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Gas naturale, la corsa dei prezzi frena ma la tensione resta alta: misterioso il sabotaggio del gasdotto tra Finlandia ed Estonia

La paura è durata poche ore ma in una congiuntura ad alta volatilità non sarebbe saggio ignorare i segnali d’allarme che hanno provocato l’impennata dei prezzi di lunedì – E non si può dimenticare che il nostro principale fornitore, l’Algeria, si è schierato dalla parte di Hamas

Gas naturale, la corsa dei prezzi frena ma la tensione resta alta: misterioso il sabotaggio del gasdotto tra Finlandia ed Estonia

La paura stavolta è durata l’arco di una mattinata o poco più. Le quotazioni del gas naturale, balzate ieri ad Amsterdam ad un massimo di 49,31 euro al megawattora (+12%) sono scese stamane attorno ai 48,2 euro (-2,5%) rispetto ai massimi. 

Gas naturale, Descalzi: “Impatto marginale sulla produzione”

Una frenata che sta dando ragione agli addetti ai lavori. “La guerra è terribile – diceva ieri l’ad dell’Eni Claudio Descalzi – ma l’impatto sulla produzione di gas è marginale”. Certo, aggiungeva però il manager, “c’è il tema delle possibili conseguenze che preoccupano i mercati ed inducono alla prudenza. Ma bisogna capire quale sarà l’evoluzione”. 

I numeri per ora, giustificano la fiducia del numero uno dell’Eni:  

  • Le scorte di gas naturale hanno superato il 70% della capacità di stoccaggio sia in Italia che nel resto della Ue.
  • Non solo: “Confermiamo – ha aggiunto Descalzi – che nel 2024 arriveremo al 100% del rimpiazzo del gas russo” già dimezzato dallo scoppio della guerra in Ucraina. 

I segnali d’allarme sul gas

Ma in una congiuntura ad alta volatilità, ove le cattive sorprese sono sempre in agguato, non sarebbe saggio ignorare i segnali d’allarme che hanno provocato l’impennata, pit momentanea, dei prezzi di lunedì.

A spingere al rialzo le quotazioni ai massimi da fine agosto è stato innanzitutto lo stop prudenziale alla produzione del giacimento offshore Tamar, di proprietà di Chevron, che esporta gas verso l’Egitto e la Giordania. Ma l’allarme vero è scattato assai più a Nord, sullo scacchiere del Baltico, all’apparenza ben lontano dai venti di guerra di Gaza. 

Nella notte di domenica, infatti, è stato danneggiato il gasdotto che collega la Finlandia, fresca matricola della Nato, con l’Estonia. È molto probabile che la rottura del tubo che corre una sessantina di metri sotto la superficie marina sia legata ad un attentato, ha accusato il governo di Helsinki, immediatamente spalleggiato dalla Nato che ha aperto un’inchiesta. Non è un danno irreparabile, ma vale come ennesimo segnale delle tensioni sul fronte dell’energia nell’ambito di un confronto a 360 gradi che rappresenta ormai un solo, enorme campo di gioco.

In questa cornice non si può trascurare che l’Algeria, oggi il nostro fornitore strategico più importante, si è schierata senza esitazioni al fianco di Hamas. Potrà continuare ad essere un partner affidabile? Il ministro degli Esteri Antonio Tajani per capire la situazione si è messo subito in contatto con la nomenklatura del Paese nordafricano. Intanto assume un sapore politico particolare la missione della premier Giorgia Meloni in Mozambico e Congo, altri Paesi al centro degli approvvigionamenti italiani.

Problemi maggiori sul petrolio

Il quadro sembra sereno, insomma, la situazione potrebbe precipitare. I problemi peggiori, peraltro, possono arrivare dallo scacchiere del petrolio piuttosto che dal gas naturale. Non esistono, per ora, problemi di produzione per quest’ultima commodity, assistita anche dai forti investimenti nelle infrastrutture verso l’Atlantico.  

Altro discorso per il petrolio, in crisi di offerta dopo i tagli imposti dall’Opec+. Un nuovo embargo nei confronti dell’Iran potrebbe avere grosse conseguenze sul mercato. 

“Se il conflitto si allargasse all’Iran – commenta Davide Tabanelli di Nomisma energia -, ipotesi remota ma possibile, il prezzo del petrolio potrebbe anche salire fino a 150-200 dollari al barile e il prezzo della benzina potrebbe arrivare non più a 2 euro al litro ma addirittura a 2,5-3 euro”.

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