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Facebook, il futuro oltre i social media e la scommessa del Metaverso

Il colosso di Mark Zuckerberg è una realtà bifronte: da un lato una gigantesca macchina pubblicitaria e dall’altro un social network che fa un uso a dir poco disinvolto e spregiudicato dei dati che raccoglie e che ha spesso un atteggiamento lassista verso le fake news – The Economist vede il suo futuro così

Facebook, il futuro oltre i social media e la scommessa del Metaverso

Le due facce di Facebook

Facebook ha sempre avuto due facce. Una è la faccina triste di un’azienda che molte persone, in particolare i politici, professano di odiare.

Il presidente Joe Biden ha recentemente accusato il gigante dei social media di “uccidere le persone” diffondendo disinformazione sui vaccini contro il covid-19. (In seguito il Presidente ha fatto un po’ marcia indietro dopo che Facebook ha dichiarato di avere fatto molto per fermare la diffusione di tali contenuti e per promuovere consigli utili sui vaccini).

L’altra è la faccina felice di un’azienda di cui utenti, inserzionisti e investitori non possono fare a meno. La faccina è ancor più sorridente dal 28 luglio scorso, quando Facebook ha presentato i risultati del secondo trimestre.

I ricavi sono aumentati del 56%, nell’arco di un anno, toccando 29 miliardi di dollari – nonostante che Apple in aprile abbia aggiornato il sistema operativo dell’iPhone per permettere agli utenti di negare il tracciamenti ad applicazioni come Facebook.

Sopra i mille miliardi

Il risultato del secondo trimestre la mette sulla buona strada per superare i 100 miliardi di dollari di vendite nel 2021. L’utile netto trimestrale ha raggiunto i 10,4 miliardi, il doppio dell’anno prima.

Nonostante una fluttuazione del titolo al termine delle contrattazioni dopo la comunicazione di un rallentamento della crescita delle vendite nei prossimi trimestri, Facebook sembra esser diventato un membro permanente nell’esclusivo club di aziende con una capitalizzazione di mercato superiore al “trilione” di dollari.

Come può un’azienda con una tale reputazione avere così tanto successo? Anche la risposta a questo quesito ha due facce. Con 2,9 miliardi di utenti giornalieri, le principali proposte di Facebook – il social network di punta (conosciuto internamente come Blue), la condivisione di foto su Instagram e la messaggistica su WhatsApp e Messenger – sono una sorta di lente di ingrandimento digitale della natura umana.

Questa lente ingrandisce il bene (per esempio, l’aiuto dei vicini nel bel mezzo alla pandemia) così come il male (le teorie cospirative o le “cure” dei ciarlatani). Serve anche come un importante filtro per i pubblicitari allo scopo di mettere a fuoco le preferenze dei consumatori del mondo.

E la bifrontalità diventerà probabilmente più marcata se Facebook riuscirà nel suo più grande progetto: creare un “metaverso” che combini un mondo digitale 3D con quello fisico che è già 3D.

Una gigantesca macchina pubblicitaria

Essenzialmente Facebook è una gigantesca macchina pubblicitaria. Le inserzioni generano il 98% delle entrate. Blue è la piattaforma pubblicitaria dominante a livello internazionale, nel 2020 ha rastrellato 55 miliardi di dollari, secondo le stime di KeyBanc Capital Markets, una società di investimento (Facebook non suddivide i risultati per servizio).

Instagram, che Facebook ha acquistato nel 2012 per 1 miliardo di dollari, ora totalizza altri 20 miliardi o più. La sua quota di ricavi pubblicitari complessivi è salita a quasi il 30%, da poco più del 10% nel 2017.

Secondo Debra Aho Williamson di eMarketer, un data provider, la capacità di Facebook di indirizzare le inserzioni è “incredibilmente precisa”. Gli inserzionisti apprezzano molto questa precisione: Facebook guadagna 8 dollari a trimestre per ognuno dei suoi utenti, quasi il doppio di Twitter.

Pure i cinesi comprano pubblicità da Blue

L’azienda traccia gli utenti non solo dei suoi servizi, ma anche di quasi tutte le attività online. Questo le permette di determinare quali prodotti offrire a un determinato utente, identificarne altri con interessi simili e verificare se l’annuncio genera o meno un acquisto.

Anche prima della pandemia, ciò costituiva qualcosa di impossibile da replicare per le piccole imprese – che costituiscono la maggior parte dei 10 milioni di inserzionisti di Facebook – con risorse limitate per eseguire sofisticate operazioni di marketing, ma anche per i grandi marchi globali.

