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Guerra Russia-Ucraina ed effetti sull’economia italiana: i tre scenari possibili secondo Bankitalia

Bankitalia esamina le possibili conseguenze macroeconomiche della guerra sull’Italia, non escludendo scenari ancora più sfavorevoli in un quadro economico già complesso

Guerra Russia-Ucraina ed effetti sull’economia italiana: i tre scenari possibili secondo Bankitalia

La guerra in Ucraina deteriora già il complesso scenario economico non solo per l’Italia, ma per tutta l’Europa. Dall’inizio dell’anno l’attività̀ economica globale ha mostrato segnali di rallentamento, dovuti alla diffusione della variante Omicron del Covid e, successivamente, alle crescenti tensioni geopolitiche culminate con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. I canali d’impatto sono molteplici: il freno alle esportazioni verso i paesi coinvolti (e non solo), le sanzioni economiche alla Russia, le strozzature dal lato dell’offerta, l’incertezza e la volatilità sui mercati finanziari, ma soprattutto i picchi storici dei rincari dell’energia e delle altre materie prime. Il risultato è un’impennata dell’inflazione ai massimi storici. Quanto profondamente il conflitto frenerà la crescita dell’economia italiana? E quanto è importante, ai fini degli impatti economici, la sua durata?

Nell’attuale contento internazionale, il conflitto ucraino getta un’ombra di acuta incertezza sull’economia mondiale. Bankitalia esamina le possibili conseguenze macroeconomiche della guerra in tre scenari illustrativi, definiti sulla base di ipotesi tra loro alternative sull’andamento dei prezzi delle materie prime, del commercio internazionale, dell’incertezza e della fiducia di consumatori e impre-se, nonché delle forniture di gas naturale. Questi scenari, esplcita Bankitalia, non esprimono una valutazione riguardo l’evoluzione ritenuta più probabile per l’economia negli anni a venire e non costituiscono pertanto un aggiornamento delle proiezioni per l’Italia.

Tutti gli scenari tengono conto delle informazioni più recenti relative alla dinamica dei prezzi al consumo e all’attività economica, e in particolare delle stime sul Pil nel primo trimestre dell’anno. Essi incorporano inoltre gli effetti delle misure di politica di bilancio già̀ adottate per contrastare i rincari delle materie prime e quelli dell’evoluzione futura dei tassi di interesse desunti all’andamento recente dei mercati finanziari. Non includono però possibili ulteriori risposte delle politiche economiche.

Primo scenario: crescita del Pil al 3% e inflazione al 4% nel 2022

In un primo scenario, quello più favorevole, Bankitalia (nel bollettino economico di aprile) ipotizza che una rapida risoluzione del conflitto possa comportare un significativo ridimensionamento delle tensioni che attualmente sostengono i prezzi delle materie prime, contribuendo quindi a dissipare l’incertezza e a sostenere la fiducia.

Dalla metà del 2022 i prezzi del gas e del petrolio tornerebbero sui livelli attesi all’inizio di gennaio, annullando gli incrementi impliciti nelle attuali quotazioni dei futures e pari a circa 40 punti percentuali nel 2022 e a 50 punti nel 2023 per il gas, e a circa il 30 e il 20% rispettivamente per il petrolio.

L’evoluzione del commercio internazionale si assume in linea con la dinamica alla base delle proiezioni per l’area dell’euro formulate in marzo dagli esperti della Bce. In questo scenario il Pil si espanderebbe del 3% quest’anno e del 3,1% nel 2023. L’inflazione sarebbe pari al 4% nel 2022 e scenderebbe all’1,8% nel 2023. Rispetto alle proiezioni formulate nel Bollettino economico dello scorso gennaio, l’aumento del prodotto sarebbe inferiore di quasi un punto percentuale quest’anno, a causa soprattutto dell’andamento peggiore delle attese nel primo trimestre, che riflette solo in parte gli sviluppi seguiti allo scoppio della guerra; la crescita risulterebbe invece superiore di oltre mezzo punto nel 2023. L’inflazione sarebbe invece più elevata di 0,5 punti nel 2022 e di 0,2 punti nel 2023.

