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Il 2012 è stato l’anno dei 2 SuperMario:se l’euro è salvo, il merito è soprattutto di Draghi e Monti

La salvezza dell’euro porta soprattutto due firme: quella di Mario Draghi e quella di Mario Monti – Hanno evitato il cortocircuito dell’Eurozona e impedito la bancarotta dell’Italia – Lo spread Btp-Bund si è dimezzato – Per il 2013, oltre all’attuazione degli impegni europei per lo scudo antispread e la vigilanza bancaria, la sfida è la crescita.

Il 2012 è stato l’anno dei 2 SuperMario:se l’euro è salvo, il merito è soprattutto di Draghi e Monti

Il Financial Times ha nominato Mario Draghi come l’uomo dell’anno. Mai scelta è stata più opportuna, ma per completezza bisognerebbe aggiungere un altro nome. Gli uomini dell’anno del 2012 sono due: i due SuperMario, Mario Draghi e Mario Monti. Se l’euro è salvo, il merito è soprattutto loro. Per quello che hanno saputo fare in Europa e, nel caso di Monti, per quello che è stato fatto in Italia.

Il nostro è un Paese dalla memoria corta e che spesso si culla nelle illusioni, ma mai avevamo corso tanti pericoli come negli ultimi tempi. Non dimentichiamoci che Monti è arrivato a Palazzo Chigi a metà di novembre del 2011 perché l’Italia era sull’orlo della bancarotta e lo spread che, ne misura l’affidabilità sui mercati finanziari, era il doppio di oggi. E non scordiamoci che ancora nella primavera scorsa nessuno giurava sul futuro dell’euro. L’azione combinata, ma rispettosa dei diversi ruoli e della reciproca autonomia, di due italiani di cui dobbiamo essere orgogliosi come Mario Draghi e Mario Monti ha fatto il miracolo e se il nostro Paese non ha fatto la fine della Grecia e sta meglio della Spagna ma soprattutto se l’euro e l’Europa non sono andati in frantumi il merito è principalmente loro.

Con una mossa geniale ma rispettosa dei trattati europei e dello statuto della Bce, Draghi ha prima garantito mezzi illimitati alle banche e poi, con un vero e proprio colpo d’ala, ha assicurato l’acquisto di bond dei Paesi che avessero chiesto all’Unione europea aiuti al nuovo fondo salva-Stati, stroncando la speculazione finanziaria che aveva scommesso sul naufragio dell’euro.

Come Draghi, Monti ha speso la sua infinita credibilità internazionale e la sua perfetta padronanza delle regole europee per portare fino in fondo l’azione di persuasione nei confronti dei partner comunitari e della Germania in primo luogo e raggiungere l’obiettivo di mettere in sicurezza l’euro attraverso lo scudo antispread e la vigilanza bancaria unica che hanno coronato il Consiglio europeo di fine giugno. Il resto Monti lo ha fatto in casa, rassicurando fin dal suo ingresso a Palazzo Chigi sia i mercati finanziari che le istituzioni internazionali e mettendo sotto controllo i conti pubblici ma anche rompendo le regole rovinose della partitocrazia e dell’infausta era berlusconiana che aveva portato il Paese sull’orlo del default.

Monti e Draghi hanno il grande merito di aver fatto capire agli italiani che il futuro del nostro Paese è come un campionato di calcio: si vince in casa – con una politica economica di rigore e sviluppo ma anche con una strategia incessante di riforme – ma soprattutto in trasferta e cioè in Europa, non solo recependo ma contribuendo a formare le politiche della Comunità. Non per caso l’Agenda Monti che sarà un punto di riferimento centrale nell’imminente campagna elettorale si chiama “Cambiare l’Italia e riformare l’Europa”.

Ciò è valso per la messa in sicurezza dei conti pubblici e deve valere nel 2013 per la crescita e lo sviluppo. Per uscire dalla recessione che ha investito l’Italia ancor più dell’Europa serve una strategia italiana ma serve soprattutto una strategia europea.  L’Agenda Monti ne indica il percorso. In Italia bisogna creare le condizioni per ridurre fortemente le tasse sul lavoro e sulle imprese senza scassare i conti pubblici ma tagliando la spesa pubblica improduttiva e continuando la lotta alla corruzione e all’evasione fiscale. In Europa serve la golden rule – cioè lo scomputo dai bilanci nazionali delle spese per investimenti – e servono gli eurobond per sostenere grandi progetti infrastrutturali.  Quel che invece non serve è il populismo che promette mari e monti sapendo di non poter mantenere o addossandone i costi alle generazioni future e ai governi che verranno. Se ne ricordino gli italiani al momento del voto nel prossimo mese di febbraio. 

Il 2012 è stato un anno difficilissimo per l’Italia ma è stato anche un anno che, pur nella morsa della recessione, ha acceso la speranza di potercela fare. Ma solo cambiando e riformando e solo archiviando le illusioni del populismo più pernicioso. Mario Draghi e Mario Monti ci hanno indicato come. Grazie a tutt’e due. Yes, we can. 

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