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Fondi pensione o Tfr? Il 2022 può essere l’anno della svolta: ecco perchè

La battaglia tra fondi pensione e Tfr dura da decenni: quale è più conveniente. Il 2022, per effetto del crollo delle Borse nel primo semestre, potrebbe ribaltare i rapporti di forza sui mercati.

Fondi pensione o Tfr? Il 2022 può essere l’anno della svolta: ecco perchè

Fondi Pensione o Tfr? Un derby che dura da decenni e che da sempre ha visto prevalere i primi sui secondi. Almeno fino ad oggi. L’esplosione della Guerra in Ucraina, l’impennata dell’inflazione e il rialzo dei tassi stabilito dalla Banca Centrale Europea e il crollo delle Borse, che mediamente hanno perso il 15% nel primo semestre del 2022, sembrano aver infatti ribaltato il rapporto di forza esistente tra le due opzioni.

Fondi pensione e Tfr allo specchio

Vediamo le percentuali. Nei primi sei mesi del 2022, secondo la Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione), “i risultati delle forme complementari hanno risentito della caduta dei corsi dei titoli azionari e del rialzo dei tassi di interesse, che a sua volta determina il calo dei corsi dei titoli obbligazionari”. Nel dettaglio, i rendimenti dei fondi negoziali sono scesi dell’8,3%, quelli dei fondi aperti del 9,7%, mentre quelli dei Pip di ramo III del 10,3%. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato invece marginalmente positivo, pari a +0,5 per cento.

Se si amplia l’orizzonte temporale ai dieci anni da inizio 2012 a fine 2021, si scopre che Il rendimento medio annuo dei fondi chiusi è passato dal 4,1% del decennio che è terminato il 31 dicembre scorso al 3,1% dello stesso decennio più l’ultimo semestre (-24%). Per i fondi aperti il calo è stato dal 4,6 al 3,4% medio annuo, con un meno 26% di rendimento medio annuo.

Cosa è successo negli stessi periodi al Tfr? È passato dall’1,9% medio annuo al 2,2% per i dieci anni e mezzo appena trascorsi. “Tanto che adesso batte ben 7 categorie di fondi su 13, tutti quelli obbligazionari e soprattutto i “garantiti”, dove si addensa la maggiore parte dei “negoziali” (quelli dei lavoratori dipendenti), sceso all’1,6% medio annuo”, sottolinea Repubblica Affari & Finanza.

I limiti dei fondi pensione

Ma cosa c’è alla base di questo andamento? “Per la prima volta dopo 40 anni negli ultimi sei mesi i listini azionari sono scesi in media intorno al 15%. Allo stesso tempo anche i titoli obbligazionari hanno perso valore mentre i tassi d’interesse salivano e l’inflazione cominciava a galoppare. Tutto questo non poteva non avere un effetto sugli investimenti finanziari dei fondi pensione”, ha spiegato al quotidiano romano  Francesco Di Ciommo, prorettore della Luiss oltre che presidente di Previndai, uno dei fondi pensione preesistenti alla riforma. A questo bisogna aggiungere che negli ultimi tempi gli investitori internazionali hanno mosso non poche critiche ai nostri fondi pensione e soprattutto ai limiti imposti ai gestori che rendono il sistema più conservativo e alla burocrazia italiana che ostacola non poco i contratti.

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