Secondo scenario: Pil al 2% e inflazione al 5,6% nel 2022

Un secondo scenario, più intermedio, è formulato assumendo un protrarsi del conflitto. Le ipotesi tecniche relative ai prezzi delle materie prime sono desunte dai contratti futures nelle dieci giornate lavorative precedenti il 1° aprile. Si assume poi che le ripercussioni della prosecuzione del conflitto sugli scambi con la Russia e l’Ucraina comprimano nei prossimi due anni la domanda estera di beni e servizi italiani di circa l’1%.

Si incorporano inoltre un deterioramento della fiducia e un aumento dell’incertezza, che Bankitalia ipotizza abbiano tuttavia una durata relativamente breve e che si esauriscano all’inizio del 2023. In questo scenario la crescita del Pil in Italia sarebbe pari al 2,2% nel 2022 e all’1,8 nel 2023. L’inflazione si porterebbe al 5,6% quest’anno e al 2,2 nel 2023. Rispetto alle proiezioni formulate lo scorso gennaio, la crescita sarebbe quindi inferiore di 1,6 punti percentuali nel 2022 e di 0,7 nel 2023. Oltre all’andamento peggiore delle attese nel primo trimestre di quest’anno, secondo Banca d’Italia, la riduzione della crescita è ascrivibile in larga misura agli effetti dei rincari delle materie prime; la più elevata inflazione rispecchierebbe pressoché́ per intero il profilo dei prezzi di queste ultime.

Terzo scenario: Pil all’1,5% e inflazione vicino all’8% nel 2022

Un terzo scenario, quello più catastrofico, è formulato ipotizzando che le ostilità̀, oltre a prolungarsi, si aggravino comportando una minore disponibilità̀ di gas per l’Italia, a seguito di un blocco delle forniture dalla Russia della durata di un anno a partire da maggio. A titolo illustrativo, specifica Bankitalia, si considera l’ipotesi che la sospensione, in parte compensata mediante il ricorso ad altri fornitori, si traduca in una riduzione di circa il 10% della produzione del settore della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata5. Inoltre, si ipotizza che ciò̀ generi strozzature per le sole attività̀ manifatturiere caratterizzate da un’elevata intensità̀ energetica.

I vincoli alla produzione che ne deriverebbero ridurrebbero il valore aggiunto complessivo dell’economia di circa l’1,5%. Oltre a questa perdita diretta di produzione, si verificherebbero effetti indiretti legati alla minore offerta da parte dei settori a valle e a una diminuzione di occupazione, redditi e domanda aggregata.

La più̀ bassa disponibilità̀ di gas determinerebbe anche una forte accentuazione degli effetti riconducibili agli altri canali di trasmissione. Si ipotizza in particolare che i prezzi del gas naturale si portino su livelli superiori a quelli dell’inizio di gennaio di 130 punti percentuali nel 2022 e di circa 90 nel 2023; il rialzo dei prezzi del petrolio sarebbe di circa 40 e 30 punti, rispettivamente.

Alla prosecuzione delle ostilità, si ipotizza inoltre che aumenti incertezza e sfiducia di consumatori e imprese, simili a quelli registrati nei maggiori episodi recessivi recenti. Ulteriori effetti negativi deriverebbero dalle ricadute del conflitto sugli scambi con l’estero. Si incorpora in particolare una riduzione della domanda estera dell’Italia di circa 2,5 punti percentuali nel biennio 2022-238. In questo scenario il Pil diminuirebbe di quasi mezzo punto percentuale sia quest’anno sia il prossimo. A fronte di quanto prefigurato nel Bollettino economico dello scorso gennaio, il prodotto risulterebbe quindi ridimensionato per piuù di 7 punti percentuali complessivamente nel biennio 2022-23. L’inflazione si avvicinerebbe all’8% nel 2022 e scenderebbe al 2,3 nel 2023.

Nell’attuale contesto di fortissima incertezza, secondo Bankitalia, non si possono escludere scenari ancora più sfavorevoli. Le conseguenze del conflitto sull’economia italiana dipenderanno anche in misura rilevante dalle politiche economiche che potranno essere adottate per contrastare le spinte recessive e frenare le pressioni sui prezzi evidenziate nei tre scenari illustrati.

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