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Grecia: asta ok, ma Fitch prevede il default

Stamane il Tesoro di Atene ha collocato titoli di Stato a tre mesi per 1,625 miliardi di euro – Rendimenti in lieve calo al 4,64%, dal 4,68% dell’ultima asta – Bid to cover stabile al 2,9 – Intanto domani riprenderanno le trattative fra il Governo ellenico e i creditori privati, ma anche l’eventuale accordo potrebbe non bastare ad evitare il crack.

Grecia: asta ok, ma Fitch prevede il default

Rendimenti in lieve calo e domanda buona: l’ultima asta di obbligazioni greche è andata abbastanza bene. Stamane il Tesoro di Atene ha collocato titoli di Stato a tre mesi per 1,625 miliardi di euro. Lo comunica l’agenzia del debito Pdma, specificando che il rendimento è stato pari al 4,64%, dal 4,68% dell’ultima asta. Il bid-to-cover si è mantenuto a 2,9.

Questo genere di collocamento a brevissimo termine è l’unico strumento oggi a disposizione della Grecia per rifinanziare il suo debito. Il Paese è infatti stato tagliato fuori dal mercato dei bond nel 2010.

Nonostante la situazione sia ancora in bilico, oggi le casse di Atene hanno subito una bocciatura senza appello. Secondo il responsabile dei rating sovrani europei dell’agenzia di rating Fitch – Edward Parker, intervistato da Bloomberg -, a breve la Grecia sarà destinata a dichiarare default.

Il pessimismo dilaga da quando la settimana scorsa sono stati interrotti i negoziati fra il Governo di Atene e l’Institute of International Finance, in cui sono riunite le banche che detengono obbligazioni elleniche. Domani le due parti siederanno nuovamente intorno al tavolo delle trattative.

Rimangono appena 46 giorni per evitare il crack: il 20 marzo scade un bond da 14,4 miliardi di euro che la Grecia potrebbe non essere in grado di ripagare. Ma anche se andasse in porto l’intesa per imporre perdite ai creditori privati, questo stesso accordo equivarrebbe a una dichiarazione d’insolvenza e verrebbe considerato alla stregua di un default tecnico dalle agenzie di rating.

A quel punto, secondo la maggior parte degli analisti, la speculazione dei mercati punterebbe dritto verso Spagna e Italia, rischiando di spingere il costo del loro rifinanziamento oltre ogni soglia sostenibile.

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