono vittime della loro demagogia e non hanno la forza politica per trarne le conseguenze e abbandonare la linea, anche per loro suicida, del NO alla riforma costituzionale.

FIRSTonline – Anche la minoranza Pd non sembra brillare per coerenza: in Parlamento ha votato, sia pure obtorto collo, per la riforma costituzionale e ora vorrebbe libertà di voto al referendum per mandare a casa Renzi e fantasticare su un improbabile governo di unità nazionale per il dopo:  che cosa  pensa di queste manovre?

TABACCI – Penso che c’è chi scherza con il fuoco. La minoranza del Pd porta la responsabilità politica dei molti limiti che la riforma costituzionale ha ma, anziché difenderla, vorrebbe smarcarsi in odio a Renzi: nel suo orizzonte gli interessi generali non contano mai? Non è così che si fa una politica al servizio del Paese.

FIRSTonline – In conclusione, quali scenari politici intravede, a seconda che vinca il SI’ o il NO, dopo il referendum?

TABACCI – Se nel referendum vince, come mi auguro, il SI’ alla riforma costituzionale, Renzi si consolida e apre subito dopo il congresso del Pd per rafforzare la sua leadership. A quel punto gli spazi per la minoranza interna si ridurranno e si potrebbe arrivare alla rottura nel Pd. Sul piano generale ho invece buoni motivi per credere che Renzi non proporrà di anticipare le elezioni politiche, perché cercherà di capitalizzare i frutti della ripresa economica presentandosi al voto nel 2018 con una manovra di bilancio in grado di tagliare significativamente le tasse.

FIRSTonline – E se invece prevalesse il NO?

TABACCI – Allora si aprirebbero scenari balcanici. Ci sarebbe non solo una crisi di governo ma un avvitamento istituzionale che renderebbe impossibile la governabilità con la probabile prospettiva di andare alle elezioni con un nuovo sistema elettorale ultra-proporzionale che renderebbe molto difficile formare maggioranze e costringerebbe gli stessi grillini a isolarsi sempre di più o a scendere a patti. Saremmo nella palude. Chi non ha ancora capito che Renzi, piaccia o non piaccia, è l’ultimo baluardo contro il populismo potrebbe anche festeggiare l’uscita di scena del premier legata alla vittoria del No al referendum, ma in realtà, insieme a Renzi, perderemmo tutti e perderebbe soprattutto il Paese.

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