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Gli italiani e il risparmio: indagine Acri-Ipsos

Nella tradizionale Indagine Acr-Ipsos in occasione della Giornata del Risparmio emerge la sensazione diffusa che la crisi sia ancora lunga da superare ma le famiglie che risparmiano aumentano anche se resta la predilizione per la liquidità

Gli italiani e il risparmio: indagine Acri-Ipsos

Gli italiani sembrano attraversare un periodo confuso. Vivono la contraddizione di un Paese che non è ancora del tutto uscito dalla crisi precedente e vede all’orizzonte nubi non rassicuranti, sia sul piano economico, sia su quello della sostenibilità del modello di sviluppo. Questa sensazione è bilanciata dalla constatazione che – a livello individuale – negli ultimi 4-5 anni le cose siano migliorate, per cui si riesce a vivere il quotidiano con maggiore tranquillità.

E’ quanto emerge dalla 19a edizione dell’indagine sugli italiani e il risparmio, realizzata da Acri con Ipsos, in occasione della 95ª Giornata Mondiale del Risparmio che si tiene il 31 ottobre a Roma, il 59% dei cittadini pensa che il mondo stia fronteggiando un’emergenza al contempo ambientale e sociale, un altro 20% sottolinea la propria preoccupazione nello specifico rispetto all’ambiente, il 12% si sofferma invece sulle disuguaglianze. Solo per l’8% dei nostri concittadini gli eventi sono nella normalità e non ci sarebbe da preoccuparsi più di tanto.

Questo dato di contesto si accompagna alla sensazione che la crisi sia ancora lunga da superare (ci vorranno in media quasi 5 anni) ed è in serio aumento il pessimismo sull’Italia (39% sono pessimisti circa i prossimi 3 anni, mentre il 24% sono ottimisti); nel contempo si riduce la fiducia riposta nell’economia europea e mondiale (rispetto a quella europea il 28% di ottimisti è bilanciato dal 29% di pessimisti, rispetto a quella mondiale ottimisti e pessimisti sono entrambi al 25%, ma un anno fa gli ottimisti sopravanzavano i pessimisti di 7 punti percentuali). Questo aumento del pessimismo, sia pur con forme diverse, è diffuso in tutti i Paesi occidentali, come riportato dallo studio Global@dvisor di Ipsos.

Nel momento in cui gli italiani riflettono sulla propria situazione personale ed il proprio individuale futuro le cose cambiano. Il 59% è soddisfatto della propria situazione economica, dato in crescita di 4 punti rispetto al 2018 e di 17 rispetto al 2013, il miglior dato dopo quello del 2001 (65%). E ancora un 24% ritiene che la propria situazione migliorerà nel corso del 2020, mentre solo il 14% è pessimista. Questi dati positivi non devono far dimenticare che quasi 1 famiglia su 5 è colpita dalla crisi in almeno uno dei componenti il nucleo familiare (18%), dato comunque in riduzione (nel 2018 era il 24%).

L’Europa e l’euro

Rispetto all’Europa, i cittadini hanno reazioni ambivalenti: l’oggi delude molto, ma appena si sposta lo sguardo sul futuro si ritrova l’antico europeismo: per la grande maggioranza sarebbe un grave errore uscire da UE (73%) e l’Euro nel futuro sarà sempre più un vantaggio (60%).

L’Unione Europea continua a dividere gli italiani: il 49% ne ha fiducia, mentre il 51% ne ha poca. Se questa bassa fiducia aleggia ormai da anni – come riportano anche i dati di Eurobarometro di giugno 2019 (il 55% non si fida dell’UE) – è anche vero che per il 65% dei nostri concittadini l’Europa andrà nella giusta direzione: questo dato è in forte crescita rispetto al 2018 (+14 punti percentuali), e si contrappone al contenuto 24% che ritiene che l’Europa stia andando nella direzione sbagliata. Del resto, anche nei confronti dell’euro le negatività si stanno attenuando, il 37% oggi è a favore, dato in crescita da 5 anni; soprattutto i giovani ritengono che in prospettiva sia imprescindibile per il Paese (65% vs il 60% a totale Italia, in crescita di 4 punti dallo scorso anno, e di 13 punti dal 2013).

Risparmio e Consumi: ultimi 12 mesi e attese per i prossimi 12

Il risparmio continua ad essere desiderato, e lo si vive sempre più con tranquillità, senza troppe rinunce (55%, + 7 punti percentuali rispetto al 2018); ciò è segno di un ritorno alla ‘normalità’ economica delle famiglie che – sia pur con lentezza – continua a farsi strada, e come evidenzia anche la maggiore rilassatezza nei consumi.

Da un lato aumentano le famiglie che riescono a risparmiare (42%), anche tra coloro che sperimentano qualche difficoltà, dall’altra si riducono le famiglie in saldo negativo (16%, -6 punti percentuali rispetto al 2018), ossia coloro che devono ricorrere a prestiti o al risparmio accumulato. E del resto questo è testimoniato anche dalla maggiore capacità di far fronte alle spese impreviste, il 79% non avrebbe difficoltà per una spesa di 1.000€ (era il 78%), il 39% per una spesa imprevista di 10.000€ (era il 36% un anno fa).

