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Fake news e radical chic ai tempi di Giacomo Matteotti

Le fake news c’erano anche agli inizi del Novecento e finirono per accompagnare l’avvento del Fascismo – Le notizie qui riportate sono tratte dal libro di Giampaolo Romanato “Un italiano diverso. Giacomo Matteotti” edito da Longanesi nel 2011

«Non so a voi, ma a me questo Matteotti sta cordialmente sul ca**o. Si riempie la bocca di giustizia sociale e vive nel lusso più sfrenato. Auto, vacanze in montagna, grandi alberghi, viaggi in Europa. Tutte cose che gli operai e i braccianti a lui tanto cari non vedono neanche col binocolo». Così avrebbe potuto scrivere nel 1915, sulla sua pagina Facebook, un mugnaio del Polesine incarognito con la sinistra. E avrebbe raccolto un sacco di “like” sparando a zero sul bersaglio del suo odio.

«Pensate che qui la famiglia Matteotti possiede 156 ettari di terreno e una villa principesca a Fratta. Quando Giacomo deve andare a Bologna, scende al Baglioni, a Roma alloggia al Flora, un hotel a quattro stelle di via Veneto. Insomma, il prototipo del radical chic. Hanno ragione quelli del settimanale cattolico “Il Popolo”, che gli danno del “socialista milionario” e del “rivoluzionario impellicciato”. Molti prevedono che farà carriera in politica, presto entrerà a far parte della casta, e così alle già cospicue ricchezze ereditate potrà sommare la sontuosa indennità da parlamentare.

È lecito domandarsi come concili tutto questo con le idee che va predicando. Se i braccianti gli stanno così a cuore, perché non se ne prende qualcuno in casa sua? Invece di far pagare più tasse a noi per mantenerli, perché non gli cede un po’ dei suoi terreni? Perché non si occupa piuttosto dei piccoli commercianti sul lastrico o degli impiegati padri di famiglia che non arrivano alla fine del mese, tutta gente dimenticata dall’élite al potere?

Ma c’è qualcuno peggio di Giacomo, ed è (anzi era, perché è morto anni fa) suo padre Girolamo. Un uomo d’affari spregiudicato, un latifondista. Qualcuno insinua che prestasse denaro ai contadini della zona, intascandosi gli interessi. Sentite cosa ho letto mesi fa su un giornale: “Chi ha vissuto in mezzo al popolo deve conoscere molto bene gli strozzini: nel Polesine, in Lombardia, nel Friuli li ho sempre trovati uguali: avidi e disumani. Li ho conosciuti io, deve averli conosciuti anche il dottor Matteotti, che da più anni vive in mezzo al proletariato polesano”. Una frecciata micidiale. E più di recente, lo stesso giornale ha scritto: “Il socialismo polesano contra tra le proprie file un ricco milionario… Che mentre dà agli altri i migliori consigli affitta ad alto prezzo le proprie terre”. “Il milionario Matteotti gode splendidamente la vita coi bigliettoni da mille accumulati da papà”. Ma il titolo più pesante è uscito l’altro giorno: “Matteotti presta al 2%”, dove con un trucco grafico 2 diventa 20, cioè un tasso da usura, e il nome del figlio e quello del padre finiscono per confondersi. Non abbiamo prove e forse sono solo calunnie, quel che è certo è che Girolamo, pace all’anima sua, aveva fatto i soldi in maniera poco chiara.

Vuoi mettere, invece, Alessandro Mussolini, il papà di Benito, l’onesto fabbro di Predappio? Lui sì che si guadagnava da vivere col sudore della fronte. Uno del popolo, uno di noi».

NOTA: Le notizie riportate sono tratte dal libro di Gianpaolo Romanato, Un italiano diverso. Giacomo Matteotti, (Longanesi, 2011)

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