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Il salario minimo porta a una riforma della contrattazione ma i sindacati sono pronti?

E’ un fatto positivo che si torni a parlare di salario minimo dopo il pronunciamento dell’Europa ma il salario minimo non può significare il salario più alto possibile

Il salario minimo porta a una riforma della contrattazione ma i sindacati sono pronti?

Il fatto positivo è che se ne parla, ma le prospettive di realizzazione sono fortemente condizionate dal fatto che ciascun partecipante al dibattito, quando non esprime una negatività, assegna al salario minimo un personale significato che ha poco a che vedere con il “salario minimo”.

Come quantificare il salario minimo?

Lo dice la parola stessa: il salario minimo non può soddisfare l’obiettivo “politico” di un importo che sia il più alto possibile anche in confronto con altri Paesi e che risolva il problema del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti.

Inoltre il salario minimo deve essere applicato a tutte le ore retribuite che possono essere indicate in 173 o 174 ore mensili o in un massimo di 2088 ore annue, ore sostanzialmente diverse dalle ore lavorate che difficilmente superano le 1600 ore tenendo conto dell’assenteismo medio per malattia e per altre assenze a vario titolo a meno di significative attività svolte in straordinario.

Si possono pertanto individuare due aspetti della retribuzione spettante al lavoratore: il salario minimo che viene corrisposto, nel rispetto della legge, in virtù di un rapporto di lavoro e la retribuzione che viene corrisposta in relazione alla mansione/prestazione in relazione alla contrattazione collettiva nazionale/aziendale e, perché no, individuale 

La quantificazione del salario minimo può essere facilmente definita prendendo a riferimento i valori erogati dalla cassa integrazione (massimale di 1222,51 mensile) che porterebbe ad un valore orario di poco più di 7 euro all’ora, importo che non comprometterebbe le “capacità negoziali” del sindacato e delle organizzazioni imprenditoriali per definire valori contrattuali più elevati legati alla prestazione.

Il ruolo dei sindacati nel dibattito sul salario minimo

A proposito dei “soggetti della contrattazione” occorre che costoro rinuncino a voler rappresentare l’esclusività della negoziazione in confronto alla legge. 

Osservo che a distanza di undici anni dall’uscita del gruppo Fiat dalla Confindustria permane ancora la posizione dei soggetti contrattuali (confederazioni sindacali e Confindustria) che, in occasione della ratifica dell’accordo interconfederale del settembre 2011, rivendicarono il loro ruolo in antitesi alla legge che aveva introdotto l’articolo otto con cui si riconosceva l’efficacia della contrattazione approvata dai lavoratori.

Quella posizione dei sindacati confederali e della Confindustria determinò l’uscita di FIAT da Confindustria stessa.

C’è da chiedersi come mai questa rivendicata esclusività del rapporto sindacale rispetto alla legge non abbia determinato quella adeguatezza delle retribuzioni che oggi tutti lamentano!!!

Un salario minimo attestato a circa 7 euro orarie non fa correre il rischio di aumentare il lavoro nero nelle attività che non sarebbero sostenibili con compensi più alti (lavoratori domestici, attività discontinue, ecc.) non dimentichiamo come la quasi totale cancellazione dei voucher abbia reso difficile alcune attività in  particolare in agricoltura, mentre  creerebbe nuovi e diversi spazi alla contrattazione.

Il contratto nazionale non dovrebbe più soddisfare l’art. 36 della Costituzione “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa” .

Se la seconda parte dell’articolo è soddisfatto dal salario minimo come è soddisfatto dal valore della cassa integrazione (nessuno ha mai messo in discussione la costituzionalità di tali importi), la prima parte della “retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro“ deve essere soddisfatta dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale o individuale.

Verso una riforma della contrattazione?

La contrattazione può essere correlata inoltre alle ore lavorate e non al totale delle ore retribuite determinando un effetto di produttività aziendale che consentirebbe la crescita delle retribuzioni.

Si creerebbe pertanto un nuovo assetto retributivo con il salario minimo definito per legge, il welfare risultato della contrattazione entrambi applicati a tutti i lavoratori in funzione del rapporto di lavoro e la retribuzione legata alle mansioni-prestazioni e all’effettivo orario lavorato.

Il nuovo impulso alla contrattazione sulla retribuzione non più condizionata al vincolo della irriducibilità come è stata per decenni, avrebbe bisogno di ridefinire la rappresentanza dei soggetti negoziali, situazione mai affrontata in termini legislativi malgrado le dichiarate “buone intenzioni” e che da un decennio non si è mai concretizzato.

Un accordo sottoscritto da chi rappresenta la maggioranza dei lavoratori darebbe validità al sistema di relazioni sindacali e darebbe certezze alle aziende.

Mi pare che, oggi, i soggetti negoziali siano più preoccupati di difendere il proprio ruolo, anziché affrontare le necessarie trasformazioni del sistema di relazioni sindacali.

°°°L’autore è stato il Responsabile delle relazioni sindacali della Fiat di Marchionne e protagonista della vertenza di Pomigliano che portò all’uscita della Fiat dalla Confindustria

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