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Fiscal compact, accelerazione e critiche

Il presidente della commissione Finanze del Senato, Baldassarri: “Errori come negli anni Venti” – Ma intanto si punta a giungere a un atto d’indirizzo in vista del Consiglio europeo di fine mese.

Fiscal compact, accelerazione e critiche

Il Parlamento deve accelerare sul Fiscal compact per giungere a un “atto d’indirizzo” in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giungo. E’ l’indicazione che emerge dalla commissione Esteri del Senato, che ha all’esame la ratifica del trattato sottoscritto a marzo e che entrerà in vigore il prossimo gennaio.

Ma sul fiscal compact giungono pesanti critiche dal presidente della commissione Finanze di Palazzo Madama, Mario Baldassarri: “L’Unione europea sta sostanzialmente incorrendo negli stessi errori di politica economica commessi dagli Stati Uniti negli anni Venti del secolo scorso”, è la premessa. 

“Il cosiddetto fiscal compact impone vincoli sul percorso di riduzione del debito pubblico, proponendo una visione che sembra ignorare completamente il ruolo della crescita o della stabilità del Pil come strumento necessario per raggiungere i previsti obiettivi di equilibrio finanziario”, ha sostenuto Baldassarri nella riunione della commissione chiamata ad esprime un parere sul provvedimento.

“Prevedere un rapporto percentuale tra debito e Pil rischia di tradursi soltanto in una mera petizione di principio, se si continua a ignorare che le potenzialità di crescita di ogni Paese sono una precondizione per la sua stabilità finanziaria. Di conseguenza in un Paese economicamente depresso si verificherà sempre un’inutile rincorsa al pareggio di bilancio, laddove non si riesca a invertire la tendenza del sistema economico”.

Due sono gli esempi: la Grecia e l’Italia: “L’Unione europea sembra aver imboccato decisamente la strada sbagliata quando sono stati decisi prestiti alla Grecia con un tasso d’interesse che ne rende estremamente improbabile la restituzione, se non imponendo un tasso di crescita annuo assolutamente irrealistico”. Quanto al nostro Paese, “il caso dell’Italia è emblematico, giacché sarebbe necessario ridurre il deficit del 3% l’anno per vent’anni, al fine di riportare al 60% il rapporto debito/Pil. Ciò comporterebbe la necessità di varare manovre finanziarie da 45 miliardi l’anno per vent’anni, con evidenti effetti recessivi sull’economia e rinviando, in modo sostanzialmente indefinito, il raggiungimento del desiderato equilibrio di bilancio”.

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