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Export: la farmaceutica vola (+51,3%) ma la meccanica agricola perde quota

L’Italia è l’unica tra i leader del settore delle macchine agricole a perdere in market share nell’ultimo quinquennio. Sempre più agguerrita la concorrenza asiatica, che sfrutta soprattutto la leva del prezzo.

Export: la farmaceutica vola (+51,3%) ma la meccanica agricola perde quota

A febbraio 2023 l’Istat stima una lieve crescita congiunturale per le esportazioni (+0,4%) dovuta soprattutto alle vendite di beni di consumo non durevoli verso i paesi extra-Ue (+1,7%), mentre le esportazioni verso l’area Ue sono in diminuzione (-0,8%). L’export è cresciuto su base annua del 10,8% in termini monetari, mentre è pressoché stazionario in volume (+0,1%). Questo trend è molto più sostenuto verso i mercati non comunitari (+17,2%) rispetto all’area Ue (+5,5%).
Tra i settori che contribuiscono maggiormente all’aumento tendenziale delle vendite all’estero si segnalano: articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+51,3%), macchinari e apparecchi n.c.a. (+12,7%), prodotti alimentari, bevande e tabacco (+12,4%), coke e prodotti petroliferi raffinati (+29,0%).
Dal punto di vista delle destinazioni si segnalano: Cina (con un aumento del +131,3%), Usa (+18,2%), Francia (+9,8%), Spagna (+12,9%) e Turchia (+26,2%). In calo le esportazioni verso Belgio (-3,0%) e Giappone (-7,5%).
Per quanto riguarda le importazioni, a febbraio 2023 si stima una flessione del -1,4%. Gli acquisti continuano a ridursi grazie all’ulteriore contrazione del comparto energia, condizionato dai ribassi del prezzo del gas naturale allo stato gassoso. Il deficit energetico (-5.811 mln) si è ridotto rispetto a un anno prima (-6.864 mln), mentre l’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici aumenta da 5.389 mln a 7.919 mln. La stima del saldo commerciale è dunque pari a +2.108 mln, tornando in positivo.

Export di trattori e macchine agricole cresce di 3,5 punti percentuali, Italia al quinto posto nel mondo

In questo scenario, la vendita di trattori e macchine agricole all’estero ha raggiunto lo scorso anno i 6,5 miliardi di euro crescendo di 3,5 punti percentuali rispetto al 2021, che diventano 24,5 se si considera il quinquennio 2017/2022 e 37,6 prendendo in considerazione il decennio 2012/2022.
Nel 2022 l’Italia ha esportato trattori per un valore complessivo di 1,8 mld piazzandosi al quinto posto tra i maggiori produttori mondiali dietro a Germania (6,6 mld), Usa (3,6), Francia (2,1) e Giappone (2,0). Una posizione che potrebbe essere migliorata dal momento che l’Italia è l’unica nazione tra i leader a perdere in quota di mercato sul totale globale nell’ultimo quinquennio (dall’8 al 6%).
Margine di crescita ancor più enfatizzato se si considera proprio l’incremento degli ultimi cinque anni. In questa speciale classifica il Bel Paese sprofonda al dodicesimo posto con un +33%. A dominare la scena sono i cosiddetti paesi emergenti della meccanizzazione: Corea del Sud (+159%), India (+146%) e Turchia (+95%). Il dato interessante è il boom della Corea che realizza prodotti tecnologicamente avanzati e destinati agli stessi mercati di riferimento dei costruttori Italiani.
Il 57% del valore delle esportazioni italiane di trattori rimane entro i confini europei (dati 2022), il 14% è diretto verso Russia e Balcani e il 13% verso Usa e Canada. Il resto del Pianeta è coperto con percentuali assai inferiori: il 4% in Centro e Sud America, il 5% in Africa, il 4% in Australia e Nuova Zelanda, il 2% nel Sud-Est asiatico, l’1% in Medio Oriente e lo 0,1% nei Paesi dell’Asia Centrale. Secondo lo studio Nomisma saranno proprio le economie emergenti a offrire i maggiori sbocchi nei prossimi anni in virtù dell’aumento delle aree coltivate a cereale (spinte dal deficit russo-ucraino), dall’aumento del Pil e dalle politiche di incentivazione al potenziamento della meccanizzazione in agricoltura.
Ecco allora che la meccanica agricola italiana dovrà fronteggiare i tradizionali competitor europei ma anche la concorrenza sempre più agguerrita dei Paesi asiatici, che sfruttano soprattutto la leva del prezzo. Il Made in Italy delle macchine agricole oggi non viene sufficientemente percepito come un valore aggiunto, a differenza di quanto accade invece per le tradizionali eccellenze italiane.

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