I consumi continuano il progressivo recupero, trainati da telefonia (+16) ed elettronica (+8), dalle spese per auto e spostamenti (+6), e dai prodotti alimentari e per la casa (+6%), oltre al continuo aumento del ricorso ai farmaci (+34). In aumento quindi sono soprattutto i semi-durevoli, il saldo delle famiglie che variano in positivo: questi passa da -3 a +10 %, e si attenua il saldo negativo per la cura di sé, da -14 a -6 ed il fuori casa, da -30 a -21.

La relazione tra risparmio e investimento

Non perde vigore la predilezione degli italiani per la liquidità (63%), sia per indole, sia per trovarsi più preparati in un contesto incerto. Nel valutare le proprie scelte di risparmio e investimento emerge il desiderio di impatto sociale positivo: il cittadino può e deve fare la sua parte.

Le preoccupazioni future, come motivazione del risparmio, salgono dal 37% al 48%; rimane stabile al secondo posto, 26%, la volontà di risparmiare per un progetto futuro. Il risparmio viene, quindi, tesaurizzato ancora in gran parte in liquidità, vuoi per una ridotta facilità di trovare un investimento ideale, vuoi per la diffidenza verso norme ed istituzioni che lo tutelano (60% ritiene non sia adeguatamente tutelato). Infatti, in una situazione in cui il risparmio gioca un crescente ruolo di auto-assicurazione, questa ridotta fiducia non può che confermare la predilezione per la liquidità.

Si fatica in questi anni a trovare l’investimento ideale, a tal punto che per il 35% l’ideale è proprio non investire, tenersi i soldi o spenderli, dato in crescita di 5 punti rispetto al 2018 e che raggiunge il massimo della serie (nel 2001 erano il 21%). Scende di 6 punti l’attrazione verso titoli considerati più sicuri, oggi ideali per il 25%, rimangono stabili il ‘mattone’ al 33% e gli investimenti più rischiosi al 7%. Nei fatti, rispetto allo scorso anno, aumentano i correntisti (85%, +4 punti percentuali rispetto al 2018) e coloro che approcciano il risparmio gestito (16%, +4 punti).

Si affaccia con prepotenza la volontà di investire in attività con un impatto positivo su ambiente e società, anche mettendo il rendimento in secondo piano, sia pur preservando come criterio principale l’attenzione al rischio. Questo interesse offre quindi, per chi saprà coglierla, una nuova prospettiva per ridurre la preferenza per la liquidità e per incrementare l’investimento in attività di impatto sociale ed ambientale.

Risparmio e sostenibilità

Cresce in modo assai veloce la consapevolezza degli italiani rispetto ai temi della sostenibilità e, di conseguenza, la loro preoccupazione, che determina una volontà di agire in prima persona, sia come consumatore, sia come risparmiatore.

Nel 2016 aveva una buona idea di cosa fosse la sostenibilità solo il 12% degli italiani, percentuale che è salita nel 2018 al 20% e che, nel giro di solo un anno, ha raggiunto il 36%. Oggi le aziende dovrebbero essere soprattutto sostenibili, per 3 italiani su 4 (74%), tenuto anche conto che il cittadino presta sempre più attenzione a questo aspetto (52%).

Ci troviamo però di fronte ad una conoscenza ancora abbastanza superficiale: solo il 41% ha sentito nominare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG’s) e, alla prova dei fatti, solo il 16% è in grado di citare almeno uno dei 17 obiettivi, tra i quali spicca l’emergenza climatica. Chi li conosce bene ritiene che il loro perseguimento sia la strada maestra per salvare il Pianeta, anche se si teme che a livello globale non siano perseguiti con convinzione, ed il Italia lo siano ancora meno.

Esiste anche una certa consapevolezza che il risparmiatore, attraverso le proprie scelte, possa condizionare il comportamento delle aziende (53%), e tale consapevolezza è molto legata al livello di informazione circa la sostenibilità: di conseguenza, più di un terzo degli individui inizia a porre sempre più attenzione al comportamento sostenibile delle aziende in cui investe.

Per una buona metà dei risparmiatori, l’investimento in aziende sostenibili non deve essere penalizzante: per essi la sostenibilità si palesa come un prerequisito per gli investitori interessati, e non un elemento di trade-off con altri aspetti. È vero che altri risparmiatori sono più disponibili al sacrificio: il 22% potrebbe accettare rendimenti più bassi (percentuale che sale al 39% per i più propensi all’investimento sostenibile), il 10% rischi più alti ed il 19% una ridotta liquidabilità dell’investimento stesso, ma è al contempo vero che l’investimento in aziende sostenibili rimane ancora cauto; non si investirebbe ad oggi più di un terzo dei propri risparmi.

Ciò può essere ricondotto ad una bassa conoscenza delle implicazioni legate all’adozione di un modello sostenibile da parte di un’azienda: se è evidente che vuole dire rispettare leggi, dipendenti e clienti, con molta più difficoltà si arriva a pensare che siano aziende più solide, capaci di marginalità nel breve periodo ed in grado di sviluppare marchi famosi.

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