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I rischi per l’export kazako arrivano da inefficienze creditizie

Nonostante ci si aspetti una crescita del PIL trainata dall’export delle materie prime, Intesa Sanpaolo sottolinea come la limitata diversificazione produttiva e la debole posizione finanziaria delle imprese rappresentino le vulnerabilità del paese.

I rischi per l’export kazako arrivano da inefficienze creditizie

Sulla base dei dati pubblicati da Intesa Sanpaolo, nel 2012 la crescita del PIL kazako ha rallentato a un tasso del 5%, da 7,5% del 2011 e 8,4% medio nel periodo 2004-08, prima dello scoppio della crisi finanziaria. Questo rallentamento è stato determinato dalla caduta della produzione agricola (-8,2%) a causa delle condizioni di siccità che hanno determinato un marcato taglio del raccolto di frumento e dal calo della produzione mineraria rappresentata da petrolio e gas condensato (-1,1%). Il settore servizi si è confermato come il più dinamico, registrando un’espansione in termini reali di 9,6%, spinto dai servizi di vendita, trasporto, comunicazione e ristorazione, dal recupero dell’immobiliare e del comparto finanziario. La produzione manifatturiera, pur frenando sensibilmente, si mantiene in crescita positiva (+2,1%). Le previsioni relative al 2013 parlano di una dinamica del PIL che beneficerà dell’avvio della produzione nell’importante giacimento petrolifero di Kashagan e della ripresa, in assenza di condizioni metereologiche avverse, della produzione agricola. E se, al tempo stesso, la trasformazione manifatturiera e i servizi seguiranno questo trend, la crescita del PIL potrebbe riportarsi nel 2013 attorno al 7%, pur in presenza di un quadro esterno ancora non particolarmente favorevole, per accelerare ulteriormente nel corso del2014, a 7,6%.

Il Kazakistan è un paese ricco di riserve fossili (carbone, gas e petrolio) e di minerali (uranio, ferro, rame, zinco) e, sebbene il settore manifatturiero (trasformazione di beni da idrocarburi, metalli e prodotti agricoli) e quello agricolo (frumento, cotone e allevamento) rivestano una certa importanza, l’economia si basa principalmente sulle attività di estrazione di idrocarburi. Gas e petrolio forniscono, infatti, quasi i tre quarti dei proventi dalle esportazioni (a cui si aggiunge la quota del 15% dai metalli) e quasi il 50% delle entrate fiscali. Inoltre, questo settore assorbe i tre quarti del flusso di IDE (7,3% del PIL),  alimentando l’industria della trasformazione (lavorazione metalli e petrolchimica), i relativi servizi (trasporto, manutenzione, esplorazione) e infrastrutture (collegamenti stradali e aerei, oleodotti e gasdotti). Gli incassi della vendita delle materie prime hanno favorito a loro volta lo sviluppo del settore finanziario e di quello immobiliare.

La Bilancia dei Pagamenti ha registrato nel 2012 un surplus corrente del 4,5% del PIL, determinato dall’ampio surplus commerciale (23,4% del PIL) che ha più che compensato il deficit del conto redditi (14% del PIL) per la remunerazione dei capitali investiti nel Paese. Il conto finanziario negli ultimi tre anni ha però chiuso in deficit, principalmente a causa della riduzione di capitali destinati a investimenti di portafoglio da parte di investitori esteri. A fine 2012 le riserve in valuta ammontavano a 21,6 miliardi di dollari rispetto a un fabbisogno finanziario estero 2013 pari a 23,1 mld. Per far fronte ai suoi impegni con l’estero, il Kazakistan dispone tuttavia anche di un Fondo Sovrano, il Fondo Petrolifero Nazionale, creato con i proventi dalla vendita di gas e petrolio, che a fine 2012 aveva una capitalizzazione di circa 60 mld. Nonostante ciò, il settore bancario presenta ancora un’elevata quota di crediti in sofferenza e la posizione finanziaria di molte imprese, soprattutto quelle esposte al settore immobiliare, resta debole. La limitata diversificazione dell’economia e l’eccessiva dipendenza dal ciclo delle materie prime rappresentano, infatti, pericolosi fattori di vulnerabilità che, in assenza degli adeguati interventi istituzionali in termini di ripensamento delle strategie commerciali e creditizie, rischiano di pregiudicare lo sviluppo economico del paese nel lungo periodo.

L’UE, che assorbe quasi il 50% delle esportazioni e fornisce poco meno di un quinto delle importazioni, è il principale partner commerciale del Kazakistan, seguita dai paesi CSI (14% delle esportazioni e 52,2% delle importazioni nel 2011) e dalla Cina (rispettivamente, 18,5% e 13%). Dall’UE proviene, inoltre, più di un terzo degli IDE, mentre la quota cinese, pari a 10%, è destinata ad aumentare dopo la sigla di accordi di cooperazione nel campo della lavorazione dei prodotti energetici, della generazione di energia e dello sviluppo delle infrastrutture. Anche le relazioni con la Russia sono previste in ulteriore sviluppo, grazie all’avvio nel 2010 dell’Unione Doganale e alla formazione, da inizio 2012, dello Spazio Economico Comune tra Kazakistan, Russia e Bielorussia, nell’ambito della Comunità Economica Eurasiatica (CEE). In questo scenarion, gli scambi commerciali del Kazakistan sono passati da 23 mld del 2003 a 110 mld nel 2008, segnando un incremento medio annuo nominale del 37%. Il saldo della bilancia commerciale, storicamente positivo, ha raggiunto un picco nel 2011 superando i 50 miliardi di dollari, grazie ad un crescente sfruttamento dei giacimenti petroliferi. Il Kazakistan sembra così destinato a diventare uno dei cinque maggiori produttori petroliferi mondiali nel prossimo decennio. Nel 2012 il surplus si è attestato a poco meno di 48 mld per effetto di una crescita delle importazioni maggiore rispetto alle esportazioni.

Tra i Paesi UE l’Italia è la principale controparte, con una quota sul totale dell’interscambio kazaco di circa il 13%, cui seguono Olanda (5,5%), Francia (5%) e Germania (3%). Laddove gli scambi commerciali hanno superato i 5,5 miliardi di euro nel 2012, quintuplicando il valore dal 2004, le esportazioni italiane sono storicamente inferiori alle importazioni. Il divario dei due flussi è andato crescendo nel tempo e nel 2012 l’export era pari a circa un quinto delle importazioni. Quest’ultime sono rappresentate per la quasi totalità da minerali energetici (92%), seguite da metalli, derivati petroliferi, prodotti agricoli e tessili, mentre le esportazioni sono rappresentate da macchinari meccanici, apparecchi elettrici e mezzi di trasporto (60%), cui seguono prodotti di tessile e abbigliamento, metalli e lavorati in metallo.

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