Anche le imprese cinesi spendono miliardi di dollari su Facebook, dice Brian Wieser di GroupM, che colloca pubblicità per conto dei grandi brand.

Le applicazioni di Facebook sono proibite in Cina, ma i commercianti cinesi possono pubblicizzare la loro merce ai consumatori occidentali grazie ad aziende come Wish, un marketplace online americano che aiuta a gestire annunci, pagamenti e spedizioni.

Il turbo del Covid

Covid-19 ha messo il turbo alla macchina di Facebook. Gli adulti americani in quarantena hanno trascorso in media quasi 35 minuti al giorno su Blue nel 2020, secondo eMarketer, due minuti in più rispetto all’anno prima.

Questo equivale a più di 10.000 anni di attenzione collettiva. Mentre alcune aziende sono fallite o hanno tagliato le spese pubblicitarie durante la recessione dell’anno scorso, altre sono nate: 6,6 milioni solo in America dall’inizio della pandemia.

Molte mirano a ricevere più attenzione. Oggi è impensabile gestire un’attività di consumo online senza annunci mirati, esattamente come una volta sarebbe stato impossibile gestire un’attività commerciale senza una vetrina visibile al pubblico, dice Mark Shmulik di Bernstein, un broker.

La fetta più grande del budget pubblicitario di queste aziende sarà spesa su Facebook e sull’altro gigante dell’ad-tech, Google, dice. Le persone delle pubblicità lo chiamano “il nuovo affitto”.

Facebook ha aggiunto più di 2 milioni di “affittuari” negli ultimi 15 mesi. Ne aggiungerà altri man mano che le economie si riapriranno e la pubblicità digitale, che ora costituisce il 60% della spesa pubblicitaria complessiva in America, continueranno ad sottrarre risorse ai vecchi media.

L’opt-out degli utenti dell’iPhone

Nel trimestre in corso; Facebook ha comunicato di aver osservato un “impatto significativo” dell’opt-out degli utenti Apple sul tracciamento.

Flurry, una società di dati, stima che quattro utenti di iPhone su cinque hanno optato per il non tracciamento. Anche se questo rende il targeting di Facebook un po’ meno efficace, sarà comunque una penalizzazione che colpirà anche i concorrenti, prevede Mark Mahaney di Evercore ISI, una banca di investimento.

E anche se il 23 luglio l’antitrust degli USA ha ottenuto altre tre settimane per ripresentare la causa antitrust contro Facebook, respinta il mese scorso per mancanza di prove, non sarà facile dimostrare che Facebook è un monopolista del social-networking stando all’attuale legge sulla concorrenza.

A causa di tutte le millanterie anti-tecnologiche a Washington, è difficile che la legge cambi finché il Congresso rimane così polarizzato.

La minaccia più grande

La minaccia più grande per le prospettive di Facebook, quella che preoccupa maggiormente Mark Zuckerberg, suo co-fondatore e capo, è che il popolo della rete si stanchi delle sue applicazioni e si sposti altrove, trascinando con loro gli inserzionisti. Negli ultimi due anni è emersa una nuova generazione di social media che pone proprio questa minaccia.

Anche se la quota di Facebook nella pubblicità digitale americana ha continuato a crescere, la sua quota della pubblicità globale sui social media è in calo dal 2016.

I competitori sono molti e diversificati: vanno da servizi specializzati come Clubhouse e Discord, due proposte di audio-chat, a Snapchat e TikTok, che mirano più direttamente all’utenza di Blue e soprattutto Instagram.

I fan di TikTok in America trascorrono più di 21 ore al mese sulla video app, rispetto a meno di 18 ore che gli utenti trascorrono su Blue, secondo le rilevazioni di App Annie, una società di ricerche di mercato.

In passato Facebook avrebbe potuto comprare rivali più piccoli, come ha fatto con Instagram. Con l’antitrust che vigila, sta invece indirizzandosi verso delle grandi scommesse.

Scommessa #1: la creator economy

La prima è sulla “creator economy”, dove le persone fanno soldi con opere digitali. Si tratta di un’estensione del suo business pubblicitario, che però è rimasto indietro.

TikTok e YouTube, in particolare, sono stati i più bravi nell’attrarre gli artisti che tengono gli utenti incollati alle loro proposte. Ad aprile Facebook ha detto che stava sviluppando nuove funzionalità audio, tra le quali delle chat room simili a Clubhouse dove i partecipanti possono dare suggerimenti agli artisti.

A giugno ha lanciato Bulletin, un servizio di hosting di newsletter simile a Substack, che ha reso popolare questo genere di pubblicazione.

