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Guerra del riso e grano: made in Italy in ginocchio

Allarme dei produttori non solo italiani per l’enorme incremento dell’importazione da Paesi extra Ue (Oriente per il riso, area America per il grano) che ha fatto crollare i prezzi e sta mettendo in ginocchio le produzioni di qualità in Italia ma anche in Francia, Spagna e Grecia. Ue sotto accusa per l’abolizione dei dazi ai Paesi meno avanzati (Pma)

Guerra del riso e grano: made in Italy in ginocchio

Prima l’allarme sul grano, ora quello sul riso. L’import (sia Extra che Intra Ue) sta mettendo in ginocchio le produzioni italiane. E le organizzazioni dei produttori, Coldiretti e Confagricoltura, lanciano l’allarme.

GRANO DURO E PASTA

I dati sono, effettivamente, allarmanti: il grano duro, indispensabile per la pasta Made in Italy, vede l’Italia con una produzione di 4 milioni di tonnellate di cui 3,5 milioni destinati all’export. I consumi interni richiedono 3 milioni di tonnellate coperti con 2,5 milioni di prodotto importato a prezzi bassi e tali da comportare seri problemi per le produzioni italiane concentrate in Puglia, Sicilia, Marche e Basilicata.

“I produttori sono senza garanzie – è l’allarme lanciato da Confagricoltura – con ricavi inferiori ai costi, importazioni massicce dall’estero, norme inefficaci che regolano il mercato mondiale, controlli sanitari pressoché inesistenti nei porti, limiti notevoli della capacità di stoccaggio, incognite delle nuove semine, contrapposizione con commercianti e industria molitoria e pastaia che ha caratterizzato gli ultimi mesi”.

Una boccata d’ossigeno è arrivata dalla nuova polizza ricavi per grano tenero e duro introdotta dal governo. Inoltre il recente accordo per garantire la produzione di pasta al 100% italiana venduta con marchio Voiello è salutato da Coldiretti come “un importante contributo per salvare il grano italiano con le semine 2017 che sono crollate del 7,3% per la scomparsa di centomila ettari coltivati”.

“La situazione per la coltura più diffusa in Italia è difficile – sottolinea la Coldiretti – sull’intero territorio nazionale con la riduzione delle semine che varia dal -11,6% nel Nord-Est al -5,4% nel Centro mentre nel Sud e Isole si registra un -7,4% che desta molta preoccupazione se si considera che la coltivazione è concentrata prevalentemente nel Meridione”. Sempre Coldiretti fa rilevare che “i prezzi pagati agli agricoltori che nella campagna 2016 sono praticamente dimezzati per effetto delle speculazioni e della concorrenza sleale del grano importato dall’estero e poi utilizzato per fare pasta venduta come italiana“. Da qui la necessità – conclude Coldiretti – di accelerare sul percorso di ratifica ed entrata in vigore dell’etichettatura di origine obbligatoria per il grano usato per produrre la pasta. Lo schema di decreto,  condiviso dai Ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, è stato inviato alla Commissione Europea a Bruxelles.

E ORA E’ IN PERICOLO ANCHE IL RISO

La Coldiretti parla apertamente di “invasione” di riso dal’Oriente nel 2016, con un incremento delle importazioni dal Vietnam del 498% e del +46% dalla Tailandia. Complessivamente lo scorso anno si è registrato un aumento record del 21% dell’import “che – afferma l’associazione dei coltivatori diretti – ha fatto scattare ben 12 allerte sanitarie da contaminazione per il riso e i prodotti a base di riso da Paesi extracomunitari in Europa secondo i dati del sistema di allarme rapido comunitario (RASFF)”. Nell’ultimo anno i prezzi sono passati da 380 a 250 euro a tonnellata per il riso “tondo” e da 400 a 280 euro per il “lungo A”. Ancora una dato: in Europa gli ettari coltivati a Indica (la qualità a grano lungo) sono calati dai 171mila cinque anni fa  a 92 mila quest’anno.

Nell’ ultima campagna di commercializzazione – precisa ancora la Coldiretti – è stato raggiunto il record di importazioni con l’ingresso in Europa di 1.380.000 tonnellate di riso lavorato, di cui 370.000 dai Paesi Meno Avanzati (P.M.A). Ormai i due terzi delle importazioni – precisa la Coldiretti – non pagano più dazi a causa dell’introduzione da parte dell’UE del sistema tariffario agevolato per i Paesi che operano in regime EBA (Tutto tranne le armi) a dazio 0“. Proprio questa misura è sotto accusa perché, secondo i coltivatori, “finisce per favorire le multinazionali del commercio senza ricadute concrete sugli agricoltori locali che subiscono peraltro lo sfruttamento del lavoro anche minorile e danni sulla salute e sull’ambiente provocati dall’impiego intensivo di prodotti chimici vietati in Europa”.

In ginocchio, così, non è solo la produzione italiana che vanta risi di alta qualità ma anche quella di Francia, Spagna e Grecia. Le associazioni dei produttori si sono riunite a Milano mercoledì capitanate dall’Ente risi e potrebbe essere l’inizio di una campagna di sensibilizzazione che faccia breccia nell’Unione Europea.

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