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Guerra Russia-Ucraina: la de-escalation non c’è. Biden alza l’allarme, Wall Street e le Borse europee cadono

Sale la tensione sulla crisi in Ucraina. I listini chiudono in ribasso e premiano i titoli energetici – Si salva il lusso con Ferrari e Kering, giù le banche

Guerra Russia-Ucraina: la de-escalation non c’è. Biden alza l’allarme, Wall Street e le Borse europee cadono

Il crescente rischio di una guerra in Europa tiene di nuovo banco sui mercati e induce gli investitori a dirigersi su asset meno rischiosi delle azioni, come l’oro o i titoli di Stato, in un contesto in cui si avvicina una stretta da parte delle banche centrali per contenere l’inflazione.

I listini del Vecchio Continente chiudono perciò la seduta in calo, dopo un incremento delle vendite nel pomeriggio in scia all’avvio negativo di Wall Street. Da inizio anno il Nasdaq ha perso circa il 12%. I listini newyorkesi stanno accelerando al ribasso a seguito delle parole del presidente Joe Biden secondo il quale “Il rischio di un’invasione russa è estremamente alto” e l’aggressione di Mosca potrebbe partire “nei prossimi giorni”. Mentre attualmente “non è in programma” una conversazione con il presidente russo, Vladimir Putin.

In questo quadro Piazza Affari è in maglia nera e cede l’1,11%, scivolando a 26.669 punti, con una rotazione sui titoli che vede nuovamente petroliferi e banche in fondo al listino.

Nel resto d’Europa: Amsterdam -1,02%; Londra -0,88%; Madrid -0,75%, Francoforte -0,68%. La migliore è Parigi -0,26%, sorretta dal buon andamento del lusso dopo i risultati di Kering (+5,11%), ottimi grazie al marchio Gucci. A picco Mosca: -3,71%.

Tra le materie prime vola l’oro, rivendicando il suo ruolo di bene rifugio e apprezzandosi dell’1,34%, per un valore di 1,894,21 dollari l’oncia.

Riparte la corsa del gas, mentre viaggia in retromarcia il petrolio sulla scorta dei negoziati che potrebbero salvare l’accordo nucleare iraniano del 2015. Il Brent cede il 2,36% e tratta intorno a 92,6 dollari al barile.

Gli acquisti si dirigono invece sui titoli di Stato. Negli Usa il rendimento del decennale è sotto il 2% (1,97), dopo una lettura dei verbali della Fed, pubblicati ieri sera, che non ha allarmato Wall Street. Oggi inoltre è uscito il dato sulle richieste settimanali di sussidi alla disoccupazione ed è risultato peggiore del previsto. Le richieste sono salite di 23mila a 248mila, contro attese di un calo a 218mila.

Scendono anche i rendimenti del decennale benchmark italiano, +1,84% e quello del Bund +0,23%, per uno spread in calo a 161 punti base (-1,06%).

Sale leggermente l’indice del dollaro, ma l’euro mantiene il cambio intorno a 1,136.

Bene lo yen, tra le principali valute ‘safe haven’, grazie all’intonazione ‘risk-off’ prevalente sui mercati. Resta debole il rublo, mentre rialza la testa la lira turca dopo la conferma dei tassi da parte della banca centrale.

Piazza Affari in rosso con petroliferi e banche

Sul principale listino di Piazza Affari i rialzi sono contenuti e partono da Atlantia +0,96% e Recordati +0,66%. Rialza la testa Ferrari, +0,56%, dopo le perdite della vigilia, nel giorno della presentazione della nuova F1-75, la monoposto per il mondiale di Formula del 2022.

Si conferma in progresso Prysmian +0,27%, bene Poste +0,36%, Campari +0,24, Italgas +0,14%.

I maggiori ribassi sono per le banche, soprattutto Bper -3,98%, Unicredit -2,73%, Mediobanca -2,36%. Tra i finanziari male Nexi -3,12%.

Chiudono la seduta in rosso i titoli petroliferi, a partire da Tenaris -2,83% (nonostante gli ottimi conti) e Saipem -2,76%. In controtendenza Eni, +0,2%. Nell’automotive la più colpita è Iveco -3,52%.

Crisi Ucaina in primo piano

Dopo il Covid (che non ha ancora smesso di fare danni, vista la situazione di Hong Kong) c’è la crisi Ucraina a tenere con il fiato sospeso il mondo, anche quello finanziario. 

L’ottimismo di qualche giorno fa, quando la Russia aveva cominciato a ritirare truppe dai confini, sembra svanito. Gli Stati Uniti dicono che “la Russia procede verso un’invasione imminente” e la Nato è preoccupata “che la Russia crei un pretesto per attaccare l’Ucraina”. Dall’altra parte il Cremlino parla di “isteria occidentale”, ma intanto manda via il viceambasciatore nordamericano.

Il premier italiano Mario Draghi chiarisce che “la situazione sostanzialmente è quella di qualche giorno fa. Questi episodi che sembravano annunciare una de-escalation non sono al momento presi seriamente. Dobbiamo rimanere pronti ad ogni eventualità”. L’ex presidente della Bce indica come obiettivo quello di far sedere al tavolo delle trattive il presidente russo Vladimir Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e l’Italia sta facendo il possibile per ottenere questo risultato. Draghi conferma inoltre che andrà a Mosca per incontrare Putin e l’organizzazione del meeting è in corso.

A inquietare sono poi le notizie che arrivano direttamente dal fronte caldo dei due paesi, che si accusano vicendevolmente di aver sparato dei proiettili oltre la linea del cessate il fuoco nell’Ucraina orientale, dando la sensazione che una piccola miccia potrebbe innescare una pericolosa reazione a catena.

La segretaria al Tesoro americano Janet Yellen, infine, ricorda che le sanzioni contro la Russia, nel caso di un’invasione dell’Ucraina, avrebbero delle “ripercussioni mondiali”. “Noi vogliamo che queste sanzioni gravino soprattutto sulla Russia, ma dobbiamo riconoscere che avrebbero anche delle ripercussioni mondiali”.

Lane (Bce): “La bassa inflazione non tornerà”

I rincari dell’energia spingono quelli di altri settori e tengono alto il livello dell’inflazione nel suo complesso anche in Europa: il tema viene preso in esame nell’ultimo bollettino della Bce. La banca centrale tende a tenersi le mani libere, nella previsione che queste tensioni si riducano nel corso dell’anno. Sul punto però fa sentire la sua voce oggi il capo economista della Bce Philip Lane, secondo il quale “ci sono molti fattori che indicano che il contesto di inflazione eccessivamente bassa, che ha prevalso tra 2014 e 2019 (quando l’inflazione media è stata appena lo 0,9%) potrebbe non riemergere neppure dopo la fine della pandemia”. Perciò la Bce fisserà la sua politica monetaria in modo da raggiungere il suo obiettivo simmetrico del 2% nel medio termine, non tollerando né reazioni eccessive né reazioni insufficienti ai rischi di inflazione emergenti”.

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