Questo mese Zuckerberg ha promesso ai creatori una poggia di soldi su Blue e Instagram con la disponibilità di un miliardo di dollari entro la fine del prossimo anno.

Scommessa #2: il commercio elettronico

La seconda scommessa di Facebook va oltre la pubblicità finalizzata al commercio elettronico. Mira all’e-commerce vero e proprio. FB ospita già 1,2 milioni di negozi online su Blue e Instagram.

Questo colloca FB quasi sullo stesso livello di Shopify, un rivale di Amazon in rapida crescita, che ha 1,7 milioni di esercizi commerciali.

Un mese fa Facebook ha introdotto un nuovo modo per permettere agli acquirenti di abbigliamento di provare virtualmente i capi.

Ha anche intenzione di collegare l’offerta “Shops” con “Marketplace”, il suo attuale servizio di scambio peer-to-peer, e WhatsApp, che vuole trasformare in un veicolo per il “commercio conversazionale” basato sulla chat, l’ultimissima novità nello shopping online. Più tardi quest’anno vuole introdurre gradualmente Diem, la sua controversa criptovaluta, che rafforzerebbe la sua infrastruttura di pagamenti.

Facebook ha per il momento rinunciato alle commissioni sulle vendite, ma queste potrebbero valere qualche miliardo di dollari di fatturato già dal prossimo anno. Oltre a portare entrate non pubblicitarie, un business di e-commerce aiuterebbe anche l’azienda con il suo problema sul tracciamento.

Se gli acquirenti passano più tempo e lasciano più dati su una piattaforma di e-commerce, l’impossibilità di seguirli altrove sul web diventa meno importante. Shmulik si aspetta che l’e-commerce si frammenti in tali mercati recintati, ognuno dei quali combina shopping e pubblicità, ed è gestito da un gigante tecnologico.

La scommessa più grande: il metaverso

La più grande scommessa di Zuckerberg riguarda però il metaverso. Quando nel 2014 ha speso 2 miliardi di dollari per comprare Oculus, un produttore di apparecchiature per la realtà virtuale (VR), molti hanno pensato che si stesse comprando un giocattolo.

Ma negli ultimi anni Facebook ha fatto altre acquisizioni nel campo della prestazione di servizi di VR. Recentemente ha acquistato BigBox VR, che ha sviluppato “Population: One”, un gioco “sparatutto” simile a “Fortnite”.

Questo dà a Facebook il controllo di una piattaforma hardware di VR e di “realtà aumentata” (AR), che porge agli utenti informazioni digitali scandagliando il mondo reale attraverso occhiali intelligenti e simili dispositvi.

Come per l’e-commerce, parte della logica di Facebook potrebbe essere quella di ridurre la sua dipendenza dai capricci dei produttori di hardware come Apple. Il potenziale vantaggio è grande.

Le vendite di cuffie Oculus hanno contribuito per circa 1 miliardo di dollari alle entrate di Facebook l’anno scorso. Se la tecnologia continua a migliorare, VR e AR sono l’ovvia prossima fase del business dei giochi, che è maturato in un’industria con un fatturato globale di 180 miliardi di dollari.

Meta-morfosi

Le ambizioni di Zuckerberg, però, non si fermano qui. Adesso c’è il metaverso, che già dispone di una propria divisione all’interno dell’azienda. Per il momento è semplicemente un luogo per godersi i giochi o altri tipi di intrattenimenti immersivi.

Zuckerberg, invece, lo immagina come uno spazio virtuale dove le persone vivono e lavorano, un sogno che i geek hanno coltivato fin dal 1992, quando il termine “metaverso” fu coniato da Neal Stephenson, un autore di fantascienza.

Tra cinque anni, ha detto Zuckerberg, Facebook non sarà più principalmente un’azienda di social media ma un’azienda di metaverso.

Questo renderebbe Facebook nuovamente cool. Rafforzerebbe le iniziative di coloro che sono preoccupati per il potere dell’azienda. Se gli utenti iniziano a passare 35 ore alla settimana immersi nel mondo virtuale del metaverso, piuttosto che 35 minuti al giorno su Facebook, questo potrebbe portare a una regolamentazione davvero incisiva. Per ora, il metaverso sta foraggiando quello che Zuckerberg teme di più: la concorrenza.

Altri stanno valutando la nuova tecnologia, da società di videogiochi come Roblox e Epic Games, ad altri giganti della tecnologia. Si dice che Apple stia progettando i propri occhiali AR; Microsoft vende già occhiali AR. Se Facebook li batte nella supremazia del metaverso, avrà molto da sorridere. Altrimenti, invece di faccine leziose vedremo musi adirati.

Da “The Economist”, 31 luglio 2021

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