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Inflazione: i prezzi del cibo sono quelli che cambiano più spesso, mentre quelli dei servizi sono i più stabili

Secondo uno studio della Banca d’Italia, i prezzi variano con frequenza maggiore fra gli alimentari non trasformati (il 31%, in media, ogni mese) e assai minore nei servizi (6%)

Inflazione: i prezzi del cibo sono quelli che cambiano più spesso, mentre quelli dei servizi sono i più stabili

Nell’ultimo anno l’inflazione è tornata a essere un problema in gran parte del mondo. A giugno l’indice dei prezzi al consumo Usa è schizzato al 9,1%, il massimo dal 1981, mentre l’Eurozona ha aggiornato a luglio il primato storico (8,9%) e in Germania la Bundesbank prevede che il caro-vita arriverà al 10% in autunno. Quanto all’Italia, secondo l’Istat il mese scorso l’inflazione si è attestata al 7,9%, ma con un rincaro del “carrello della spesa” (il sottoindice relativo ai prodotti più acquistati) pari al 9,1%, l’aumento più alto dal settembre del 1984. Proprio questa distinzione fa sorgere una domanda: quali sono i prezzi che, da un mese all’altro, cambiano più spesso?

La risposta è contenuta in uno studio della Banca d’Italia dal titolo “New facts on consumer price rigidity in the Euro Area”. L’analisi si concentra su 11 paesi dell’Eurozona (che insieme coprono circa il 60% dei consumi dell’area) e riguardano gli anni 2010-2019, prima della recente impennata dell’inflazione.

Le differenze tra i settori…

Secondo gli economisti di Via Nazionale, in media il 12,3% dei prezzi subisce una variazione nell’arco di un mese, ma se si escludono i cambiamenti dovuti ai saldi il dato scende all’8,3%. Le differenze tra paesi sono relativamente contenute, mentre quelle tra i settori sono molto più marcate: i prezzi variano con frequenza maggiore fra gli alimentari non trasformati (il 31%, in media, ogni mese) e assai minore nei servizi (6%).

…e come si spiegano

“L’eterogeneità intersettoriale è molto simile tra paesi – si legge nello studio – e va in parte ricondotta alle differenti strutture dei costi dei prodotti”. In particolare, la frequenza della variazione è minore per quei prodotti su cui incide di più la componente del costo del lavoro, mentre è maggiore per quelli più legati ai costi dell’energia e delle materie prime, i cui prezzi sono decisamente più volatili.

Un confronto fra Eurozona e Stati Uniti

Bankitalia fa poi un confronto con l’altra sponda dell’Atlantico, sottolineando che, rispetto all’Eurozona, i prezzi vengono aggiornati con frequenza molto maggiore negli Stati Uniti, dove le modifiche mensili riguardano quasi un prodotto su cinque (il 19,3%). “Tuttavia – chiarisce ancora Via Nazionale – se escludiamo le variazioni di prezzo dovute ai saldi, la differenza si riduce in modo significativo”, perché i dati si ridimensionano al 10% per gli Stati Uniti e all’8,5% per l’area dell’euro.

L’ampiezza delle variazioni di prezzo

Infine, tornando alla sola Eurozona, gli analisti spiegano che non solo la frequenza, ma anche l’ampiezza delle variazioni di prezzo su base mensile è piuttosto significativa: l’aumento mediano è pari al 9,6%, mentre la diminuzione mediana arriva al 13% (se si escludono i saldi, le percentuali scendono rispettivamente al 7 e al 10%). Anche in questo caso, precisa Bankitalia, “la variazione mediana in entrambe le direzioni è minore per i servizi rispetto agli altri prodotti”.

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