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Gei: nessuna ripresa nel 2014, servono investimenti pubblici per ripartire

RAPPORTO DEL GRUPPO ECONOMISTI D’IMPRESA – L’anno prossimo non ci sarà alcuna ripresa sul fronte della domanda e le aziende italiane rivolte al mercato interno continueranno a soffrire – Il presidente Lanza: “Rilanciare gli investimenti infrastrutturali per ripartire” – “E’ necessario attualizzare i parametri del trattato di Maastricht”.

Gei: nessuna ripresa nel 2014, servono investimenti pubblici per ripartire

Chi esporta sopravvive, mentre chi lavora sul mercato interno continua a subire i danni peggiori. In ogni caso, il 2014 non sarà l’anno della ripresa per le aziende italiane, a meno che non s’intervenga – a livello Europeo e nazionale – per riattivare gli investimenti pubblici. E’ quanto sostiene il Gruppo Economisti d’Impresa (Gei) nel suo ultimo Osservatorio Congiunturale, che fornisce anche una stima a dir poco pessimista sull’andamento del Pil italiano nel 2013: secondo il rapporto, la recessione sarà del 2%, un dato peggiore rispetto a quelli forniti da Istat (-1,8%), Ocse (-1,9%) e Prometeia (-1,8%).  

“I consumi non si riprenderanno l’anno prossimo – spiega a FIRSTonline Alessandra Lanza, presidente del Gei –, quindi le produzioni che continueranno a soffrire di più saranno quelle legate al mercato interno: in primis l’edilizia, ma anche i settori ad essa collegati, come i mobili e gli elettrodomestici, oppure gli alimentari. Si trovano in una situazione migliore i settori che esportano di più, come la meccanica, o settori aciclici, come la farmaceutica”. 

In particolare, a preoccupare le imprese che partecipano all’Osservatorio è la debolezza degli investimenti infrastrutturali, più che dimezzati dal 1990 ad oggi. Una tendenza che ha penalizzato fortemente le aziende attive sul fronte delle opere pubbliche, ma non solo. Oltre al settore delle costruzioni, l’effetto combinato degli scarsi investimenti e della domanda debole ha danneggiato anche i comparti dell’energia e delle telecomunicazioni.

Come interrompere il circolo vizioso? Secondo Lanza, “in primo luogo sarebbe necessario estendere e rendere più accessibile la clausola sugli investimenti, mettendo fuori busta rispetto al calcolo del deficit tutte le operazioni d’investimento infrastrutturale, anche nell’informatica, che possano servire da volano per far ripartire l’economia. D’altra parte, servirebbe anche un cambiamento nella politica generale: non un rilassamento, ma un’attualizzazione. Da Maastricht a oggi sono passati oltre 20 anni, dobbiamo chiederci se quei criteri siano ancora validi e se ci possano accompagnare in un percorso di crescita”.

Eppure, non dipende tutto da Bruxelles. Lo dimostra l’andamento della ristrutturazione residenziale, l’unica componente dell’edilizia che – grazie a incentivi ed ecobonus – non ha registrato nel 2013 un pesante calo. Ma gli sgravi fiscali, da soli, non bastano. Per questo gli economisti d’impresa ribadiscono la necessità di far ripartire gli investimenti pubblici anche al livello degli Enti locali, che oggi hanno in cassa 5 miliardi di euro teoricamente disponibili, ma bloccati di fatto dal Patto di Stabilità.    

“L’argomento è delicato, perché naturalmente non vorremmo che i bilanci degli enti locali andassero fuori controllo, sarebbe un disastro – prosegue Lanza –. La situazione però va sbloccata: bisogna che si torni ad investire, ma con delle regole chiare e trasparenti. E’ accaduto spesso che venissero dati finanziamenti per investimenti poi mai realizzati: dovrebbe essere obbligatorio rendere conto della realizzazione effettiva delle opere. Più che una revisione del Patto di Stabilità nelle linee generali, servirebbe una modifica delle clausole. Quando un Ente locale riceve un finanziamento per realizzare un’opera, deve essere punito se non rispetta i tempi. Ad esempio, ritirando l’intero finanziamento”.

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