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Forum Just Fashion Transition 2023 a Venezia: “La fibra sostenibile non esiste”

Boosting Transition il titolo della seconda edizione Venice Sustainable Fashion Forum, in corso alla Fondazione Cini di Venezia dal 26 al 27 ottobre. Dalla responsabilità del produttore a quella del consumatore

Forum Just Fashion Transition 2023 a Venezia: “La fibra sostenibile non esiste”

In corso alla Fondazione Cini di Venezia il Forum Just Fashion Transition 2023 organizzato da Sistema Moda Italia-Smi, The European House Ambrosetti e Confindustria Veneto Est ha visto una presenza importante di ospiti e di relatori che hanno aperto così la prima sessione, presentando una importante ricerca che prende in analisi tutto il comparto moda e mette in luce aspetti legati al tema della sostenibilità.

Ieri, giovedì 26 ottobre ad introdurre il Summit è stato Leopoldo Destro, Presidente di Confindustria Veneto, seguito da Flavio Sciucati, Director of the Global Fashion Unit The European House – Ambrosetti, Sergio Tamburini, Presidente Sistema Moda Italia e seguire la presentazione della ricerca a cura di Carlo Cici, Partner e Head of Sustainability Pratices, The European House – Ambrosetti. A seguire altri interventi.

Obiettivo dello studio

Evidenziare le sfide e le opportunità insite nella transizione sostenibile della catena del
valore della moda, rivolgendo 8 raccomandazioni a istituzioni e attori chiave per promuovere
una transizione che non sia solo sostenibile ma anche giusta e capace di bilanciare interessi e
aspettative dei diversi stakeholder coinvolti.

I risultati dello studio

Molta attenzione alle normative e al ruolo politico delle istituzioni. Mentre la pressione normativa sulla
sostenibilità cresce a livello globale, l’Unione Europea e gli Stati Uniti propongono soluzioni divergenti per
raggiungere i propri obiettivi climatici, preparando il terreno per una nuova sfida competitiva. Tuttavia, l’intensa spinta normativa impressa dall’Europa provoca reazioni contrastanti tra gli Stati Membri, che ancora dissentono circa sul 30% delle azioni previste dalla Strategy for Sustainable and Circular Textiles.

A marzo 2022, la Commissione Europea ha svelato la “EU Textile Strategy”, una massiccia iniziativa mirata a stabilire un quadro di riferimento e una visione comuni per la transizione del settore tessile, che ha incontrato diversi ostacoli durante la sua gestazione. Su 14 principali azioni legislative presentate, sembra che solo il 51% abbia riscosso consenso, mentre un altro 28% registra un dissenso con ritardi in 3/4 dei casi – o connessi alle difficoltà in incontrate durante i triloghi o all’influenza esercitata da gruppi di pressione.

La nuova proposta di Regolamento sull’Ecodesign rappresenta la pietra angolare della strategia UE2 in quanto stabilisce un quadro di riferimento in materia di requisiti di progettazione per specifiche categorie di prodotto, con lo scopo di migliorarne significativamente circolarità, efficienza energetica e impatto ambientale. Tuttavia, un’analisi d’impatto preliminare effettuata su specifiche categorie di prodotto non offre risultati incoraggianti: l’applicazione dei principi di ecodesign alle magliette 100% cotone comporterebbe solo un taglio di circa 3,51 milioni di tonnellate CO2eq pari solo allo 0,3% dell’impronta annuale di carbonio europea3.

La strategia EU include anche una nuova Direttiva per contrastare gli impatti negativi connessi alla spedizione dei rifiuti in Paesi terzi. Oggi, il fashion si distingue come il settore con il maggior volume di rifiuti esportati verso Paesi non-OCSE (93,5% del totale) 4 un quantitativo che, solo in Europa, è quintuplicato negli ultimi 20 anni, raggiungendo 1,7.

La proposta europea si propone quindi un duplice obiettivo

Razionalizzare il processo di spedizione rifiuti all’interno dell’Unione per scopi legati a riuso o riciclo e garantire che i rifiuti spediti fuori dai confini UE siano gestiti in modo sostenibile. Tuttavia, tale misura rischia di trascurare il problema della dissimulazione dei rifiuti come merci usate, in quanto rimanda la definizione di criteri per distinguere i tessuti usati dai rifiuti a futuri atti delegati integrativi.

Un dato che ha particolarmente colpito è insito nella frase la “fibra sostenibile” non esiste

Il profilo ambientale delle fibre varia significativamente a seconda dell’hotspot d’impatto ambientale considerato, siano esse vegetali, sintetiche o artificiali. Al netto delle caratteristiche peculiari di ciascun materiale, in Europa, l’impronta ambientale dei prodotti tessili sembra calata in media del 46,3% in 4 anni, a fronte di uno sviluppo tecnologico che nel settore è progredito del 23,3%. Circa il 70% delle fibre utilizzate per confezionare abiti e tessuti da arredamento sono sintetiche (es. poliestere e nylon). Mentre le fibre naturali sono comunemente percepite come più “rispettose dell’ambiente” in quanto rinnovabili e biodegradabili, i dati testimoniano che, in alcuni casi, possono esercitare impatti ambientali maggiori rispetto alle alternative sintetiche o artificiali. Il cotone ne è un esempio, dal momento che rappresenta una delle fibre in grado di esercitare gli impatti più significativi in termini di utilizzo di risorse quali terreno, acqua e minerali, ma anche di eutrofizzazione degli ecosistemi dovuta all’uso di prodotti chimici.

La consapevolezza dell’acquisto: il prodotto acquistato e reso online finisce in gran parte nelle discariche in Cina e Africa

La consapevolezza dei consumatori sull’importanza della sostenibilità sta crescendo, ma la scarsa disponibilità di prodotti e la carenza di informazioni rimangono le principali barriere allo shopping sostenibile. Anche al momento dell’acquisto, sembra che le persone non siano sempre pronte a fare ciò che dicono: il 60% dei consumatori dichiara di considerare la sostenibilità come un valore guida ma, ancora oggi, 1 prodotto acquistato online su 3 viene restituito, ed è spesso destinato a finire in discarica in un Paese africano.


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